Le origini delle discriminazioni razziali sono molto lontane nel tempo, risalgano al mondo degli animali, anche di quelli meno evoluti. Se osserviamo la scala zoologica, dagli insetti fino ad arrivare al mondo dei mammiferi superiori e poi all’uomo, le discriminazioni razziali diventano sempre più evidenti. Di questi aspetti della vita sociale animale e umana non dobbiamo meravigliarci. Il diverso, soprattutto per il colore del pelo negli animali o della pelle nell’uomo, ha sempre sollevato delle perplessità e dei meccanismi comportamentali difensivi, come se il diverso rappresentasse una minaccia. È ovvio che così non è, il diverso può essere una risorsa per una comunità, non una minaccia, o almeno così dovrebbe essere. Allora perché, soprattutto noi uomini, abbiamo una percezione del diverso quasi sempre negativa: un individuo che deve essere isolato, ostracizzato e nel peggiore dei casi anche eliminato? Nella storia dell’uomo abbiamo molti esempi raccapriccianti di questa intolleranza verso il diverso: dal genocidio degli indios d’America da parte dei colonizzatori spagnoli che gli hanno strappato prima le terre e poi li hanno sterminati, alla discriminazione razziale da parte degli americani per gli afro-americani con massacri e delitti impuniti durante lo schiavismo e anche dopo. Come ultimo esempio, il più degradante e aberrante di tutti, è stato lo sterminio legalizzato degli ebrei da parte dei nazisti a partire dalla famosa Notte dei Cristalli tra il 9 e il 10 novembre del 1938. C’è da riflettere sulla parola “legalizzato”, perché è stato per una legge dello stato nazista tedesco che i diversi, i diversamente abili, i down, gli omosessuali, i comunisti e gli oppositori del regime, gli ebrei, dovevano essere fisicamente eliminati con qualsiasi mezzo e così è stato fatto con la complicità di tutti, anche degli altri Stati europei che di fronte a questi fatti girarono lo sguardo da un’altra parte sia durante e per diverso tempo anche dopo la seconda guerra mondiale.

Per saperne di più su queste incomprensibili atrocità, secondo il mio parere, non dobbiamo cercarne le spiegazioni studiando unicamente l’uomo e il suo comportamento, ma dobbiamo partire dal mondo degli animali, soprattutto di quelli a noi più prossimi, le scimmie antropomorfe, che durante la loro evoluzione possono aver commesso delle violenze ma mai quanto gli esseri umani.

Il razzismo nelle scimmie

Perché iniziare dalle scimmie e non dal resto del mondo animale? Perché partire da questi animali selvatici, nel senso che non si sono mai lasciati addomesticare dall’uomo, e non, per esempio, dai pinguini o dai ratti nei quali le discriminazioni sociali sono frequenti? Questi fenomeni si manifestano anche in alcuni rettili, in alcuni pesci ossei marini, in molti uccelli e mammiferi marini, addirittura in alcuni echinodermi (ricci di mare) e in alcune specie di farfalle alpine; il punto è che le scimmie rappresentano i modelli più prossimi all’uomo. Non ne esistono altri così adeguati ai nostri schemi sociali e relazionali tra gli individui. Quindi che cos’è che fa scattare la discriminazione razziale nelle scimmie? Per farlo devono possedere una notevole capacità cognitiva che possa guidare le loro azioni. Devono pur sapere quello che stanno facendo e anche il perché. Non lo possono fare solo per istinto, come qualcuno potrebbe pensare. In sostanza devono essere coscienti di quello che stanno facendo. Devono possedere delle credenze, dei desideri, con lo scopo di ottenere un effetto particolare causato da un loro comportamento, appunto quello discriminatorio: ciò che in psicologia si chiama “organizzazione funzionale”. In sostanza devono essere animali intenzionali, anche se per la nostra morale tutto questo è inaccettabile.

Malformazioni genetiche e albinismo

Esistono soprattutto due fenomeni che fanno scattare in una società di individui che si considerano normali, un procedimento di discriminazione razziale. In primis abbiamo le malformazioni congenite soprattutto nelle parti più visibili, cioè nel viso e negli arti, poi abbiamo quelle relative al colore della pelle per gli uomini e del pelo per i mammiferi e l’albinismo ne è la manifestazione più evidente. L’albinismo nelle scimmie non è un fenomeno frequente, ma a volte capita che un neonato nasca con il colore del pelo completamente bianco, con occhi, unghie e pelle rosa. Gli albini ereditano i geni recessivi per la colorazione della pelle o del pelo da entrambi i genitori. I geni dominanti preposti alla produzione di melatonina che provocano invece la colorazione in varie sfumature di queste parti del corpo, incluso il colore dei capelli e degli occhi, sono caratteristiche ritenute normali in ogni specie. Noi uomini siamo propensi a pensare che l’albinismo sia un fenomeno esclusivamente umano, ma in verità è stato riscontrato in diverse specie animali oltre a quelle già menzionate, per esempio nelle salamandre, nelle rane e in diversi mammiferi come pipistrelli, cervi, bufali, coioti, genette, procioni e anche macachi. Un caso è stato rilevato in un macaco dal berretto (Macaca radiata), altri in alcune scimmie sudamericane e anche nello scimpanzé.

L’albinismo nell’uomo è più diffuso in alcune aree geografiche piuttosto che in altre. Questo è dovuto al fatto che in alcuni luoghi del mondo lo scambio genetico tra gli individui è meno ampio che in altre zone del mondo. Dove c’è più scambio genetico c’è meno probabilità che l’albinismo si diffonda. I casi di albinismo più eclatanti sono quelli in cui la popolazione “normale” è molto diversa dall’albino, per esempio in Africa centrale dove il colore della pelle della popolazione umana standard è molto scuro. È meno eclatante nelle popolazioni del Nord Europa, in cui la popolazione normalmente ha un colore della pelle molto chiaro. Queste differenze non sono da sottovalutare. Lo possiamo dire perché abbiamo un esempio di una specie di scimmia sudamericana, quella ragno (Ateles geoffroyi), il cui colore del pelo è totalmente nero e quando capita che un piccolo nasca albino, può essere uno shock per la comunità. Certamente non lo è per la madre che si prende cura del proprio piccolo comunque e come se niente fosse, ma quando il piccolo diventa adulto può essere pericoloso per la sua sopravvivenza, non solo perché diventerebbe oggetto di molte discriminazioni da parte degli altri membri del gruppo, ma per il fatto di trovarsi in un ambiente forestale molto scuro e pieno di predatori dei quale diventerebbe un bersaglio facile perché ben visibile. Questo è quello che capita quasi sempre. Le scimmie albine hanno potuto infatti sopravvivere fino alla maturità sessuale e anche oltre solo nel caso in cui sono state tenute in cattività, negli zoo o in altre condizioni di semi-cattività. In natura è difficile che possano superare l’infanzia. Un classico esempio è il caso di Snowflake (fiocco di neve), un maschio di gorilla nato in libertà nel Rio Muni in Guinea Equatoriale e poi portato allo zoo di Barcellona dove visse incredibilmente fino a quarant’anni di età.

Un altro fattore importante che può essere causa di discriminazioni razziali molto forti sono le malformazioni congenite, che molto spesso hanno a che fare con fenomeni di inbreeding (incrocio tra consanguinei). Le malformazioni congenite causano numerose difficoltà di inserimento sociale da parte dei loro portatori e anche di chi se ne prende cura sin dal primo momento, cioè le mamme. Le mamme tendono sempre a curare e mantenere in vita e nel migliore dei modi questi figli, ma hanno progressivamente delle difficoltà oggettive per il loro mantenimento nella società. Questi figli purtroppo sono e restano sempre svantaggiati rispetto agli individui “normali”. Il punto è anche un altro ed è di carattere psicologico sia per il malformato sia per gli altri. I portatori di handicap nella specie umana vengono incondizionatamente discriminati e considerati diversi nonostante le società che si considerano progressiste e democratiche cerchino di nasconderlo con cure assistite, facilitando la loro mobilità, creando spazi e divertimenti; in realtà tutto questo serve per nascondere ipocritamente un fastidio o peggio ancora per nascondere un forte imbarazzo verso di loro, che vengono considerati un pericolo e un costo eccessivo per la comunità.

Conclusioni

Le conclusioni che possiamo trarre, nonostante tutti i più facili ottimismi, sono che gli albini e i nati con gravi malformazioni genetiche vengono discriminati ed è difficile rimuovere nell’intimo questi sentimenti verso di loro. Si possono dire mille parole sul fatto che nella nostra società non esiste nessuna forma discriminatoria per questi individui, ma il fatto vero è che quasi tutti (quindi non tutti) intimamente si sentono a disagio di fronte a loro. Con l’intelligenza e molta cultura si possono vincere queste forme discriminatorie, ma è molto difficile sradicarle totalmente e questo, purtroppo, anche gli animali ce lo insegnano. Per ironia della sorte, nelle nostre antiche società umane, quelle che per molto tempo abbiamo ritenuto selvagge, ai bambini albini e soprattutto agli animali albini venivano assegnati stati mitici facendoli diventare individui intoccabili, certamente non da isolare o eliminare. Questo ce l’hanno insegnato alcune tribù indiane del Nord America che consideravano, per esempio, il bisonte albino un animale dai grandi poteri e soprattutto portatore di tante fortune. Le civiltà occidentali, dal momento in cui sono giunte a colonizzare il Nord America, hanno inesorabilmente cancellato tutte queste tradizioni del passato e di buon senso, purtroppo.

Letture consigliate

Espinal, M., Mora J.M., Ruedas, L.A., Lopez, L.I., and L. Marineros. 2016.
A case of albinism in the Central American Spider monkey, Ateles geoffroyi, in Honduras.
Mastozoologia Neotropical, 23(1): 63-69.
Leroux, M., Monday G., Chandia, B., Akankwasa, J.W., Zuberbühler, K., Hobaiter, C., Crockford, C., Towsend, S.W., Asiimwe, C., and P. Fedurex. 2021. First observation of a chimpanzee with albinism in the wild: Social interactions and subsequent infanticide. American Journal of Primatology. DOI: 10.1002/ajp.23305.
Mahabal, A., Rane, P.D. & Pati, S.K. 2012. A case of total albinism in the bonnet macaque Macaca radiata (Geoffroy) from Goa. Zoo’s Print, 27(12): 22-23.
Miller, J.D. 2005. All about albinism. Missouri Conservationist, 66(6): 4-7.
Pievani, T. 2021. L’assassinio di un diverso. Le Scienze, Ottobre, pg.15.