Dopo aver conseguito il Diploma d'infermiera (diploma equipollente alla laurea in Scienze Infermieristiche), ha lavorato presso studi privati e successivamente, assunta presso l’ospedale S. Carlo di Milano, ha prestato servizio nei reparti di Pediatria, Ematologia, Cardiologia; durante l’emergenza Covid è stata assegnata al reparto Pneumocovid.

La sua formazione si è negli anni arricchita con corsi ed esperienze di medicina cinese ed olistica, che le hanno permesso di integrare la cultura scientifica ufficiale, per un’assistenza più condivisa e partecipata verso il paziente.

Oggi, lavoro come infermiera, spesso seguo gli studenti ed onestamente sono molto stanca ed in crisi verso questo mio lavoro. La scrittura è sempre stata la mia passione, così come creare, essere curiosa. Ho sempre avuto l'entusiasmo del fare, del disegnare, scrivere. Scrivere, seppur sempre criticata in questa mia vena è sempre stata la mia passione ma troppo spesso messa a tacere, e pensare che avrei voluto farla diventare, oltre che una passione, un lavoro.

Altra esperienza molto importante è statala mia collaborazione alla Croce Bianca Vialba. Prima come centralinista, poi con anni di volontariato in ambulanza. In ambulanza ci sono salita a 18anni, era forte dentro me questa voglia di aiutare gli altri, anche se ero al corrente che avrei vissuto di tutto... e così fu per 10anni con interventi simpatici, drammatici, pericolosi, tutti nella loro singolarità formativi e di crescita.

Nel mondo della Medicina Tradizionale Cinese ci sono entrata nel tempo, dopo una serie di eventi che mi hanno portata ad avvicinarmi ad essa progettando, creando, tirando fuori poi il mio talento del disegno e della scrittura, il canalizzare, l'essere parte di un bellissimo gruppo di scrittura ispirata.

Il mio grazie, per aver tirato fuori il mio talento va anche alle mie maestre di erboristeria ed insegnanti di shiatsu, reiki e scrittura ispirata. Nel tempo ho contattato qualche casa editrice a cui sottoponevo le mie opere, a volte poesie, a volter brevi racconti d'insegnamento, piacevo spesso ma chiedevano molto denaro per la pubblicazione; la soddisfazione più grande è stata il parere di un paio di critici. Da un paio d'anni creo t-shirt sviluppando l'idea dei ''DISE-messaggi": t-shirt ispirate che passano messaggi o comunque che ''parlano''.

Per sviluppare il mio talento di scrittura e disegno, faccio parte di un gruppo che si chiama l'Emozionario, creato da una collega infermiera, con l'intento di creare un nuovo dizionario delle emozioni. Siamo un piccolo numero di infermiere che cercano di creare il nuovo in merito alle emozioni, alla gentilezza, in questo mondo così poco empatico e ammalato. Gruppo, tra l'altro, che ha già creato e realizzato libri e ascolti. Seguo i maestri della mia erboristeria, e spesso mi faccio trattare per ripulirmi, con trattamenti esseni egizi, colloqui e pulizia dei chakra, pratico il reiki, la meditazione, e attraverso i disegni mi esprimo. Poche settimane fa, ho avuto l'occasione di esporre i miei disegni alla presentazione del libro Il guaritore infetto di Nadia Muscialini, mia cara amica nonché psicoanalista.

L'alternativa del disegno mi ha portata a cambiare visione e vibrazione, non ho il dono della sintesi, ma soprattutto in merito alla scrittura, sono un po' arrugginita, allora ho dato più spazio al disegno perchè noto con dispiacere che scrivere è stupendo ma troppo spesso si è attaccati. Disegnare, fa passare messaggi che nessuno si permette di criticare. Amo acquisire nuove consapevolezze attraverso incontri costruttivi che fanno crescere. Il tutto usando sempre le emozioni, l'entusiasmo, perché è vivere.

Quali esperienze di vita e di cultura l'hanno portata a scegliere la professione e la vita di infermiera?

Ho scelto la vita di infermiera e questa professione, dopo una serie di eventi. Ho vissuto la malattia dei miei nonni, con alcuni di loro ero troppo piccola per essere d'aiuto, mentre con l'ultima nonna abbastanza grande per poter essere in grado di esser accanto a lei all'ultimo suo respiro.

L'impotenza, il non essere stata in grado di aiutare i nonni come avrei voluto, mi hanno portata a scegliere il volontariato in ambulanza, e la strada infermieristica. Inizialmente mi ero iscritta alla facoltà di Psicologia, poi, per questioni personali, ho optato per infermieristica. La scelta culturale è legata ai valori di vita e familiari. Provengo da una famiglia dove vige l'insieme, l'esserci, l'aiuto reciproco. I miei nonni hanno vissuto con noi anche nella malattia.

Il suo mantra è questa frase di Hermann Hesse: "Non esiste alcun dovere della vita, vi è solo il dovere di esser felici".

Nella vita, ahimè, esistono consuetudini, e regole, se non ci fossero sarebbe una grande giungla, dove ognuno fa ciò che gli passa per la testa, l'uomo vive di mente critica ed egoismi, questo pone le fondamenta per le regole, essere felici non dev'essere un dovere ma uno stile di vita, la felicità l'essere umano difficilmente la vede o la decanta.

L'uomo in generale non è in grado di essere felice anche se possiede gli strumenti giusti, la gente è arrabbiata perchè non si ferma più ad ammirare nulla, io tutto questo lo concilio nel mio lavoro, apprezzando quando un paziente mi sorride, o un mio lavoro per lui lo ha fatto rinascere, e quando il paziente mi dice, quando c’è lei io sto bene, ecco questa è la felicità.

È appassionata di culture orientali. Quanto hanno contribuito a dare un senso alla sua vita e alla sua professione?

Da anni ormai seguo le discipline alternative, vissute in primis sulla mia persona, in momenti critici, discipline che rifiutavo, poi con il tempo ho apprezzato, seguendo corsi. Le persone giuste ed i giusti incontri, nella mia professione mi aiutano a mantenere uno stato mentale calmo, a vedere sempre il lato costruttivo di qualcosa, a far mantenere la calma al paziente che bene non sta, queste discipline aiutano a far tacere la mente, sì quella mente critica che fa solo danni.

Lo so, sono un pesce fuor d'acqua e spesso sono vista in modo strano, ma non è un mio problema: sono operatrice olistica, shiatsuca e reikista, ho frequentato accademie di shiatsu per tre anni, frequento l'erboristeria all'interno della quale si svolgono in tempi non virus meditazioni e discipline inerenti al mio percorso.

Nel periodo Covid, tali discipline mi hanno aiutata a smetterla di essere forte ma a buttare fuori le mie debolezze ed affrontarle con più serenità, spessissimo mostriamo d'essere forti, arrivare a tutto non dire mai di no, sbagliato, occorre dire.

È stata in prima linea, nell'ospedale San Carlo durante l'emergenza Covid e ha scritto: "La vita da un momento all'altro può venire stravolta... c’è bisogno di andare oltre e di trovare il bello”.

Sì, la vita da un momento all'altro prende o può prendere pieghe differenti, ed in ogni occasione ed evento occorre trovare il lato positivo d'insegnamento, certo siamo umani ed uno sconvolgimento ci traumatizza, possiamo e dobbiamo disperarci ma è pur vero che se continuiamo a disperarci cosa risolviamo? Un po' come aver un problema e sbattere di continuo la testa contro al muro, ci si fa male e basta. Ogni evento così come questo del virus dà una lezione, io nei reparti Covid ho lavorato per breve tempo, poi ho vissuto il tutto dal mio reparto di appartenenza, e dai miei parenti ammalati, e da me stessa ammalata così come i miei, mio padre, per esempio.

Cosa ho visto ed imparato? Che nulla è scontato, per esempio, il piccolo gesto di far bere il paziente dall’oblò del casco, o il semplice tirar su di morale, quando proprio non sarebbe il caso, ho imparato che ciò che abbiamo va apprezzato ma molto spesso diamo tutto per scontato, io non scarto più nulla.

Ha notato che se da una parte il virus ha stimolato la solidarietà, dall'altra ha tirato fuori anche cattiverie ed egoismi.

Il virus per ciò che ho visto io e vedo, ha tirato fuori la cattiveria ed il virus è semplicemente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ha esasperato le debolezze mentali già insite in alcuni esseri umani, ha sottolineato l'egoismo non quello sano. Poca solidarietà questo è quello che ho visto io, ho visto solo tornaconti, ho visto tanta chiusura come se alcuni aspettassero questo momento storico per chiudersi in recinti, recinti già prefabbricati in tempi non sospetti, il Covid ha dato una mano alla demolizione dell'essere umano anziché migliorarlo, così come accade nelle guerre. Ma in ogni caso, piccoli grandi gesti umani hanno illuminato e questo mi dà ancora fiducia nell'essere umano.

In un ospedale esiste una scala gerarchica e la convivenza tra donne e uomini: in base alla sua esperienza, i medici fanno pesare la loro posizione sugli infermieri e, in particolare, sulle infermiere e si riscontrano atteggiamenti maschilisti.

In ospedale si lavoro in gruppi, in equipe, non vedo mai atteggiamenti maschilisti, almeno io non li ho mai incontrati, ciò che si vede tutt'oggi è la gerarchia. Tra i medici più anziani a volte capita d'incontrare chi mette in evidenza il fatto d'essere il medico e tu nessuno, tra le nuove leve, ma anche tra i vecchi c’è chi non la pensa proprio così... il ruolo esiste ma vedo anche tanta collaborazione.

Non eroi, ma esseri umani, forse poco riconosciuti... "dopo tante belle parole c’è stato qualche concreto provvedimento?

Infermieri eroi, infermieri poverini, infermieri questi sconosciuti, orribile l'aggressione verso noi infermieri, orribile ricevere insulti o essere additati come untori. Infermieri solcati dal dolore, dalla fatica, visti come mostri anziché' persone a cui tendere una mano che a loro volta servivano la loro mano a chi veniva colpito dal virus, l'egoismo l'ha fatta da padrone per la serie ''vita mia-morte tua''. Il Covid non ha cambiato nulla né umanamente né materialmente, riconoscimenti pochi, tanti bla bla bla ma nulla è cambiato e preferisco non aggiungere altro.

Durante la pandemia ha tenuto un intenso diario di bordo, come le è venuta l'idea e che effetto le fa rileggerlo ora?

L'idea del diario di bordo non nasce nell'immediato, ma dopo qualche giorno essere stata spostata in Pneumocovid. Io non volevo andarci ero disperata, ho pianto, avevo il terrore. Da sempre impaurita da virus e batteri dinnanzi a questo grande virus sono scoppiata. Ho deciso in quei giorni che non dovevo essere per forza forte, per forza dire di sì, in quei giorni di turbinio di emozioni e stati d'animo ho aperto la porta alle mie debolezze e sentivo il bisogno di scriverle come insegnamento a chi avrebbe letto, condivisione, far capire al mondo... ovvio, aprirsi comporta critiche, giudizi ma non mi è importato, ho scritto, ho detto, ho buttato fuori il mio dentro, ad oggi quando rileggo provo pesantezza per quei giorni, un po' la mia pesantezza intesa come sensazione di fastidio e stanchezza, paura, ci ritrovo non uno spreco di energie ma un grande diario magico carico di crescita, insegnamento verso me stessa e consapevolezza di ciò che sono, anche nella mia debolezza, un diario di bordo tipo emozionario. Non l’ho mai più riletto, almeno per ora non me la sento.

Pratica meditazione: quali spazi possibili all'interno dell'ospedale e all'esterno, per momenti di raccoglimento?

Ahimè, l’attenzione verso le emozioni, gli stati d'animo in ospedale ci sono ma sono rari e pochi, all'interno del mio ospedale praticare meditazione si potrebbe, così come spazi emozionari, per migliorare la qualità degli operatori... ma difficile l’ascolto in tal senso.

Ha scritto: "Abbiamo chiuso tutte le porte di casa e abbiamo iniziato a camminare, a piedi nudi, con il cuore in mano". "Milan cont el coer in man” è un'espressione meneghina che sta ad indicare la proverbiale generosità della città: in che modo l'ambiente, gli incontri e le esperienze milanesi hanno contribuito alla sua formazione umana e professionale?

Mi sento fortunata perchè in tutto questo periodo, pur nell'esagerazione del dolore, della stanchezza, ho incontrato persone fantastiche, la pandemia mi ha fatto conoscere Nadia Muscialini, mi ha fatto incontrare le ragazze dell'Emozionario, e una donna speciale che pratica groove, ho incrociato persone libere dalla mente ipercritica, con loro non c’è mai stato uno spreco di energie ma affidamento e ricarica, come se l'universo ad un tratto decide di farti un dono seppur nella stanchezza generale. La tecnologia ha aiutato in tutto questo... le lezioni groove attraverso Zoom, le chiacchierate con Nadia, gli scambi con i nuovi incontri di cuore, il rafforzarsi di alcuni rapporti e l'aiuto dato dalla mia naturopata e dalla speciale Cristina, la mia guida spirituale terrena: questi incontri mi hanno dato la carica per andare avanti pur senza più stimoli professionali, tanta stanchezza, ma si sa che:

Uno più uno fa uno più grande.

(Alberto Ferrarini)