Le continue critiche negative mosse da alcuni Paesi arabi verso chi ha sottoscritto o promuove di sottoscrivere gli Accordi di Abramo1 servono solo ad alimentare le tensioni tra Israele e Palestina e ad allontanare le ipotesi di pace.

Bisogna allora capire chi veramente desidera che si arrivi ad un accordo di pace questi due Stati e chi invece continua a proporre accordi illusori, fondati su proposte irrealizzabili enunciate a puro scopo propagandistico o per guadagnare tempo nelle decisioni da assumere se la proposta non venisse realizzata.

La tela di Penelope

In definitiva, occorre capire se talune proposte simulano la famosa cucitura della tela di Penelope, moglie di Ulisse2, la quale, avendo assunto l’impegno di accettare in sposo un altro uomo solo se entro il tempo necessario a tessere la sua tela Ulisse non fosse ancora ritornato dal suo lungo viaggio, per avere un tempo illimitato entro cui adempiere agli impegni assunti, disfaceva di notte la tela che tesseva di giorno. È un'espressione che si riferisce dunque a opere su cui si lavora costantemente e che non sono vengono mai ultimate, indica anche chi cerca in ogni modo di guadagnare tempo nell’assumere una decisione precisa su scelte importanti usando furbizia e tattiche dilatorie.

Nella richiesta ufficiale da parte dei Paesi arabi, per la sottoscrizione degli Accordi di Abramo, è infatti compreso il necessario riconoscimento allo Stato di Palestina e in particolare l’annessione alla Palestina del territorio che possedeva prima della guerra del 1967.

Tale proposta è ben noto che allo stato attuale non sembra di facile attuazione, poiché il territorio oggetto di contestazione è occupato in molte zone da insediamenti ebraici. Pertanto forse sarebbe opportuno formulare una nova proposta che, tenendo conto di ciò, miri alla regolamentazione dei rapporti tra i due Paesi per una pacifica coesistenza degli insediamenti ebraici già realizzati assieme a quelli arabi musulmani, come è stato ampiamente scritto nell’articolo Conflitto Israele Palestina. Può ancora “scoppiare la pace?.

Questa ipotesi di nuovo potenziale accordo potrebbe trovare giustificazione osservando la situazione attuale di Israele, dove una buona percentuale della popolazione è già costituita da arabi di religione musulmana, che convivono in armonia col popolo ebraico. Attualmente su circa 9 milioni di abitanti quasi il 20% sono arabi con un tasso di crescita demografica quasi il doppio di quello degli ebrei, né ciò sembra preoccupare Israele. Perché dunque non ipotizzare una analoga pacifica convivenza in un territorio palestinese contenente al proprio interno anche insediamenti israeliani? Un’affermazione che, se ben regolamentata, non è utopistica.

I Paesi che sottoscrivono gli Accordi di Abramo sanno bene che, allo stato attuale, un accordo potrà essere definito o con l’inclusione della Palestina nello Stato di Israele (cosa che non sembra al momento realizzabile) o con la formazione di due Stati con la chiara definizione della ripartizione del territorio, comprendendo parte delle aree che contengono insediamenti ebraici che non devono necessariamente coincidere con il territorio palestinese prima del 1967, che per quanto sopra evidenziato, potrebbero aspirare ad una pacifica convivenza con la popolazione araba insediata nello stesso territorio, aumentando enormemente il livello di sicurezza del territorio. Purtroppo, questa ipotesi, ancorché diversa dalle richieste avanzate da alcuni Paesi arabi, non viene di fatto presa in considerazione. Sembra che si abbia quasi timore a sostenerla sia dall’una, che dall’altra parte, anche se per motivi diversi. Da parte israeliana forse per timore che l’accettazione di tale proposta potrebbe essere interpretata come un allontanamento dallo Stato di Israele di quanti sono stati già autorizzati ad insediarsi in quei territori, mentre da parte palestinese forse per il timore che la eventuale mancata accettazione potrebbe deludere ulteriormente le attese del popolo palestinese e innescare una nuova escalation delle tensioni.

Ed è forse anche questo il motivo per cui, di anno in anno, si resta fermi sul mantenimento di proposte che di fatto non sembrano più realizzabili, pur di arricchire i cuori di attesa e tranquillizzare la coscienza dei proponenti. La naturale ovvia conseguenza è che il processo di armonizzazione resta immobile, come di fatto è rimasto immobile da decenni, purtroppo alimentando focolai pericolosi e talvolta di difficile controllo.

Ma allora, se i popoli arabi desiderano veramente porre fine a questa eterna lotta, non sarebbe meglio stimolare incontri tra i due Stati per tentare un accordo generale diretto e condivisibile attraverso una concreta mediazione del mondo arabo stesso e in particolare della Lega Araba che, in tali fatti, potrebbe avere una grandissima importanza?

L’accusa di tradimento ai popoli che sottoscrivono gli Accordi di Abramo

Un altro escamotage giustificativo, che per quanto sopra descritto sembra privo di concreto significato, è rappresentato dalle accuse di tradimento verso il popolo palestinese che alcuni Paesi arabi muovono contro altri Paesi arabi che hanno già sottoscritto gli accordi di Abramo. Ma siamo sicuri che questa adesione non abbia già creato dei riverberi positivi a favore dei palestinesi, invece di rappresentare un tradimento?

Il riconoscimento dello Stato d’Israele da parte del Marocco è un esempio che dovrebbe essere seguito da molti Paesi della Lega Araba e soprattutto da quelli della riviera sud del Mediterraneo dove il passaggio del popolo ebraico ha lasciato dei segni positivi indelebili.

Il Marocco, dopo la sottoscrizione degli Accordi di Abramo ha continuato a sostenere la Palestina non solo finanziariamente, ma anche denunciando alcune violenze nei territori palestinesi e soprattutto sostenendo la formazione dei due Stati che potrebbero vivere affiancati in pace e in sicurezza. L’ostacolo resta sempre la proposta del ripristino dei confini territoriali esistenti al 4 giugno 1967.

La sottoscrizione degli Accordi consente ai Paesi sottoscrittori di potere parlare dall’interno e non dall’esterno, con maggiori possibilità di portare a termine le loro proposte o comunque di potere più facilmente trovare una mediazione accettabile.

Sulla testimonianza della presenza ebraica nel mondo arabo notizie attendibili ci vengono fornite dall’Istituto del Mondo Arabo di Parigi che, nella capitale francese, è considerato una vera liaison tra la cultura araba e il mondo occidentale.

Un istituto con un importante museo e una ricca biblioteca dove è possibile attingere notizie sulla plurisecolare convivenza tra ebrei e musulmani, sugli antichi legami tra le tribù ebraiche d’Arabia e il profeta Maometto fino ai rapporti emersi con le principali figure del mondo ebraico durante i califfati medievali a Baghdad, Fez, Il Cairo e Cordoba. Ci sono anche notizie sui rapporti esistenti con la nascita dei centri urbani ebraici nel Maghreb e nell’Impero ottomano.

E sono queste notizie del passato che dovrebbero illuminarci per meglio comprendere il processo di armonizzazione che si sta attuando tra alcuni Paesi arabi e Israele e invitarci a fare attente riflessioni prima di muovere critiche negative sugli accordi sottoscritti e su quelli nascenti.

Un processo che potrà avere una buona accelerazione indipendentemente dagli aspetti religiosi e sociali.

Segnali di distensione post Accordi di Abramo

I Paesi del Maghreb, ancora restii a fare un passo così importante, hanno sufficientemente valutato il beneficio che da questi accordi potrebbero averne sia loro che il popolo palestinese?

Dopo la sottoscrizione degli Accordi di Abramo da parte di Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan nel 2020, già all’inizio del 2021 si sono avuti segnali fortemente positivi con eventi che solo poco tempo fa sembravano utopistici e che vanno ben oltre gli accordi commerciali già sottoscritti. Sono segnali che si spera possano essere recepiti e diffusi correttamente e dei quali riporto brevi cenni.

Dopo la firma degli Accordi due alte personalità del mondo arabo: Tarek Al-Mulla, Ministro egiziano del Petrolio e delle Risorse minerarie e Mohamed Al Khaja, Ambasciatore degli Emirati Arabi per la prima volta hanno messo piede sul suolo di Israele. Un evento definito storico dal quale sono scaturiti rapporti di piena collaborazione tecnica e commerciale.

L'ex Ministro degli esteri tunisino Ahmed Wnais ha rilasciato un’intervista al courrier-arabe.com, pubblicato il 21 ottobre 2021, dicendo che “il suo Paese non considera Israele un nemico”.

Il Ministro israeliano della cooperazione regionale, Issawi Frej, in un'intervista rilasciata al sito israeliano I24 News e riportata in un altro articolo dello stesso courrier-arabe.com del 21 ottobre 202, ha detto che “il Sultanato dell'Oman, la Tunisia, il Qatar e la Malesia, potrebbero unirsi all'accordo di Abraham e normalizzare presto le loro relazioni con Israele”.

Il 30 gennaio 2022, in occasione della visita ufficiale del presidente israeliano Isaac Herzog agli Emirati Arabi Uniti, per la prima volta in un Paese arabo, è stato suonato al palazzo presidenziale l’HaTikvà, l’inno nazionale d’Israele, con critiche inutili, tendenziose e improduttive da parte di alcuni Paesi arabi.

Ma l’azione sicuramente di maggior importanza è stato l’incontro che il 28 dicembre 2021 si è avuto nei pressi di Tel Aviv tra Mahmoud Abbas, Presidente dell'Autorità palestinese, e Benny Gantz, Ministro della Difesa israeliana. Un incontro col quale il presidente palestinese ha discusso soprattutto sull’attuazione di misure economiche tra i due Paesi e di prevenzione del terrorismo, cose che gli hanno consentito di rafforzare la sua leadership ed è stato certamente un segnale di distensione tra i due popoli. Ovviamente anch’esso criticato da parte di chi certamente non ama la potenziale pace tra i due popoli, dando l’impressione di lavorare più per distruggere che per costruire.

Purtroppo questi segnali non hanno ancora prodotto nulla in merito alla definizione dei confini territoriali tra i due Paesi. Pertanto è normale chiederci se il mondo arabo desidera realmente la pace tra Israele e Palestina contribuendo concretamente alla definizione, anche geografica, del territorio palestinese.

Leggendo alcuni articoli pubblicati a livello internazionale è facile avere l’impressione che il mancato accordo tra i due Stati sia un semplice escamotage per distogliere l’attenzione da ben altri problemi, che sono poi sempre di tipo economico e di potere politico generale, e che i due Stati rappresentano delle semplici pedine nella scacchiera degli interessi economici e politici mondiali.

Mi sembra che spesso la Palestina venga tirata in ballo da diversi Paesi arabi e non tanto perché spinti da sentimenti di umanità o da legami dovuti alle loro antiche tradizioni comuni, ma soprattutto per puri interessi economici legati ad una delle grandi potenze mondiali, forse sperando così di ottenerne dei particolari benefici. Questo potrebbe rientrare nella legittima aspirazione di un popolo, ma per aspirare a ciò non è necessario mettere nel gioco un popolo più debole che, a mio avviso, andrebbe difeso indipendentemente da tali interessi.

Accordi di Abramo e Algeria

Ho già scritto sulla ingiustificata mancata sottoscrizione della Tunisia degli Accordi di Abramo, analoghe considerazioni possono essere scritte per l’Algeria.

La storia del popolo algerino nei secoli scorsi è ricca di presenza ebraica, con rapporti improntati sulla massima reciproca comprensione, anche se non sono mancati periodi di intolleranza e di persecuzione, ma si racconta anche di episodi in cui i leader musulmani hanno difeso e protetto gli ebrei.

Nel periodo coloniale gli ebrei erano presenti in diversi consigli comunali e a fine Ottocento nella popolazione algerina c’era la presenza di validi professionisti ebrei: ingegneri, avvocati, magistrati, ufficiali dell’esercito, ecc.

Purtroppo, con l’ascesa al potere di Hitler emersero campagne antisemitiche anche in Algeria. Gli ebrei cominciarono ad andare via dall’Algeria e l’emigrazione più vistosa si ebbe a seguito della guerra d’Algeria del 1992, durante la quale molti ebrei si trasferirono in Francia.

Queste brevi citazioni hanno solo il significato di evidenziare che la presenza ebraica in Algeria, come in tutto il Maghreb Arabo c’è stata ed ha lasciato le sue tracce indelebili.

Il vertice della Lega Araba, che si doveva tenere in Algeria il 9 marzo 2022, poteva essere anche un’occasione interessante per chiarire alcuni degli aspetti sopra evidenziati, ma è stato rinviato a novembre prossimo con la dichiarazione del Segretario Generale della Lega che nei loro problemi non devono interferire gli Stati stranieri; un principio facile da enunciare, ma difficile da attuare. Infatti, sulle motivazioni principali del rinvio hanno certamente inciso sia l’attuale forte tensione esistente tra Algeria e Marocco sul “Sahara Occidentale”, che il probabile rientro della Siria nella Lega, argomenti che sono strettamente legati ai rapporti che i Paesi del Maghreb hanno con le grandi potenze straniere che, di fatto, interferiscono dunque fortemente con diversi problemi della Lega Araba.

L’Algeria ha anche cercato di influire sull’Unione Africana per fare escludere Israele come “Osservatore” dell’Unione, ma il tentativo non ha avuto alcun successo, come riportato nell’articolo di Afrique.le360 del 4 agosto 2021, infatti, dei 12 preannunciati Paesi che avrebbero dovuto aderire per tale esclusione, in realtà solo 6 hanno mandato una propria nota di dissenso sulla presenza d’Israele e di questi sei è presumibile che la maggior parte non daranno concreta attuazione.

L’Algeria si spera che possa superare alcune diffidenze verso Israele, perché la sua adesione potrebbe rappresentare un grande contributo al raggiungimento di un accordo finale tra Israele e Palestina e un’opportunità per inserirsi negli accordi commerciali internazionali, come di fatto stanno già facendo i Paesi sottoscrittori degli Accordi di Abramo, e incamminarsi verso un futuro di nuove positive prospettive soprattutto per i giovani.

Considerazioni finali

Tornado al problema israeliano-palestinese occorrerebbe capire se l’auspicabile sottoscrizione degli accordi di Abramo da parte dell’Algeria e della Tunisia potranno avere esito positivo con importanti riverberi positivi diretti per i due Paesi e indiretti per l’area mediterranea e medio orientale. Che gli Accordi di Abramo non siano stati ancora sufficienti a garantire l’evoluzione del processo di pace tra Israele e Palestina è un dato di fatto ormai assodato e inconfutabile, ma forse ciò si deve anche alla ancora poca adesione dei Paesi arabi, perché assieme costituirebbero una maggiore forza per l’accettazione di proposte realizzabili da parte d’Israele a favore della Palestina.

È inoltre evidente che la sottoscrizione degli Accordi di Abramo va interpretata anche in chiave anti-iraniana, facendo così parte degli obiettivi legittimi di indebolire l’Iran nell’ambito arabo, al fine di ridurre quanto più possibile le sue mire espansionistiche.

Peraltro, essendo ormai ben note le idee estremiste di questo Paese, sembra legittimo tentare di limitare il suo armamento nucleare che non poche preoccupazioni ha destato nel mondo intero. Con l’occasione è opportuno ricordare che tra gli obiettivi più volte ostentati dell’Iran c’è la distruzione dello Stato di Israele, obiettivi che oggi, più di ieri, potrebbero destabilizzare il Medio Oriente e forse il mondo intero. A conferma di ciò basta leggere quanto riportato su Israele.net del 28.11.21:

Sabato scorso, a pochi giorni della ripresa dei negoziati di Vienna sul programma nucleare della Repubblica Islamica d’Iran, il portavoce delle forze armate iraniane generale Abolfazl Shekarchi ha invocato l’eliminazione totale dello stato ebraico. “Non ci tireremo indietro dall’annientamento di Israele, nemmeno di un millimetro – ha dichiarato Shekarchi all’agenzia di stampa ufficiale degli studenti iraniani – Vogliamo distruggere il sionismo nel mondo”.

Il messaggio si commenta da sé. Purtroppo nel mondo esistono ancora simili personaggi.

L’Algeria deve prendere atto che il fallito tentativo di escludere Israele come osservatore, che ha registrato l’adesione alla proposta algerina di 7 Paesi (compresa l’Algeria) sui 55 Paesi che formano l’Unione Africana, rappresenta una volontà precisa dell’Unione di cercare la pace e non di alimentare le tensioni; pertanto, forse sarebbe meglio non insistere troppo su tali argomentazioni.

L’Algeria è un grande Paese, con gente meravigliosa con un passato importante, non deve dunque lasciarsi sfuggire l’occasione di essere anch’essa partecipe in questo tentativo per la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Palestina e forse non dovrebbe attendere il prossimo vertice della Lega, inserendosi anch’essa al più pesto in nuovi accordi commerciali internazionali, come di fatto stanno facendo i Paesi che hanno sottoscritto gli Accordi di Abramo, e aprire così nuove prospettive positive di sviluppo economico e sociale.

Ricordiamoci che se si desidera veramente una pace duratura per questi popoli “bisogna ricercare ciò che unisce, tralasciando ciò che divide”.

Note

1 Gli Accordi di Abramo sottoscritti inizialmente tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) il 15 settembre 2020, invitano gli appartenenti alle tre religioni monoteiste a “perseguire una visione di pace, sicurezza e prosperità nel Medio Oriente” e al contestuale riconoscimento dello Stato d’Israele da parte dei due Paesi arabi, col consequenziale rafforzamento delle attività commerciali tra i Paesi sottoscrittori.
2 Sono personaggi mitologici descritti nell’Odissea di Omero