Il continuo sviluppo dei mezzi di informazione, che dovrebbe portare, come di fatto ha portato, grandi benefici all’umanità, rappresenta anche una maggiore sicurezza per il mondo intero? Questa domanda, che è normale porsi, suscita perplessità e preoccupazioni che mi hanno spinto ad esporre alcune riflessioni sui punti principali dell’iter attuato a livello internazionale sulla “società dell’informazione” e sulla pericolosità derivante dal controllo delle informazioni a livello mondiale solo da parte di alcuni soggetti, che potrebbero boccare lo sviluppo economico di interi Paesi.

Assemblea Generale dell’ONU del 14-16 settembre 2005

L’importante vertice mondiale delle Nazioni Unite del settembre 2005 ha dato il concreto avvio alle attività per le necessarie valutazioni dello sviluppo della “società dell’informazione”, facendo seguito al precedente vertice mondiale organizzato nel dicembre del 2003 dall'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (UIT) sullo stesso argomento ed avente come principale obiettivo quello di sviluppare una visione e una comprensione, comune a tutti i popoli, degli aspetti legati all'evoluzione della società dell'informazione, concertando assieme un piano d'azione per uno sviluppo equilibrato.

Tra le affermazioni più importanti riportate nel documento finale del sopracitato Summit del settembre 2005, evidenzio la seguente:

Riaffermiamo quindi il nostro impegno a lavorare verso una dottrina di sicurezza comune, basata sul riconoscimento che molte minacce sono interconnesse, che lo sviluppo, la pace, la sicurezza e i diritti umani sono interdipendenti, che nessuno Stato può proteggersi contando solo su sé stesso e che tutti gli Stati hanno bisogno di un sistema di sicurezza collettiva efficace e attivo, in conformità con gli scopi e i principi della Carta.

È stata cioè messa in risalto l’assoluta necessità della ricerca e attuazione di una gestione comune, da parte di tutti gli Stati, del potente strumento delle nuove tecnologie informatiche, poiché, com’è ben noto, l’uso di uno strumento e quindi i risultati che con esso possono essere raggiunti dipendono soprattutto da chi e da come esso viene utilizzato. Ricordo il noto esempio del bisturi che da strumento di vita, in mano ad un chirurgo, può diventare strumento di morte in mano ad un assassino.

Il summit mondiale di Tunisi del novembre 2005

Appena due mesi dopo si tenne a Tunisi la seconda fase del “Summit Mondiale sulla Società dell’Informazione (SMSI) organizzato dall’ONU (16-18 novembre 2005), la cui prima fase, che si era tenuta a Ginevra nel dicembre 2003, aveva avuto come obiettivo la ricerca, l’approfondimento e lo sviluppo di quanto necessario per la migliore comprensione comune degli aspetti legati all'evoluzione della società dell'informazione, al fine di adottare un piano di azione comune tra tutti i popoli, cercando di comprendere gli aspetti positivi e i potenziali pericoli che erano legati all’uso di Internet.

L’accesso a Internet è stato inizialmente osteggiato da alcuni Paesi con governo di natura dittatoriale, perché temevano il diffondersi incontrollato dell’opposizione politica al regime. Col tempo, quasi tutti i Paesi, coscienti delle potenzialità del nuovo mezzo di comunicazione e delle grandi opportunità che offriva (in primo luogo commerciali e finanziarie), hanno poi dato impulso all’uso della rete informatica controllando direttamente i propri provider nazionali.

Nell’occasione del summit di Tunisi ho avuto il piacere di dare il mio modestissimo contributo partecipando alle attività parallele a quelle governative su invito ufficiale che mi fu fatto da una importante struttura associativa tunisina partecipata da alte personalità politiche e imprenditoriali e da un ministro tunisino e avallata dallo stesso governo.

Il risultato di quel summit, con la partecipazione di oltre 25.000 persone, oltre il doppio dei partecipanti al precedente summit di Ginevra, è stato clamoroso. La macchina governativa ha funzionato perfettamente e non si sono registrati disordini pur con la contestuale presenza di Paesi tra essi in stato di alta conflittualità come, ad esempio, Israele e Palestina.

Ho relazionato sull’argomento L'informatica: mezzo sinergico per la pace mediterranea e in quell’occasione, che vedeva presenti per la prima volta a un summit mondiale forze sociali assieme ai governanti, mi è sembrato opportuno evidenziare qualche breve riflessione sulla ancora mancata pace tra alcuni dei popoli uniti dal Mediterraneo, che non mi sembrava essere supportata da una ragionevole motivazione e, tra l’altro, così descrivevo:

Mi piace rappresentare la “Pace nel Mediterraneo” come un grande mosaico costituito da una miriade di tessere. Ogni persona ha il diritto e il dovere di partecipare e mettere una di queste tessere, per comporre il mosaico, in funzione della propria cultura, della propria religione, della propria disponibilità economica, della propria libertà a potersi esprimere.

È evidente che l’avvento di Internet avrebbe potuto accelerare la costruzione di questo grande mosaico simbolico della pace, con la riduzione delle diseguaglianze economiche tra i popoli, soprattutto se confinanti, attraverso la concretizzazione di attività commerciali. Poiché, quando tra popoli limitrofi ci sono eccessive disparità socio-economiche, difficilmente si potrà sperare in una loro pace duratura.

Ho cercato nel mio breve intervento di evidenziare come l’accesso alle informazioni possa influire sul miglioramento della conoscenza e della comprensione tra le popolazioni, facendo prevalere la comprensione sulla tolleranza. La tolleranza, infatti, lascia sempre dietro di sé un senso di accettazione, quasi forzata, mentre la comprensione porta ad una reciproca accettazione con un più facile sviluppo di valori affettivi e di sentimenti di reciproca stima.

Il summit ha assunto una grande importanza anche per la copiosa partecipazione di associazioni e Organizzazioni non governative (ONG) che, come riferito in quell’occasione dal Ministro tunisino Mlika, “possono giocare un ruolo di motori di sviluppo e di progresso dando l'esempio in quanto vettori portatori di idee generose e perché esse sono capaci, provocando un effetto di impulso per la concretizzazione di progetti specifici, di suscitare delle ragioni e di mobilitare delle energie nell'insieme della società, anche nelle parti vicine ai poteri pubblici.”

Agenda di Tunisi per la società dell'informazione

L’innovazione portata dal summit di Ginevra e successivamente da quello di Tunisi non è stata solo la partecipazione diretta, per la prima volta, ad un summit mondiale della società civile e del settore privato, ma soprattutto la sottoscrizione della “Agenda de Tunis pour la société de l'information”, che ha dato il via in maniera concreta alle azioni per la diffusione controllata di Internet e per il suo corretto uso e nella cui introduzione è così scritto:

  1. Riconosciamo che è giunto il momento di passare dai principi all'azione, tenendo conto del lavoro in corso per attuare il piano d'azione di Ginevra e identificando le aree in cui i progressi sono stati fatti, sono in corso o non si sono ancora verificati.
  2. Vogliamo riaffermare gli impegni presi a Ginevra e costruire su di essi qui a Tunisi, concentrandoci sui meccanismi di finanziamento per ridurre il divario digitale, sulla governance di Internet e le questioni correlate, e sul follow-up e l'attuazione delle decisioni di Ginevra e Tunisi.

La prima parte dell’Agenda è dedicata ai “Meccanismi di finanziamento per affrontare la sfida che presenta l'applicazione delle TIC1 (Tecniche Informatiche per la Comunicazione) a servizio dello sviluppo”. La seconda parte è dedicata alla “Governance di Internet”.

Nella seconda parte tra l’altro si legge:

Ci impegniamo a utilizzare le TIC come strumenti per raggiungere obiettivi di sviluppo concordati a livello internazionale, compresi gli obiettivi di sviluppo del millennio:

a) integrando e armonizzando le cyber strategie nazionali, con scadenze, nei piani d'azione locali, nazionali e regionali, come appropriato, e in linea con le priorità di sviluppo nazionali e locali;
b) elaborando e mettendo in opera lo sviluppo e l'attuazione di politiche favorevoli che tengano conto della realtà di ogni paese e incoraggino la creazione di un ambiente internazionale favorevole, l'investimento diretto estero e la mobilitazione di risorse interne per promuovere e stimolare l'imprenditorialità, in particolare a livello di piccole, medie e micro imprese, tenendo conto del mercato e del contesto culturale di questi Paesi.

Ai media viene richiesto di dimostrare responsabilità nell'uso e nel trattamento delle informazioni secondo i più alti standard etici e professionali e di ridurre le disparità tra le loro organizzazioni a livello internazionale, con particolare riferimento alle infrastrutture, alle risorse tecniche e allo sviluppo delle competenze umane. È altresì evidenziata l'importanza di combattere il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni su Internet, soprattutto quando esso serve per diffondere la paura e il panico nella popolazione tentando di destabilizzare l’ordine e la sicurezza pubblica, per ragioni politiche, ideologiche o religiose.

Nella terza parte dedicata a “Attuazione e monitoraggio”, cioè alla realizzazione concreta delle procedure per una corretta gestione e monitoraggio dei processi legati a Internet, si riconosce che l’uso delle nuove tecnologie informatiche potrà concorrere alla riduzione della povertà e a colmare il divario digitale nei paesi in via di sviluppo in modo sostenibile.

Purtroppo nell’Agenda non è chiaramente evidenziato il reale pericolo che, parimenti ai benefici, si potrà avere dall’uso indiscriminato di Internet quando manca una gestione dello stesso comune a tutti i popoli.

In tal caso, dal nobile obiettivo della gestione di un sistema di riequilibrio mondiale per ridurre il divario economico esistente tra i popoli si potrà passare velocemente ad un sistema di controllo di alcuni Paesi da parte di altri, mantenendo lontano l’obiettivo di una pace duratura.

Non mi sembra che si evinca altresì il potenziale pericolo derivante dalla eventuale scorretta gestione di Internet da parte delle principali strutture di informatica a livello mondiale, mentre è richiamato il problema del terrorismo, a prosecuzione di quanto era stato già evidenziato sullo stesso tema dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del settembre 2005 al punto “Scienza e tecnologia al servizio dello sviluppo”.

Col summit di Tunisi, in definitiva, si è dato il via principalmente alle necessarie azioni internazionali per la riduzione del gap digitale globale inteso come gap economico, riferito alle differenti possibilità di accesso a Internet da parte dei Paesi più o meno sviluppati, e come gap sociale per ridurre le diseguaglianze esistenti all’interno di un Paese.

Le chiavi dell’informazione

Ogni popolo, ogni società, ogni individuo sentono sempre più pressante la necessità di attingere a maggiori fonti di conoscenza del mondo intero, senza le quali lo sviluppo è certamente ridotto e limitato.

La conoscenza innesca un meccanismo di autoesaltazione della stessa: più si conosce e più si desidera conoscere e per raggiungere un alto livello di conoscenza occorre possedere le chiavi di accesso ai mezzi dell'informazione (hardware e software), ma per diventare un patrimonio comune essa deve essere accessibile con gli stessi mezzi da parte di tutti i popoli. Non è accettabile che l'accesso alla conoscenza venga limitato dal suo costo, a volte non sostenibile da Paesi poveri e a tale scopo dall’Agenda di Tunisi è iniziata l’erogazione di finanziamenti, in varie forme, per attrezzare con gli strumenti dell’informazione anche popolazioni che non hanno sufficienti risorse economiche.

Ciò però non rende il mondo più sicuro, ma solo più informato, perché da un lato si crea una dipendenza sempre maggiore dai sistemi informatici e dunque una maggiore informazione generale, dall’altro si crea un assoluto controllo della conoscenza da parte di chi tiene il controllo delle reti di diffusione della stessa.

Quindi, si rende indispensabile che il "controllo delle chiavi" non venga lasciato in mani private, né di singoli Paesi, ma diventi patrimonio di tutti i Paesi riuniti, altrimenti occorre avere chiaro il noto principio che "chi possiede le chiavi dell'informazione ha le chiavi del mondo".

In qualunque momento il mondo intero, che è ormai dipendente da questi moderni mezzi, potrebbe essere bloccato in tutte le sue attività. Attualmente i grandi server a livello mondiale, le casseforti che custodiscono dati aperti e riservati di tutto il mondo, sia a livello politico, che economico, sono nel controllo assoluto di poche mani esperte appartenenti a pochi grandi Paesi.

La sovranità tecnologica europea

L’argomento sulla società dell’informazione, sui risultati del vertice mondiale delle Nazioni Unite del settembre 2005, è stato a suo tempo ripreso dal Parlamento europeo con la risoluzione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 227 della C.E. del 21/09/2006 nella quale:

  • è sottoscritta pienamente la chiara condanna del terrorismo da parte del succitato Vertice mondiale;
  • è evidenziato che l'assenza di un accordo su una definizione generale di terrorismo costituisce un grave passo falso;
  • e, infine, è rivolto un invito agli Stati membri delle Nazioni Unite a porvi rimedio senza indugio.

Successivamente venne poi dato un grande impulso in tutto il mondo alla lotta al terrorismo attraverso l’inibizione all’accesso a siti sospetti e alla chiusura di quelli chiaramente di matrice terroristica.

L’Europa ha attualmente in corso di adozione un “Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla lotta alla diffusione di contenuti terroristici online”.

È opportuno evidenziare che, nella lotta al terrorismo, l’informazione è lo stesso strumento che è utilizzato dai terroristi e da quelli che lottano il terrorismo. Grazie all’informatica il terrorismo è diventato di grande imprevedibilità e pericolosità, ma grazie alla stessa informatica si può sperare di debellarlo. Ciò significa che, qualunque sia il livello di diffusione dei mezzi informatici, occorre che i Governi dei Paesi ne possano avere sempre un controllo. Nello stesso tempo è indispensabile che i diversi Paesi possano armonizzare l’uso delle tecnologie informatiche attraverso una facile accessibilità da parte di tutti i Paesi sia alle moderne attrezzature, sia ai complicati software che gestiscono l’informazione mondiale.

Nel 2018 Thierry Breton, allora PDG di Atos2 e oggi Commissario Europeo per il Mercato Interno, in un’intervista video rilasciata a Bertille Bayart et Jacques-Olivier Martin e pubblicata il 6 aprile su Tech & Web di “lefigaro.fr”, in relazione alla necessità che l’Europa rafforzi le sue tecnologie informatiche per essere indipendente dalle altre potenze mondiali, ha così espresso il suo pensiero:

Abbiamo le competenze e la formazione in Francia. Ma le risorse da mobilitare sono tali che non può esserci che una risposta europea. Chi sono i principali attori dell'intelligenza artificiale? Stati Uniti, Cina e Giappone. I primi due, in particolare, hanno due vantaggi essenziali: sono mercati unificati per i dati e controllano la loro potenza di calcolo. L'Europa, d'altra parte, rimane un mercato frammentato e il settore industriale deve ancora essere costruito. Atos è attualmente l'unico attore di livello mondiale a produrre supercomputer in Europa, ma il continente ha bisogno di rafforzare le sue competenze nei microprocessori. Da soli o in collaborazione, questo è un treno che non possiamo assolutamente perdere.

E successivamente ha esplicitato la necessità della creazione di un “mercato unificato dei dati” per esigere che i dati europei siano immagazzinati, elaborati e trattati in Europa, secondo i termini che l'Europa avrà stabilito e dunque non essere sottoposti a vincoli di paesi stranieri o ad un loro eventuale blocco al loro accesso.

Quanto affermato da Thierry Breton è stato un vero grande allarme e in tale direzione sono stati poi fatti passi da gigante in Europa. Ursula Geltrud von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, nella comunicazione al Parlamento Europeo del 19.2.2020 ha affermato la necessità di una “sovranità tecnologica europea”, asserendo che:

La sovranità tecnologica europea inizia dal garantire l'integrità e la resilienza dell'infrastruttura di dati, delle reti e delle comunicazioni e richiede la creazione delle giuste condizioni affinché l'Europa possa sviluppare e utilizzare le proprie capacità chiave, riducendo in tal modo la dipendenza da altre parti del mondo per le tecnologie più importanti.
In un mondo sempre più piccolo, in cui la tecnologia si fa sempre più importante, l'Europa deve continuare ad agire e decidere autonomamente e ridurre l'eccessiva dipendenza da soluzioni digitali create altrove [costruendo] un autentico mercato unico europeo, un vero spazio europeo dei dati basato sulle regole e sui valori europei.

Questa affermazione rappresenta un traguardo difficile da raggiungere, ma non impossibile. Un traguardo per allontanare sempre più dall’Europa lo spettro che gestori delle chiavi di Internet possano essere società e/o Paesi esterni all’Europa, senza la diretta partecipazione dell’Europa stessa.

Bisogna assolutamente evitare che gli attuali operatori, che rappresentano i maggiori fornitori di componenti elettronici per la trasmissione delle informazioni, siano solo degli USA, della Cina e della Russia o di altri pochi Paesi potendo così determinare e controllare l’effettivo processo di sviluppo della nostra Europa.

Io mi auguro che questo “grido di allarme” sia di stimolo per accelerare tutto ciò che è possibile fare perché ogni Stato o insieme di Stati e soprattutto l’Europa possano presto arrivare ad una propria autonomia per la gestione delle alte tecnologie informatiche e dunque un plauso va in tal senso fatto proprio alla Presidente della Commissione Europea nella sua affermazione che l’Europa deve raggiungere una propria sovranità digitale e che per fare ciò deve sempre più sviluppare proprie tecnologie e alternative senza le quali non vi potrà mai avere né autonomia, né sovranità.

L’Europa dovrà al più presto costruire i propri server dove allocare tutte le informazioni che transitano attraverso i Paesi Europei e il resto del mondo. Tale processo deve essere accelerato al massimo, poiché fino a quella data resterà sempre un’alea di incertezza sul futuro commerciale dell’Europa e anche degli altri Stati dipendenti da altri Paesi per tali alte tecnologie.

Per potere evitare tali rischi sarebbe auspicabile che le grandi reti di interconnessioni fossero realizzate e gestite con la partecipazione della maggior parte dei Paesi, in modo tale da eliminare o comunque ridurre al minimo i danni derivanti dalla malaugurata volontà di interrompere la rete da parte di uno dei soci. Lasciare ad un solo Stato o ad un’unione di Stati o a singole società la realizzazione e il controllo di reti che interconnettono ogni Paese col resto del mondo è certamente di elevata pericolosità ed è come consegnare loro le “chiavi del mondo” attraverso le quali sarebbe poi possibile gestire aspetti economi e sociali e la stessa “pace” tra i popoli.

Note

1 Dette anche ICT (Information and Communications Technology).
2 Atos è una società europea che si occupa di servizi informatici (IT - Information Technology).