Tra i Paesi musulmani bagnati dal mare Mediterraneo, purtroppo attualmente sovraccarico di tensioni sociali e difficoltà economiche, emerge un territorio che si sta sempre più dotando di difese costituzionali miranti al liberalismo occidentale, pur mantenendo salde le radici dell’Islam.

È il Marocco, il Paese che, risparmiato dalla Primavera Araba, gode oggi di un alto indice di gradimento internazionale, soprattutto nei rapporti con l’Europa e gli USA e che ha evitato anche il pericolo di una seconda Primavera Araba. Quasi un fenomeno in questo ampio territorio affetto da incertezze politiche che hanno quasi totalmente vanificato gli iniziali sogni scaturiti dalla “Rivoluzione dei Gelsomini” avviata in Tunisia alla fine del 2010 a seguito del suicidio del fruttivendolo Mohamed Bouazizi.

È naturale, dunque, chiedersi se tale fenomeno è casuale o se è dovuto soprattutto alle importanti azioni che ha messo in atto il Re Mohammed VI sin dalla sua elezione. Per dare risposta alle superiori domande e ad altre ancora, che spontaneamente potrebbero affollare la mente di un osservatore, e per rendere le risposte maggiormente comprensibili e credibili, evidenzierò preliminarmente alcuni brevi cenni sui recenti aspetti storici e religiosi.

Brevi cenni storici

Nel 1956 terminarono la dipendenza del Marocco dalla Francia e il protettorato della Spagna sul Marocco Spagnolo. Nel 1958 finì anche la sovranità della Spagna sugli ultimi territori del Marocco, ad eccezione dei territori di Ceuta e Melilla che sono a tutt’oggi territori spagnoli lungo la costa mediterranea del Marocco.

Nel 1973 si è costituito il Fronte Polisario (Frente Popular para la Liberacion de Saguia el Hamra y Rio de Oro), un movimento nazionalista sostenuto dall’Algeria che promuove l’autodeterminazione del popolo dei saharawi (letteralmente "gente del deserto"), che secondo una stima dell’ONU nel 2009 erano poco più di 500.000, di cui una parte rifugiati nei campi profughi algerini e una parte distribuita nel vasto territorio del Sahara Occidentale.

Alla Spagna restava ancora il territorio del Sahara Spagnolo a confine con la Mauritania conteso tra Marocco e Mauritania, ma il 6 novembre 1975 il Re Hassan II, padre dell’attuale Re, lanciò la famosa “Marcia Verde” o “Operazione Fath”, con circa 350.000 partecipanti, con l’obiettivo di liberare il Sahara Occidentale dalla Spagna. Il successo di tale operazione a favore del Marocco fu sancito dall’accordo di Madrid sottoscritto nei giorni successivi (14 novembre 1975), che prevedeva la suddivisione del territorio tra Marocco e Mauritania, ma a seguito di scontri armati tra Mauritania e Marocco il territorio del Sahara Occidentale passò sotto il governo marocchino.

L’autodeterminazione del popolo saharawi sembra ancora di difficile attuazione per una serie di motivazioni richiamate nel mio articolo sopracitato, mentre resta sempre valida la proposta già fatta dal Re Mohammad VI di creare in questo territorio una regione autonoma, sotto il governo marocchino, con particolari caratteristiche a favore degli abitanti. Quest’idea sembra sempre più attuabile soprattutto in funzione delle grandi opere infrastrutturali, industriali e turistiche realizzate dal governo del Marocco e del grande numero di marocchini ormai stabilizzati in quel territorio.

Per la mancata attuazione dell’autodeterminazione, sostenuta dall’Algeria, i rapporti tra Algeria e Marocco iniziarono ad essere tesi e la tensione tra i due popoli aumentò maggiormente il 10 dicembre del 2020 quando il Marocco, su sollecitazione degli USA, ha sottoscritto gli “Accordi di Abramo” per il riconoscimento dello Stato d’Israele, accordi che erano stati già sottoscritti nell’ottobre del 2020 dagli Emirati Arabi Uniti, seguiti da Bahrein e Sudan.

Sicurezza e Islam

Il Re Mohammad VI ha promosso importanti azioni per una religione moderata. Nel 2001 nella Cattedrale cattolica di Rabat c’è stata la celebrazione in ricordo delle vittime degli attentanti alle torri gemelle, una celebrazione che mostrava il volto di un Paese aperto e tollerante e sembrava quasi che il Marocco potesse essere indenne dagli attentati terroristici.

Una speranza presto cancellata dall’attentato a Casablanca nel 2003, dove sono state uccise 45 persone, di cui 33 vittime e 12 attentatori suicidi. Dopo l’attentato la risposta dello Stato è stata veloce ed efficace, anche attraverso la cooperazione tra il Marocco e l’Unione Europea in materia di sicurezza e di lotta al terrorismo. Dopo quell’attentato ci sono state molte iniziative governative per riorganizzare la sfera religiosa, prendendo apertamente la distanza dal jihadismo terrorista con azioni forti del governo che hanno consentito negli anni successivi l’arresto di oltre 3000 terroristi.

Ciò nonostante un ulteriore atto terroristico è stato registrato nella medina di Marrakech nel 2013, con 18 persone uccise e 25 ferite e ulteriori atti terroristici in diversi altri Paesi hanno avuto la partecipazione di terroristi marocchini.

Il governo del Marocco non si è mai scoraggiato a seguito dei fatti terroristici, che sono invece serviti per accelerare concretamente la lotta al terrorismo e per fa nascere una vera scuola per gli “ulema del futuro”, molto frequentata. La scuola doveva anche servire per promuovere un Islam moderato e tollerante e per affrontare le sfide del mondo contemporaneo, al di là dei fanatismi religiosi, e forse anche con la tendenza a promuovere una rilettura del Corano contestualizzata, una necessità ormai improcrastinabile, come ho già scritto in un precedente articolo. In tal senso è stato molto attivo il nuovo Consiglio degli Ulema che ha proposto alcune riforme tra cui quella che mira a ridurre l’atavico sistema patriarcale, ancora purtroppo vigente soprattutto in molti Paesi musulmani, cha rappresenta la principale causa per il mancato riconoscimento di molti diritti delle donne.

Il superamento della Primavera Araba e la nuova Costituzione

La capacità, l’intelligenza e la lungimiranza del Re Muhammed VI hanno dunque consentito al Marocco: ieri di superare in maniera quasi indenne la “Primavera Araba” e oggi di avviarsi a superare l’attuale crisi economica e le tensioni interne ed esterne.

Infatti, i principali tentativi di rivolta, a seguito della Primavera Araba avviata i primi giorni del 2011, si sono subito estinti grazie alla nuova Costituzione emanata il primo luglio 2011 contenente norme che davano risposta a buona parte delle richieste dei dimostranti, con incisive modifiche costituzionali in senso democratico e con un ridimensionamento del potere della Monarchia.

In effetti le modifiche apportate alle precedenti norme sono state tante, dall’inserimento nell’ordinamento costituzionale della parità tra uomo e donna e il corrispondente impegno dello Stato ad eliminare qualsiasi forma di discriminazione (Articolo 19), al riconoscimento come lingue ufficiali delle lingue parlate rispettivamente dalla minoranza berbera e saharawi (art.5), al rafforzamento dei poteri del Parlamento, all’autonomia della magistratura (art.107), lasciando comunque un ampio potere al Sovrano che è l’autorità religiosa più alta del Paese e mantiene il potere di indirizzo politico generale.

Con la nuova Costituzione «Il Re nomina il Capo del Governo all'interno del partito politico che è risultato primo alle elezioni dei membri della Camera dei Rappresentanti, e alla luce dei loro risultati» (art.47) e su sua indicazione nomina i ministri.

Tra i poteri del Re restano quelli decisionali di dichiarare lo stato di guerra o di assedio, il potere di grazia e quello di dare gli orientamenti generali per la legge finanziaria e per la politica generale di governo, ecc, Il potere legislativo è attribuito dalla Costituzione al Parlamento, ad esclusione di alcune norme che devono necessariamente essere discusse dal Consiglio dei Ministri, presieduto dal Re, come ad esempio i progetti di revisione costituzionale, le leggi di amnistia o di indulto, le normative in ambito militare, ecc. Da quanto sopra descritto si evidenzia una forma di governo che si differenzia da quella di quasi tutti i Paesi musulmani, una forma di governo che ispira fiducia perché tende ad una democrazia tipo europeo, anche se ancora è una democrazia incompleta, definita “un esperimento ibrido di democrazia” da alcuni esperti costituzionalisti, ma sicuramente un esperimento positivo che si proietta verso una più ampia democrazia. Di fatto il Re ha risposto alle crescenti proteste a favore della democrazia con l’emanazione della nuova Costituzione, approvata tramite referendum popolare, con la quale sono stati estesi al Parlamento alcuni nuovi poteri, lasciando comunque un grande potere nelle mani del Re.

È evidente che attraverso queste azioni la tensione sociale, spinta dall’entusiasmo della Primavera Araba, è stata sopita.

È stato scansato il pericolo di una seconda Primavera Araba

Il 28 ottobre 2016 c’è stata la morte di Mouhcine Fikri, un venditore di pesce che si trovava in possesso di una quantità significativa di pesce proibito in quella stagione e che dopo avere impedito invano alla polizia di sequestrare la sua merce si è gettato dentro la pressa del camion dell’immondizia ed è stato triturato. Una versione dei fatti descrive che Fikri si sia buttato per suicidarsi per l’azione subita dalla polizia. Un’altra versione descrive che si gettò nel camion dell’immondizia per recuperare il pesce che era stato buttato e che involontariamente è partito il motore triturandolo.

La prima versione è quella che è stata maggiormente ufficializzata e che, a prima vista, poteva sembrare simile al gesto del venditore tunisino, il fruttivendolo ambulante Mohamed Bouazizi, che il 17 dicembre del 2010 si diede fuoco per protestare contro la corruzione locale dando il via alla “Rivolta dei Gelsomini” trasformatasi poi in Primavera Araba.

In realtà si tratta di due fatti totalmente diversi, il primo in Tunisia rappresentava una rivolta diretta al Governo del Presidente Ben Alì che era già fortemente contestato da una parte della popolazione, mentre il secondo caso, in Marocco, sembra più il frutto di un gesto di disperazione compiuto da un uomo contro un poliziotto, a seguito del quale il Re il giorno dopo, scioccato dal quel gesto insano, ha inviato il ministro dell’interno nella città del giovane Fikri per porgere le condoglianze alla famiglia e ha attivato le procedure giudiziarie per punire i colpevoli di quel gesto.

Le accuse di repressione e la sicurezza nazionale

Credo sia utile fare qualche riflessione anche sugli atti di repressione che alcune associazioni o singole persone denunciano, perché bisogna ben distinguere se si tratta di vera repressione o di azioni contro atti che tendono a destabilizzare il governo in carica. Occorre cioè distinguere se alcuni atti, denominati di repressione, non sono invece atti per la difesa della sicurezza nazionale, poiché in tal caso non si tratta certamente di crimini. Infatti, se un giornalista viene intercettato in conversazioni internazionali su problemi che riguardano la sicurezza nazionale, la sospensione dalla sua attività non può essere considerata un atto di repressione. Come esempio cito il caso di un giornalista intercettato mentre conversava, con un attivista antimonarchico marocchino all’estero, su un piano per fare arrivare armi in Marocco; la notizia non ha bisogno di commenti.

Dunque, attenzione alle notizie e alla fonte che le diffonde, perché è indispensabile valutare la credibilità da dare alle stesse prima di rimbalzare la loro diffusione nel mondo intero, perché si potrebbero causare seri danni sociali che richiederebbero un grande tempo per essere riparati.

In Marocco alcune regioni sono propense alla ricerca di una loro autonomia, ma l’autonomia può essere pacificamente realizzata solo con l’assenso del governo e con una palese condivisione della maggioranza della popolazione del Paese, per non creare squilibri di vario tipo al Paese. Certamente esistono sempre e in tutti i Paesi i “richiami amorosi” che, spinti e spesso sostenuti economicamente da altri Paesi o da importanti società multinazionali, tendono a minare la stabilità dello Stato per motivazioni sempre di potere politico ed economico.

Il Marocco ha chiari esempi di tali azioni nel RIF, la regione situata a Nord-Est del Paese e confinante a est con l’Algeria, a nord col Mediterraneo. Una regione periferica, dove gli abitanti sono maggiormente soggetti a stimoli esterni che tendono a creare illusioni di facili arricchimenti, di maggiore rispetto dei diritti umani e di una possibile facile democrazia. E in tali situazioni sorgono associazioni e movimenti di protesta come l’Hirak, che ha inizialmente preso piede in Marocco subito dopo la morte del giovane Fekri, nella città di Al Hoceima sua città natale.

Queste azioni di dissenso da parte della popolazione del RIF trovano in parte conforto anche nel movimento islamico di Al Adl Wa Al Ihssane (giustizia e spiritualità), che combatte per ottenere l’applicazione della legge coranica nel Paese, un obiettivo che se raggiunto rappresenterebbe un vero arretramento culturale e sociale del Marocco.

Un buon governo deve pertanto attenzionare questi problemi, come sta facendo il governo marocchino, perché possono sfociare in azioni pericolose per la pubblica incolumità e per la stabilità del Paese.

Diritti delle donne

Sulla libertà delle donne, poiché ancora oggi si legge che le donne marocchine sono fortemente sottomesse a usi e tradizioni del passato, devo ammettere il mio dissenso verso tali notizie, perché ho avuto il piacere di conoscere donne marocchine che fanno parte di strutture culturali, politiche, imprenditoriali e di associazioni di cluba internazionali che non mi sembra siano limitate nelle loro azioni e nei loro pensieri. Forse i riferimenti vengono fatti per donne che, in alcuni quartieri delle città e soprattutto nelle campagne, seguono ancora antiche tradizioni che agli occidentali possono sembrare anacronistiche. Per mia diretta esperienza le donne marocchine mi sembrano libere nei loro costumi, pur non discostandosi dall’Islam, magari con una contestualizzazione e moderna interpretazione di alcuni versetti e di alcuni hadith per tendere verso la storicizzazione e contestualizzazione dell’Islam.

È facile osservare che nei Paesi dove l’Islam prevale sulle norme governative le donne, a qualunque ceto sociale appartengono e qualunque cultura esse esprimono, sono sempre sottoposte agli stessi usi e costumi e alle stesse costrizioni di puro regime patriarcale. Aspetti sociali dai quali il Marocco sembra allontanarsi. Già a partire dagli anni sessanta in Marocco sono nate diverse associazioni per il riconoscimento dei diritti delle donne che promuovono importanti riunioni e dei veri movimenti culturali, alcuni propensi a muovere critiche al governo, altri in sintonia col governo stesso. Sono movimenti e associazioni aperte e conosciute che evidenziano comunque di potere esprimere liberamente il loro pensiero.

Oggi riscontriamo la presenza di donne marocchine al governo del Paese, in posti importanti di comando di società e in associazioni internazionali, evidenziando con ciò la libertà delle donne marocchine.

Desidero citare ad esempio la D.ssa Hakima El Haité, dal 2013 al 2017 Ministro delegato per l'ambiente, nel 2018 eletta presidente di Liberal International al 62° Congresso di Dakar, in Senegal. È la seconda presidente donna nella storia di Liberal International e la prima della regione Medio Oriente e Nord Africa. Con la sua costante e forte attività ha svolto un ruolo internazionale importante ed è stata eletta per un secondo mandato Presidente di Liberal International al 63° che si è tenuto a Sofia-Bulgaria dal 30 giugno al 3 luglio 2022.

Non bisogna però credere che questi recenti riconoscimenti possano rappresentare recenti conquiste delle donne marocchine, infatti, M.me El Haité, già circa venti anni fa, dimostrava di avere la stessa libertà di assumere importanti ruoli sociali e di muoversi a livello internazionale. Ricordo con piacere quando, in occasione della “Conferenza internazionale sull’Ambiente” tenutasi in Sicilia, a Catania, nei giorni 9-12 aprile 2003, M.me El Haité ha fornito un importante contributo esponendo il tema “La gestion des déchets solides: Problématique et alternatives d’amélioration”, ricevendo in tale occasione l’apprezzamento dei partecipanti e in particolare dei professori prof.Amos Zemel, del prof. Yitzhak Hadar e del prof. Ilan Chet, importanti scienziati israeliani, autorità mondiali nel settore dell’ambiente, operanti in Israele e negli USA, che hanno partecipato alla conferenza, della quale ho avuto l’onore di essere stato uno degli organizzatori e il presentatore ufficiale.

Si possono allo stesso modo citare donne marocchine importanti del mondo della cultura, del commercio, donne che compaiono nella classifica Forbes 2021 tra le donne d’affari più potenti del Medio Oriente, ecc. Dunque il Marocco, già da diversi anni e grazie alla capacità del suo Sovrano sin dalla data della sua salita al trono (30 luglio 1999), è riuscito a fare dei grandi progressi anche verso il riconoscimento dei diritti delle donne, che rappresenta uno dei pilatri per la costruzione di una vera democrazia. Infine, non mi sembra di avere notizie che la società marocchina preme nei confronti delle donne perché si torni al passato.

Marocco, Israele e Algeria

L’attuale apertura del Marocco verso Israele rappresenta un’altra importante azione di Pace portata a termine dal Sovrano. Un’azione attraverso la quale il Marocco è oggi inserito in grandi circuiti internazionali per superare, forse meglio di altri Paesi, l’attuale congiuntura economica per la concomitanza di diversi eventi internazionali che hanno generato una particolare crisi del sistema economico locale. I rapporti con Israele rappresentano la continuità della politica estera messa in atto dal Re Hassan II, padre dell’attuale Re, che venne definito un grande mediatore nei rapporti tra il mondo arabo e Israele, rapporti che poi si interruppero per sostenere la causa palestinese. Una causa sostenuta dalla maggior parte dei popoli musulmani, ma verso la quale anche l’accordo Marocco-Israele ha avuto ed ha ancora dei riverberi positivi a favore del popolo palestinese, come riportato nell’articolo.

Hassan II ebbe un grande ruolo anche nell’annessione al proprio territorio del Sahara Occidentale con la sopra citata manifestazione di massa chiamata “Marcia verde”. Questa annessione è ancora oggi in corso di soluzione, ma ha creato delle fortissime tensioni e l’inasprimento delle azioni diplomatiche con l’Algeria che, nel settembre 2021, ha chiuso lo spazio aereo ai voli marocchini, sia militari che civili e anche agli aerei immatricolati in Marocco. L’Algeria ha anche chiuso la fornitura del gas che riforniva il 60-70% del fabbisogno marocchino, costituendo tale azione anche l’interruzione della fornitura di gas algerino alla Spagna.

Il Marocco, anche in questa situazione di emergenza, ha saputo reagire con velocità e determinazione trovando delle valide alternative per le forniture energetiche, in particolare per il gas, utilizzando la fornitura da parte della Spagna attraverso un altro gasdotto e organizzandosi per avere via mare un nuovo approvvigionamento di gas dalla Nigeria.

La Spagna a sua volta, sia per la fornitura del gas al Marocco, che per il sostegno fornito al Marocco sul problema del Sahara Occidentale, ha subito un raffreddamento delle azioni diplomatiche con l’Algeria.

L’Algeria, con l’elezione a Presidente di Abdelmadjid Tebboune nel dicembre del 2019 e con le elezioni legislative per il rinnovo del Parlamento tenutesi nel giugno 2021, dopo il varo della nuova Riforma Costituzionale, ha formato un nuovo governo che sta puntando su una serie di riforme per una nuova fase politica che probabilmente tenderà a rafforzare i rapporti con l’Europa.
Si spera dunque che le tensioni tra i due Paesi confinanti possano presto essere risolte per riportare una distensione tra questi due importanti popoli del Maghreb Arabo, con un grande riverbero positivo nell’intera area mediterranea.

Riflessioni finali

Il Marocco non è certamente indenne, così come gli altri Paesi, alla crisi economica che sta attanagliando il mondo intero, ma evidenzia sempre più la sua grande capacità ad affrontare e risolvere i problemi sociali ed economici, nei limiti di ciò che è possibile fare. Infatti, anche se le manifestazioni di massa si sono svolte in generale pacificamente, in relazione ai focolai di tensioni sociali esistenti, il Re ha dimostrato di sapersi muovere in anticipo mitigando i moti di piazza esistenti alla data della Primavera Araba e evitando una potenziale e immediata seconda Primavera Araba che stavaa per partire dal Marocco a seguito della morte del venditore di pesce Mouhcine Fikri.

Il Re di fatto, con la nuova Costituzione che rappresenta un percorso indirizzato verso la democrazia parlamentare, si è reso protagonista del cambiamento strutturale del Paese, con una grande capacità a sintonizzarsi con le maggiori forze sociali e politiche e intessendo ottimi rapporti col mondo occidentale. Inoltre ha attivato una seria programmazione sociale ed economica, con una visione moderna del rapporto Stato-Islam e col riconoscimento dei diritti delle donne, che in molti Paesi musulmani sono ancora un’utopia.

È evidente che molte delle nuove riforme volute dall’attuale Re hanno fatto riemergere il desiderio di investire e operare in Marocco a importanti gruppi industriali stranieri, soprattutto per il sistema di sicurezza antiterrorismo messo in atto esistente.

Gli accordi firmati dal Marocco con gli Stati Uniti e con l’Europa negli anni scorsi sono stati catalizzatori di sviluppo economico per il Paese, con un calo della disoccupazione e una crescita della propria economia. Il Marocco, rispetto ai Paesi vicini, ha istituzioni più solide e ciò, probabilmente, è dovuto al fatto che la monarchia marocchina ha il Sovrano la cui discendenza si fa risalire fino a Maometto stesso. Il Re, inoltre, è capo religioso e politico dello Stato, condivide il potere con il parlamento e la Costituzione e gode di un grande seguito tra la popolazione.

Questa monarchia nordafricana, con la quasi totalità della popolazione sunnita, già a partire da Hassan II, ha intrapreso un percorso di riforme con una Costituzione che potrebbe rappresentare un passo importante verso una vera democrazia parlamentare, con la potenziale formazione di una monarchia costituzionale di tipo occidentale.