Parleremo oggi di un dipinto ad olio su tela realizzato dal grande pittore veneto Tiziano, un’opera che ancora oggi suscita un interesse incredibile negli osservatori.
Prima di parlare dell’opera parliamo di colui che la realizzò, Tiziano.
Egli è stato uno dei pittori più longevi della storia dell’arte; visse circa 100 anni; ho scritto circa perché non conosciamo con precisione la data di nascita, si sa solo che avvenne a Pieve di Cadore tra il 1473 e il 1486, mentre la data di morte fu nel 1576 a Venezia.
Di famiglia benestante si trasferì a Venezia all’inizio del Cinquecento e si formò prima nella bottega di Gentile Bellini e del fratello Giovanni e venne poi a contatto con il grande Giorgione.
Vasari nelle Vite ci dice che i due si conobbero nel 1508 e che Tiziano fu suo apprendista; oggi però tendiamo a considerare il rapporto tra i due pittori paritario; ciò che li accomuna è l’eccellente uso dei colori, e della tecnica definita tonalismo.
Essa prevedeva l’uso dell’olio, al posto della tempera, che secca molto più lentamente, permettendo al pittore di raggiungere differenze di toni impercettibili, tramite l’aggiunta continua di velature di colore fino al raggiungimento del tono desiderato. Questo fattore dette la possibilità ad entrambi di arrivare ad una vivacità coloristica che in Giorgione serviva a trasmettere una serenità contemplativa della natura mentre in Tiziano contribuiva ad animare le figure.
Andiamo adesso ad esaminare la nostra opera che fu chiamata da Giorgio Vasari la Venere di Urbino.
Tiziano ricevette l’incarico di dipingerla da Guidobaldo della Rovere nel 1538. Quest’ultimo era il figlio del Duca di Urbino Francesco Maria della Rovere e di Eleonora di Gonzaga; aveva incaricato Tiziano di realizzarla, affinché essa servisse a scopo propedeutico per la giovane moglie, Giulia da Varano, nella vita coniugale. I due si sposarono nel 1534, quando lei aveva solo 13 anni.
Guardando la tela ci rendiamo subito conto dell’incredibile erotismo che essa emana. Di fatto vediamo una donna completamente nuda distesa su un letto che si copre il pube con la mano sinistra mentre con l’altra tiene un bouquet di rose rosse simbolo dell’amore.
Il letto è disfatto con lenzuola bianche che richiamano alla purezza ed una coperta rossa che è il simbolo della passione.
Quello che colpisce è soprattutto lo sguardo della Venere nuda, che guarda in maniera diretta e provocante verso lo spettatore, come a volerlo invitare a congiungersi con lei.
C’è però un elemento che cambia tutto il contesto della scena vale a dire la presenza del cagnolino raggomitolato in fondo al letto.
Il cane in pittura è simbolo di fedeltà, quella che Giulia da Varano deve avere verso il proprio marito Guidobaldo della Rovere, quindi quello sguardo provocante è diretto verso una sola persona, il marito, a cui quindi spetta il piacere esclusivo di congiungersi con lei.
In secondo piano vediamo l’interno di una casa patrizia veneziana e due ancelle che stanno scegliendo i vestiti per la Venere. La giovane ancella li sta selezionando da uno dei cassoni nuziali disposti sotto la finestra, mentre l’altra in piedi controlla ed attende che glieli passi.
I cassoni erano una caratteristica dell’arredamento delle case patrizie, venivano regalati alle spose come dono di matrimonio e le ricche famiglie li facevano decorare, come in questo caso, con dei motivi vegetali.
Al muro sono appesi dei tappeti o arazzi che servivano a mantenere le pareti calde durante i mesi invernali. C’è anche un riferimento alla classicità nella colonna che divide in due spazi la finestra da cui scorgiamo un’atmosfera crepuscolare. Sul davanzale della finestra notiamo anche un vaso di mirto, pianta amata dalla dea dell’amore Venere.
Interessantissimo è anche il pavimento con riquadri dipinti in prospettiva. Ad un esame attento dell’opera ci rendiamo conto che Tiziano non usa molti colori, essi però ci appaiono in varie sfumature di tono come, ad esempio, il rosso della coperta e della gonna di una delle ancelle, il verde dei cassoni e dei tappetti ed il bianco delle lenzuola insieme al colore del carnato della Venere.
Un carnato che sarà reso più pallido da Edouard Manet, quando ispirandosi a quest’opera dipingerà la celebre Olympia nella seconda metà del XIX secolo.
Mentre Tiziano per la sua opera si era ispirato al grande Giorgione, che nel 1510 aveva dipinto la Venere Dormiente, che non aveva potuto terminare a causa della morte improvvisa. E sapete chi la terminò? A voi la risposta!