Titina la magnifica

Titina la magnifica racconta e omaggia la vita di una delle maggiori protagoniste della scena italiana del ventesimo secolo: Titina De Filippo. Il testo, scritto a quattro mani da Domenico Ingenito e Francesco Saponaro, è tratto, in massima parte, dalla biografia di suo figlio Augusto Carloni: Titina De Filippo. Vita di una donna di teatro.

Ripercorre alcuni avvenimenti centrali della sua parabola artistica ed esistenziale, seguendo una linea cronologica che ci conduce dall’infanzia fino agli ultimi anni, quando, obbligata ad allontanarsi dalle scene a causa di una grave malattia al cuore, cominciò a dedicarsi alla pittura e ai collages. Attraverso una scrittura evocativa si dà voce non solo alla crescita di Titina artista, ma anche al suo privato di madre, sorella maggiore e moglie.

Un’intima stanza di memorie che ci offre la possibilità di ritrovare gli incontri straordinarî avuti dalla “magnifica attrice” con alcuni dei suoi maestri e compagni di scena: da Eduardo Scarpetta a Eduardo e Peppino De Filippo, da Totò a suo marito Pietro Carloni. Arrivare alla semplicità, all'umanità drammatica e bruciante, senza artificio ma con dignitosa aristocratica linea d’artista è cosa estremamente difficile, che esige enormi fatiche e grandi rinunce: e io non so se ci sono riuscita.

Titina De Filippo è stata un’artista dei superamenti, ben oltre la condizione di compagna e sorella d’arte. Personalità affascinante, ricca di interessi ma anche di private fratture esistenziali, ha saputo coniugare il suo sguardo indipendente a una poliedrica vivacità creativa. Si è confrontata con la nuova fisionomia assunta dalla donna contemporanea in un’intesa profonda con tutte le sue «personagge». Sin dagli esordi ha sentito la necessità di una «stanza tutta per sé» in cui sperimentare il suo particolare percorso di interprete tra teatro e cinema, di autrice di gustosi atti unici, soggetti cinematografici e sceneggiature, poesie, collage e olii.

Maestra d’arte al fianco di grandi compagni di scena, Titina è stata Filumena, ma non solo Filumena, come cercò di rammentare in quello straordinario numero di varietà in coppia con Mario Riva per Il Musichiere della Rai nel 1959.

Per raccontarla – al riparo dall’orizzonte filologico e imitativo – abbiamo scelto la tecnica compositiva dei collage a lei tanto cara, lavorando per frammenti, sketch, poesie e squarci autobiografici, in una rapsodia che tratteggia la figura di una donna-artista che ha illuminato il panorama culturale italiano del Novecento.

La donna è mobile

Nella Napoli degli anni Venti la vecchia nobiltà vive il suo crepuscolo e l’alta borghesia è in piena crisi economica dopo l’euforia borsistica d’inizio Novecento. La nobile Giulietta, rampolla di casa Sazio, aspira a un matrimonio con un uomo ricco e d’alto lignaggio. Don Ignazio, suo padre, cerca di accontentarla nei suoi capricci e la lascia giocare con i sentimenti dello squattrinato Eugenio Fiorillo, un trovatello beneficato dal barone don Ambrogio, e del ricco ma per nulla avvenente baroncino Turzi.

Giulietta, preda del suo arrivismo, cede alle lusinghe del Turzi e si prepara ad accasarsi come baronessa. Grazie ad alcune lettere ritrovate in una vecchia poltrona, Eugenio scopre di essere figlio legittimo ed erede universale di don Ambrogio. Per vendicarsi si finge il ricchissimo principe indiano Kitikuti facendo intendere alla compiaciuta Giulietta che vuole sposarla. Con l'aiuto di Ferdinando il dottore, Luisella la fruttivendola, Pascale il pescivendolo e i tre servitori Felice, Vincenzo e Salvatore, organizza una festa-beffa ai danni di Giulietta e di tutti i suoi sodali.

V’ 'a dongo comme sta ma vi dichiaro, per evitarvi grattacapi e impicci, dovrete secondare i suoi capricci, ne avit’ ‘a fa’ passa’! M’ha fatto tribula’ na vita intera, pe’ contentarla, pe’ nun ‘a senti’.

Portata in scena per la prima volta nel 1918, La donna è mobile è una commedia-parodia musicale in quattro atti.

L’azione è sorretta e arricchita da monologhi, duetti e terzetti musicati e cantati, presentati come parodie di famose arie di opera lirica. Il panorama musicale dell'Ottocento romantico viene ampiamente rivisitato grazie alla riscrittura comico-grottesca e alla rielaborazione dei testi. Si tratta di un’originale e particolare tessitura musical-drammaturgica che, pur partendo dai canoni del tradizionale stile scarpettiano, si distingue per l’impianto fortemente corale.

Qui la commedia dialettale incontra la parodia dell’opera lirica, grazie alla capacità dell’autore di attraversare diversi registri e canoni essenziali della tradizione teatrale napoletana del tempo. Si va da Rigoletto e Traviata di Verdi a Cavalleria rusticana di Mascagni, da Guglielmo Tell di Rossini alla Bohème di Puccini. Non mancano deliziose citazioni dell’operetta e rielaborazioni parodiche di grandi successi di inizio Novecento per finire con marce e balletti composti dallo stesso Vincenzo Scarpetta.