Questo è un po' il punto.

Pensiamo, crediamo di sapere cosa pensiamo, ma in realtà non è così. Non precisamente, per dirla meglio.

Fondamentalmente quello che pensiamo è una narrazione che il nostro cervello ci racconta. Certo, il nostro cervello è una macchina straordinaria, sarebbe folle non definirlo come uno dei più straordinari (se non il più straordinario) organo che la natura abbia mai generato, e non sto dicendo che mente ma… tira a indovinare molto più spesso di quanto non ci faccia piacere credere.

E ha bisogno di coerenza, quindi farà del suo meglio per collegare le informazioni che riceve per completare la visione del mondo che ha già. Ecco perché le fake news funzionano così bene, ecco perché è così difficile cambiare idea su certi argomenti.

Significherebbe essere in contraddizione con quello che pensavamo prima: si chiama dissonanza cognitiva e noi la detestiamo.

C’è un esperimento molto interessante a questo soggetto condotto da Michael Gazzaniga sui pazienti che hanno subito un intervento di sezionamento del corpo calloso che normalmente unisce i nostri due emisferi. Eccolo qui sintetizzato in un estratto del libro di Albert Moukheiber Votre Cerveau vous joue des tours:

Bisogna tenere in considerazione che il linguaggio è una funzione lateralizzata del cervello e che l’informazione ricevuta dall’occhio sinistro viene elaborata dall’emisfero destro e viceversa.

Michael Gazzaniga ha chiesto a dei pazienti che erano stati sottoposti all’operazione di coprire l’occhio sinistro (l’occhio che non ha accesso alla funzione linguaggio) e di guardare un’immagine con il solo occhio destro. Quando interrogati su quanto vedono, i pazienti non hanno nessuna difficolta a rispondere.

Gazzaniga presenta loro in seguito una nuova immagine e domanda loro di guardarla con l’occhio sinistro (legato all’emisfero destro del cervello, sprovvisto del linguaggio). I pazienti non arrivano a enunciare quello che vedono. Gazzaniga domanda allora loro di disegnare quest’immagine: mentre essi non arrivavano a verbalizzare quello che avevano visto, sono capaci di farne un disegno!

“Gazzaniga è andato ancora più lontano sviluppando un nuovo protocollo sperimentale – e qui comincia la parte davvero interessante per noi – “come nell’esperienza precedente, mostra delle immagini a un paziente con l’occhio sinistro coperto. Dopo avergli mostrato una prima immagine che rappresenta una zampa di gallina, Gazzaniga gli domanda di scegliere tra più foto quella che corrisponde al meglio a ciò che ha appena visto. Il paziente punta il dito sulla foto di una gallina. Interrogato sul motivo della sua scelta, il paziente risponde di aver scelto la gallina perché nella prima immagine aveva visto una sua zampa.

Si ripete l’esperimento, questa volta guardando con l’occhio sinistro (l’occhio che non ha accesso alla funzione “linguaggio”. Questa volta viene mostrata l’immagine di una casa sotto la neve. Tra le foto che vengono in seguito mostrate al paziente tra cui scegliere, egli sceglie giustamente una pala da neve. Ma quando deve spiegare il perché della sua scelta le cose si complicano; non risponde “perché ho appena visto una casa sotto la neve” e non dice neanche che non lo sa, ma risponde “Hmmmm, la pala è per pulire il pollaio”.

Ecco un caso di confabulazione estrema: il paziente arriva a inventare una ragione per giustificare a posteriori la sua scelta pur di conservare la sua coerenza”.

Ci piace capire, ci piace la coerenza, ci piace così tanto che a volte rinunciamo a capire bene la realtà per dedicarci alla narrazione che ci appartiene.

Non fraintendetemi: per lo più, è per il meglio. Ci aiuta nella navigazione quotidiana della vita. Ma a volte, come tutto ciò di cui non ci rendiamo conto, può portarci a prendere posizioni assurde, e a fare di tutto per giustificare ciò che abbiamo fatto.

Suona familiare?