Esistono leggende che parlano d’amore. Inizia così il discorso. E se di discorso poche chiacchere si voglia parlare in ordinato attorno ad un argomento, non sarà questo il suo luogo. Esistono momenti nei quali le sensazioni sovrastano i discorsi, e se l’ordine non fa rima con disordine, amore per certo fa rima con mare. E se del mare qui si voglia ricordarne le intenzioni, per certo l’onda porterà via le buone; la spuma resti sulle parole non dette e resti con saldezza sui sentimenti più profondi dello stesso Nettuno, e le parole si elevino a più sacre della loro stessa ispirazione.

Lettera d’amore. Martedì 21 giugno 2022

Mio caro,

stamattina, di buon’ora, passeggiavo per le strette vie iperbolanti del Castello dalle altissime guglie più noto al mondo del paese a me natio. Ho bevuto due caffè, fumato 7 sigarette. Non ho pensato, né a ragioni né a sentimenti, ho lasciato, lasciato che i pensieri fluissero fluidi lungo le fronde e reputassero intonare il canto delle balene udito il giorno prima. E se esse parvero ricordarmi la Grande Riflessione, tra senso vitale e stato delle cose, il cigno di quel castello facendo capolino tra le foglie grandi e verdi sussurrava… sussurrava d’Amore.

Inerpicandomi su, su, su, sulla prima salita sentivo sussurrare senza smettere il sacro simbolo – urdarbrunnr, urdabrunnr, urdabrunnr – e mi parve di rammentarne l’intravedimento armonico tra le onde, della polena, sorgente argentata in perfetto bilico tra mito del futuro e fecondazione del Sole con la Luna.

Amore mio i 21.600 respiri dentro me intercalano ed intrecciano sempre più da sempre e per sempre infinito il mio pensiero al tuo, alternandosi tra le visioni dei momenti delle nostre unioni terrene, che, se riuscissi a descrivere, ti racconterei che le visioni stesse e non i momenti terreni sono l’opera d’arte suprema di ogni trasfigurazione.

E nel mentre giungevo alle sommità mi parve intravedere futuro, e continuavo non pensare a nulla, continuavo a pensare al volo e all’acqua, alla grazia immacolata delle ali che penetrano nel mondo terrestre per sfiorare con fugacia delicata il mondo delle acque, e come in quello sfioramento si potesse con attenzione, ascoltarne senza eppur adoperare il senso dell’udito, il cantico delle balene. Fumai un'altra sigaretta. Mi misi a quel punto ad osservare il panorama, dal basso all’alto e dall’alto verso il basso. La percezione d’abisso e di contrasto mi rimandò con semplicità ed immediatezza alle profondità umane che, pur celandosi d’incomprensione rivelatoria, parvero illuminarne il linguaggio.

Ecco amore mio, è questo ciò che passa nei miei pensieri, e forse è l’unica maniera per svelarne i reconditi di argomenti e discorsi, dei quali gli unici che trattengo e sussurro sono: Me per te.

E non fanno rima poiché da soli non si bastano: per sempre, mi manchi, saremo, sarai, testa e cuore, star bene, catene, scappare, educazione e perdono, sensi di colpa, altri e miraggi, discorsi, domande, piaci, qui.

Ma faranno rima con turbamenti, acqua, sole, luce, flamboyante, moto del mondo, verde, bianco, ed effimero tangibile, angelo e maestro, casualità assoluta del disordine benefico e rigeneratore, sacro. Grazia.

I tuoi occhi. E ne canto la canzone.
La tua pelle, significatrice inattesa.
Il tuo profumo: desiderio irresistibile.
Tu, memoria di nuova creazione.
Abbiamo forse scritto il libro dell’Amore?

Film consigliato: 8 e ½, Federico Fellini, 1963.