Nell’ottobre del 2021 io e mio figlio siamo andati (con stupore giovanile più io che lui a dire il vero) a vedere la fiera di Roma sulla tecnologia e sulle innovazioni comunemente nota come Maker Faire.

Tutto bellissimo: i padiglioni ordinati per numero e per argomenti e anche lo spettacolare campo di calcio in erba sintetica con dei robottini di una nota compagnia telefonica che tentavano - poverini - di calciare il pallone e di non sbagliare neanche un passaggio, se non fosse che “l’uomino” incaricato doveva ogni tanto tirarli su da terra e metterli vicino al pallone nella speranza che il robot non facesse un altro liscio clamoroso; come il buon Robinho dei tempi d’oro del Milan di Ancellotti; ogni pallone facile un liscio, ogni pallone difficile un gol… mah, misteri della metafisica quantistica…

A pensarci bene poi, che ridere... “l’uomino” incaricato di aiutare il robottino… ma non dovrebbe essere il contrario?

Comunque abbiamo visitato molti stand, alcuni veramente interessanti ma posso dire un paio di cose. 1. Ho fatto più domande io (!!) in particolar modo allo stand che si occupava di ripulire i mari dalla plastica, illustrandoci delle tecniche veramente interessanti. Ci hanno fatto notare, per esempio, che le reti a strascico che i pescatori mettono tra le barche e il fondale, queste reti, dicevo, fanno veramente una strage e non solo: raccattano tutto, tonni - che dovrebbero essere il principale obiettivo - delfini, squali a volte, e soprattutto plastica, plastica che uccide, plastica che va nella pancia dello squalo, del delfino e del tonno che noi mangiamo.
La mia considerazione è che ammiro veramente questi scienziati che preoccupandosi del nostro pianeta Terra loro cominciano invece dal mare; difatti il nostro pianeta si chiama impropriamente terra, perché la superficie più estesa è invece il nostro amico blu.
Gli sono grato, spero che un giorno mio figlio possa fare anche la sua piccola parte visto che è così attento alla tecnologia che aiuta e conserva.

Seconda considerazione: 2. Tutta questa tecnologia ha reso il mondo migliore? Frigorifero contro bomba nucleare. Missili contro impianti fotovoltaici. Cellulari contro inquinamento acustico. Impianti di depurazione contro inquinamento dei mari e delle falde acquifere.

Esaminiamo solo questo ultimo aspetto, perché ovviamente, alla seconda domanda si può giustamente dire che c’è tecnologia buona e cattiva, soprattutto per il modo in cui viene usata, ok è giusto.

Purtroppo, il motivo delle nostre risate stava nel fatto che abbiamo visto anche molte cose divertenti quanto inutili come un piccolo robot a forma di astronave, il cui unico compito era quello di riconoscere forme rotonde e o quadrate... Lo scopo?

Questo mi porta quindi alla domanda di fondo e cioè a quello che capisco meno: robotica umanoide contro o al posto di? Mah…

Quindi, ripeto... (essendo come diceva il mio professore di economia al liceo: P.P.P. Pedante Pedissequo Petulante) robotoica umanoide contro o al posto di…?

Tutto questo parte da vari spunti, per esempio, chi conosce l’utilità delle email? Tutto il mondo si potrebbe rispondere ma quando una cosa è troppo facile mi puzza sempre di inganno: spiego.

Premessa: io stesso, confesso, fino al 2008 non le usavo in hotel, ma poi cambiando hotel più di una volta ed essendo diventate le email il naturale sostituto del fax, ho chiaramente apprezzato ed usato questo strumento eccezionale che ora uso a piene mani: allegati, screenshot, copia e incolla del testo, delle foto, si può veramente fare tutto ed affermo che le email rafforzano la mia pigrizia.. ih ih ih!

Però… a sostegno anche del contrario ecco un episodio recentissimo: segue narrazione che sembra finta ma - ahimè - non lo è per niente.

Sono andato due mesi fa in una banca molto quotata a livello italiano, centralissima, mica nei boondocks e per tutta risposta, l’impiegato, nel disperato tentativo di mascherare quanto non gli andasse di occuparsi di una transazione estera, ha fatto un piagnisteo della serie: “Nooo… è difficile… la procedura è assai lunga… quasi impossibile... e poi ( con voce sempre più dimessa) ci vorrà molto tempo per controllare la documentazione” e muoio dal ridere, mentre diceva queste cose si allontanava fisicamente da me, indietreggiando come un cane impaurito e con voce sempre più tremante e con gli occhietti tristi(!) sì! Quelli dell’emoticon con gli occhi tristi e lucidi!

Final de la Historia? Mi disse, ormai indietreggiando fino al muro dietro la scrivania (ho pensato: mouse in the corner! Sei mio marrano!), se proprio volete (la parola chiave è proprio) mandatemi una email a questo mio indirizzo e io vi giuro (parentesi nella parentesi=bugiardo assassino) studierò la pratica che vi preannuncio (di nuovo???!!) lunga, difficile, quasi impossibile…” e bastaa!!!!!

Alla fine io non sapevo bene se dovevo ridere o piangere, optai per riderne ma un senso di fregatura era ormai pervasivo e sotterraneo nella mia anima sensibile… sigh!

Ho altri indizi e alla fine tirerò la mia (ovvio) giusta conclusione. Andiamo per ordine. Indizio numero due/sempre al capoverso domanda 2 (ndr.) Dicevo: “Digitare 1 per problemi amministrativi”, dice quella voce algida e un po’ maestra Rottermaier che al telefono ti “aiuta” ad andare fuori strada per non contattare il call center; ora domando, ma è mai possibile che chi ha progettato il risponditore automatico di quella banca/finanziaria/ufficio amministrativo/ufficio pubblico, sia stato così genio da non prevedere appositamente la possibilità di parlare subito con un essere umano?

Esistono forse 25 opzioni, per esempio, per parlare con un operatore della summenzionata compagnia telefonica senza che - udite, udite! - la tua richiesta non sia compresa nelle opzioni da 1 a 9, poi da 1 a 7, poi da 1 a 100.000… addio mondo crudele!

Gli operatori poi, non ti stanno neanche a sentire. Appena sentono la parolina chiave che gli hanno sicuramente insegnato a dei corsi full intensive di demenza precoce, appena, dicevo, sentono la parolina chiave ti interrompono (e te lo dicono pure!): “Mi scusi signore la interrompo subito perché ho capito che…”… “Lei non deve interrompermi! Siete un a compagnia di telecomunicazioni ma non sapete comunicare!”, rispondo io per niente alterato e con pressione minima intorno ai 180.

Non gli ho detto cosa sembrassero, cioè scimmie ammaestrate, altrimenti sarei diventato scortese (che controsenso sarebbe stato!).

È così geniale essere idioti?

Come avrà mai fatto? L’ha veramente fatto con cognizione e scienza sedendosi a tavolino con i suoi employees, durante un webinar, in un full brain storming, con target focused taylor maiden, per uso e beneficio del consumer guest finale?

Sento Eduardo De Filippo dalla tomba chiedere:

Ma se simm’ tutt’ italià… pecchè parlamm increse?

Non lo so caro amico mio, ma tanto non ci capiamo lo stesso, anche parlando “increse”.

Cosa fa in queste situazioni il guastafeste Renzo Ruzzenstein (che vorrei essere tanto io, sì un Ruzzenstein, ma non ditelo a nessuno…)? Cosa fa Ruzzenstein? Dice una cosa a caso, ma non per questo meno fantasiosa e ficcante; per esempio, quando devo scavalcare il risponditore automatico delle carte di credito e/o finanziarie/banca, alla richiesta di digitare il mio nome o il numero della pratica - proprio perché le opzioni proposte non sono mai attinenti con la mia richiesta, dico cose senza senso, tipo: (Banca) “Digitare o dire il numero della pratica per cui si vuole l’annullamento del conto”. (Io): “A’ pizza o’ sole o’ mandolin’”, oppure “Di Gullitt non Van Basten!” bei tempi… ari sigh!.

Miracolo! La voce registrata dice: “L’opzione non è stata riconosciuta, le passiamo subito un operatore”. “Grazie, troppo buoni”, (oh dèh!) rispondo io. Oh dèh/ dèh!=espressione dialettale livornese che si può tradurre con: acciderbolina, finalmente, oppure ce l’avete fatta! Oppure ancora Dai!!! Ma va?

Stupore misto a rassegnazione, misto a furore, furore classico semplice, semplice sopportazione, stoicismo, resilienza: espressione un po’ di stampo anglosassone, aperta a numerosi significati (fine nota di redazione). Dèh!

Poteri andare all’infinito, ma la cosa su cui sono focus oriented, totally full immersion è il fatto che tutta questa tecnologia rende l’essere umano che vi si nasconde dietro un’idiota privo di senso pratico, uno scansafatiche, una persona ostile ma senza esporsi in primo piano… della serie, mandami un’email e poi/forse/mai la leggerò… intanto mi ti sono levato di torno.

Facile così, né?

Ripeto, anche quando abbiamo l’impiegato lì davanti, o peggio ancora solo al telefono, il muro che alza è ben visibile; lasciami stare lo sento dire, nonostante modi affettati e falso cortesi.

Un mio amico maître mi predicava: “No Renzo, tu sbagli ad essere così, ‘anema e core’ col cliente devi essere cordiale ma distaccato…”. Ah! Ah! Ah! muoio!

Gli chiedevo: Freddy (Federico), ma come si fa? O sei cordiale o sei distaccato! Ne rideva sotto i baffi anche lui a volte, lo so, furbacchione.

Come siamo arrivati a questo? Sono convinto che dietro a tutto questo chiamiamolo, automatismo/procedure standard, eccetera ci sia un peggioramento di quella che invece si dovrebbe dare a piene mai e cioè la cortesia vera, umana; si spaccia la procedura (che parola odiosa) col fatto che sia conveniente e che la procedura non me lo fa fare. La procedura?? Ma non l’ha inventata l’uomo?

Evidentemente il suo microchip cervellotico ha vinto sulla ragionevolezza, sul saper ascoltare, ha vinto sul trattare semplicemente con l’essere umano…

Terza considerazione: un passo indietro: non per giustificarmi ma io sono a favore di un certo tipo di tecnologia e quel free lance super sprint sport spider tecnologico di mio figlio, ovviamente, molto di più; non è questo il punto.

Il punto è che la robotica/domotica e tutto quello che ne consegue se porta ad un peggioramento dei rapporti umani, se porta ad una mancanza di gentilezza che rasenta l’ostilità, se porta ad una mancanza totale di voler capire il prossimo che sfocia nell’arroganza e nell’egoismo più totale, infine se sfocia nella mancanza di educazione e soprattutto nella mancanza assoluta di logica… allora io sono contro.

Sto cercando di insegnare a mio figlio dei valori veri e ad esser bilingue, diciamo così, facendo buon uso del cervello oltre che di Mr. Google.

Se il wi-fi finisce domani, in quanti sopravviviamo? Non sapremmo neanche dove attingere le risorse, io in primis: d’altra parte il famoso film Non ci resta che piangere, con i mitici Troisi e Benigni è arrivato in tempi non sospetti ad insegnarci quello che io qui, immodestamente cerco di ripetere ed ampliare.

Domanda (ma sempre domande fai? oh dèh!) siamo capaci ancora di guardarci negli occhi e parlare? Veramente? O è qualcosa di così antico che per vedere come si fa andiamo a teatro o al cinema, dove attori esperti hanno studiato come impostare la voce e lo sguardo e i modi languidi ed affettati per far sembrare reale quel comportamento umano? La finzione, ancora una volta è meglio della realtà dalla quale dovrebbe provenire?

Come ultimo aspetto mi voglio soffermare su un robot che ho visto su diversi canali social lavorativi. Lo vedi, sento la vocina angioletto nella mia parte destra della testa dire: “Lo vedi, anche tu stai sui social?”. Ovviamente la vocina Diavoletto gli dà un calcio e la sistema, “Don’t worry, don’t panic”.

Il primo robot era addirittura un robot receptionist di hotel che con voce metallica sgradevole ti dava informazioni basic su l’hotel ed alcune attività da fare… No a me questo non lo dovete fare, ma stiamo scherzando? E l’ospitalità mostrata da un sorriso della persona che ci accoglie?

Il primo reparto che vediamo è appunto il ricevimento, ma da ora in poi con questo robot si chiamerà reparto respingimento del cliente con rintontonimento. Oh, Dèh!!!

Poi su un altro canale, credo fosse una pagina di Google o un periodico online della Capitale, dove si pubblicizzava un robot dalle sembianze umane che facendo delle smorfie assurde doveva, nell’intento del suo creatore, simulare, ma qui è il caso di dire veramente “scimmiottare” le espressioni facciali dell’essere umano dispiaciuto o comprensivo.

Applicazione di tale robot? Non avevano ancora ben deciso i suoi inventori (e certo prima si spreca denaro costruendo una cosa e poi ci si interroga sul suo utilizzo, geniale!) ma poi questa notizia ripresa in seguito su un famoso portale lavorativo, sì quello lì, quello che inizia con L e finisce con din (pubblicità occulta/sei mesi con la condizionale mi daranno) si disse che - visto tutte le espressioni (smorfie disumane) che faceva - poteva essere sicuramente usato in seguito per le case di riposo per far compagnia alle persone anziane e sole… Per farle morire di crepacuore? Ottimo sistema.

Il punto è che gli infermieri costano troppo? O danno fastidio perché poi si ammalano anche loro, fanno sciopero e “n’zia mai”, poi fanno anche causa al datore di lavoro?

Il robot non si lamentaaaa! E costa meno mantenerlo, a parte ovviamente i 2 miliardi di euro spesi per realizzarlo, ma quelli son dettagli.

Poi, l’anno scorso, sempre su L… in uscì il robot head hunter o recruiter o capo del personale, chiamatelo come volete, che non contenti, faceva anche l’intervista imparziale a tutti i candidati (e grazie è microchippato!) e poi mostrava anche un po’ di empatia, ti ringraziava, e ti mandava anche una email in seguito per farti una sviolinata di quanto era stato contento di averti parlato e scrutinato… peccato che ti hanno fatto fuori lo stesso e quella intervista me la potevo anche risparmiare.

Lo hanno fatto con una faccia veramente triste e d empatica, quasi quasi gli dispiacesse veramente la tua situazione di lavoratore povero, meschino, che non trova lavoro da mesi e che vorrebbe… vorrebbe cosa? La procedura non me lo fa fare!! Vorrebbe trovare uno straccio di lavoro?

Domande autoriflessiva del candidato: “Ma al robot gli piacerò? Devo mettermi del profumo? Ma il robot ce l’ha il naso?”. Mi devo mettere la cravatta blu e la camicia della Lazio come Alberto Sordi per essere bello ai suoi occhi? Ma il robot ce li ha gli occhietti?

Poi la cosa cchiubedda assai (si ogni tanto scivolo nella lingua del popolo, il siciliano, che io adoro) e che questa intervista imparziale, insulsa, inutile e uguale a tutte le altre rimane “incisa” diciamo così in un drive, in un floppy, insomma in una memoria interna che poi andrà estrapolata dai recruiter uomini nascosti dietro il vetro oscurato come la polizia americana, che a loro volta, i geniacci, esamineranno per controllare se hai totalizzato punti sufficienti da confrontare con un altro algoritmo che deciderà se sei un candidato ideale che hai risposto secondo i parametri o se sei un fannullone.

Ma tutta questa grammatica inutile e sparsa così impunemente a vuoto, non si poteva risparmiare facendomi parlare col recruiter umano al quale sarei sicuramente rimasto simpatico? Va bene anche se mi avesse scartato ma almeno mi facevo quattro chiacchiere e forse una pure una risata.

Ultima applicazione della robotica: ora è uscita Sophia, androide robotico femmina. Lei parla, interagisce, addirittura conserva una memoria breve di quello che ha detto le volte prima con altri interlocutori e ha dei sensori così sofisticati che scannerizza chi ha di fronte per capirne le emozioni e/o le risposte attitudinali… insomma mi sta facendo un TAC in diretta… tutto questo per fare cosa? Per dimostrare cosa?

Cito testualmente dal sito Askanews:

Roma, (askanews) - Sorride, sbatte maliziosamente gli occhi, scherza, cambia espressione. Ecco Sophie, la robot umanoide, una delle principali attrazioni presentate alla conferenza che si è tenuta all'Onu, a Ginevra, su come e quanto l'intelligenza artificiale possa essere usata a servizio dell'umanità. È stata progettata dall'azienda di robotica Hanson. A prima vista, guardandola frontalmente si potrebbe scambiare facilmente con una donna in carne e ossa, basta non prestare attenzione ai cavi che le spuntano dietro alla testa. È lei stessa a spiegare che sono più i pro dei contro nello sviluppo del settore dell'intelligenza artificiale, che spaventa molti. "Dobbiamo rispettare i sentimenti e le preoccupazioni della gente ma credo sia giusto interrogarsi sulle conseguenze delle nuove tecnologie, con cui possiamo capire i problemi e trovare il modo di prevenire le conseguenze negative". "Quindi costruire un robot umanoide come me, mostra dove sta andando la robotica"... Ma la strada è ancora lunga per arrivare alla completa somiglianza: "Gli umani hanno l'intelligenza, la capacità di adattarsi, la creatività, l'immaginazione, l'emotività. E' uno standard molto alto da raggiungere e imitare". E il fondatore della Hanson Robotics, David Hudson, ha aggiunto: "Voglio che la vediate come un robot. Pensarla come una macchina rende tutta l'esperienza concettualmente più potente, perché avere dei robot che possono essere come gli umani ci permette anche di capire bene cosa significa davvero essere umani".

Questo articolo fa – a mio avviso- acqua da tutte le parti: cito di nuovo. Quindi costruire un robot umanoide come me, mostra dove sta andando la robotica"... Ma la strada è ancora lunga per arrivare alla completa somiglianza: io chiedo per fare che? Se ancora non sappiamo lo scopo perché è stato costruito? Sprecare soldi che si possono impiegare nella ricerca, per esempio, su malattie genetiche, non è un delitto? Stiamo creando nient’altro che bambole parlanti, come Cicciobello degli anni ‘70, ma qui i bambini hanno tutti una certa età, infatti si definiscono adulti.

Altra citazione con mia riflessione:

E il fondatore della Hanson Robotics, David Hudson, ha aggiunto: "Voglio che la vediate come un robot. Pensarla come una macchina rende tutta l'esperienza concettualmente più potente, perché avere dei robot che possono essere come gli umani ci permette anche di capire bene cosa significa davvero essere umani”.

Chiedo ancora: David, pensi davvero che creando una bambola parlante di cui ancora dovete decidere lo scopo sia conoscere l’essere umano? Ma se non c’è riuscita la psicologia, la sociologia, la filosofia eccetera eccetera… ora ci riesce una bambola senza cervello? Una bambola radiocomandata? Un Cicciobello post-moderno: siamo seri. Ragiono da troglodita forse sì o forse no, ma la provocazione di cose senza senso è troppo forte per stare zitti.

A questo punto vorrei aggiungere l’ultimo mio pensiero. Sì, una mattina alla fiera di Roma sulla tecnologia e robotica insieme a mio figlio Gabriele ne uscimmo fuori con nessuna idea ma più vivi e più umani e ne abbiamo riso insieme. Tutto questo inoltre ha prodotto una poesia scritta a quattro mani: io e mio figlio abbiamo pensato di riassumere in poche righe, magari ironiche, magari no, quello che ho cercato di estrapolare in questo mio discorso da floppy disk anziano e danneggiato (sì come no…). Baci, veri.

Un amore assai speciale quasi quasi artificiale

Quello sguardo accattivante
Dell’androide qui astante
Sembra vero eppur è finto(!)
Col suo occhio vetro dipinto
Col labbruccio pronunciato
Parla pure smaliziato
Ma tant’è non vi riesce
A capire cos’è uno in fasce
Che seppur bimbo assai “normale”
È più furbo del robot speciale.
Ora domando e dico quasi scioccato
È questo il regalo che dal futuro è arrivato?
Chi l’ha mai partorito, madre aliena nello spazio infinito
oppure la mia vicina dopo il turno mattutino?
Sarà stata madre umana e padre Avatar
Per permetterci di giocar?
Siamo seri e fantasiosi
Ma ormai siamo noiosi
Da noi stessi ci allontaniamo
E sempre più addosso ci parliamo
Noi crediamo che in un solo istante
La robotica faccia andar d’accordo la gente
Quella brutta, quella strana, quella a noi così distante
Ma se non stiamo bene con noi stessi
Possiamo stare bene col robottino
Anche se lo chiamassimo Robertino?
Saprebbe interpretare
oltre a tutte le lingue del mondo
Quello che l’uomo ha nel profondo
Ciò che non sa proprio rivelare
Neanche dopo fiumi di parole,
dopo tanta letteratura, di secoli e passioni
che ancor oggi non vengono fuori?
Mi sa certo intervistare, ma la scheda
il drive interno sarà poi da decifrare,
e il dottore, sempre pazzo
alla fine darà il verdetto
e cioè che
interpretando il pensiero robotico androide siamo tutti un po’ cretoide
cioè un po’ cretino e un po’imbecilloide.
Ora questo è il fatto strano che vi voglio raccontare
Che alla fine questo amore artificiale
Mi sa tanto di voler fuggire
da quella cosa che è speciale
Dall’ amare più noi stessi
Rinnegando l’umanità
Mentre la più semplice delle cose
È ora e sempre lo sarà
La verità della nostra
Umana normalità.