Correva l’anno del Signore 2015. Alcuni di voi si ricorderanno bene dell’episodio, visto che se ne parlò molto sui media italiani del periodo: la notizia riguardava una presunta risposta negativa da parte del corpo docenti dell’Istituto Poliziano, infanzia e primaria Matteotti e secondaria Poliziano di Firenze, alla proposta di far visitare ai propri allievi la mostra di Palazzo Strozzi intitolata Bellezza Divina, che presentava al pubblico splendide tele di grandi artisti del passato, da Chagall (tra cui la Crocifissione Bianca, una tra le opere preferite di Papa Francesco) a Van Gogh, da Munch a Picasso, da Matisse a tanti altri maestri. I media e i social montarono un caso che divenne nazionale in pochi giorni: la motivazione di tale rifiuto fu motivata dall’atteggiamento iperprotettivo della scuola stessa nei confronti degli studenti provenienti da famiglie mussulmane che si sarebbero sentite non rispettate, dato il carattere religioso/cattolico di tali opere.

I dipinti in mostra, come è facile desumere dal titolo, erano tutti accomunati da un’intensa spiritualità caratterizzata dalla più ampia espressività stilistica possibile, al punto di portare lo spettatore a sfiorare il concetto del Sacro. L’arte, la vera arte, in effetti questo lo sa fare; anzi, si potrebbe dire che subito dopo l’indescrivibile esperienza mistica, l’arte sia l’unico vero medium che ci permette di rasentare l’infinito, di percepire il divino.

La querelle politica tradizionalista e populista del periodo, affamata di voti, trovò così nuova linfa per continuare ulteriormente nella propria furba operazione di conversione delle masse attraverso la diffusione di una notizia che provocava rabbia sia nei confronti della comunità mussulmana sia nei confronti del “politically correct”, del laicismo radical chic che si inchinava al rozzo straniero. “Vengono qui, che si adeguino alle nostre tradizioni!”, “Non siamo neanche più liberi di andare ad una mostra!”: queste erano le frasi tipiche di quel periodo ante Covid-19, dopo il quale la rabbia ebbe modo di continuare a sfogarsi spostando il proprio obiettivo dalla religione e dalla razza alla scienza e alla medicina.

Chiaramente la notizia nella sua vera forma fu data solo a posteriori, quando ormai l’imbarcata di nuovi voti basati sull’indignazione e sulla collera sociale era stata presa e raccolta da chi di dovere. Il corpo docente, dopo aver visitato preliminarmente la mostra di Palazzo Strozzi, aveva deciso semplicemente di preferire la visita al Museo del ‘900, più attinente alle attività di studio delle varie classi coinvolte. I ragazzi, quindi, avrebbero visto comunque le opere d’arte di grandi maestri, comunque anche quelle pregne di spiritualità ma non solo quelle, in una varietà più adatta e aperta e in coerenza agli studi in corso. Semplice. Quasi banale direi. Eppure…

Eppure l’uso di fake per fomentare le piazze è stata ed è tutt’ora la strategia di marketing più utilizzata da molte forze politiche, quelle che non guardano al futuro ma che vogliono ingigantirsi e in breve tempo subito, a forza di social e sondaggi quotidiani. Le masse, sempre più lontane dal mondo della cultura e della conoscenza, ormai si indignano prima ancora di informarsi. L’eventuale approfondimento viene svolto prevalentemente attraverso media già di parte, spesso finanziate dagli stessi movimenti politici. Il corto circuito è completo.

E l’arte, alla fine, che ruolo ha in tutto questo? Ormai, nella stragrande parte dei casi, l’arte è utilizzata solo come pretesto per provocare pruriti di pancia e senso dello scandalo.

Non è un fenomeno nuovo, anzi, è primordiale e l’arte è in buona compagnia, assieme alla religione, all’economia, alla scienza.

L’arte è inversamente proporzionale al pregiudizio. È per questo che l’arte, in questo periodo storico, se non è morta è gravemente malata; ma non è detta l’ultima parola…