La potatura è una pratica antichissima, passaggio necessario per determinare la relazione tra uomo e natura, intervento del primo nel plasmare la seconda per renderla produttiva e soddisfare i suoi bisogni. La potatura era già praticata dagli antichi Romani, infatti il verbo potare deriva dal latino putare, recidere, tagliare, sfrondare, pulire. Gli antichi avevano notato che quando gli asini o le pecore passavano accanto alle piante e, in mancanza di erba da brucare, ne mangiavano i rami, questi in primavera ricrescevano più rigogliosi e quindi più produttivi. Nacque così la necessità di questa pratica per ottenere una migliore produzione e, soprattutto nelle piante da frutto come la vite e l’ulivo ma anche gli agrumi e altri alberi da frutto, è necessaria per mantenere inalterata la qualità dei frutti.

Risale agli antichi Romani non solo la potatura a fini agricoli ma a fini decorativi. L’arte topiaria, insieme a quella del giardinaggio, nacque nell’antica Roma all’epoca di Lucullo e Sallustio, nel I secolo a.C. quando si passa dalla semplice coltivazione delle piante alla costituzione di sontuosi giardini che erano complessi di costruzioni lussuose adorne di portici, ninfei, tempietti collegati tramite lunghi viali con pergolati e boschetti. Plinio attribuisce a Gaio Mazio dell’ordine equestre, l’invenzione di quest’arte in cui il giardiniere si preoccupa di dare alle piante un aspetto artistico mediante il taglio di foglie e rami dando loro una forma geometrica o la forma di animali, oggetti o persone, spesso utilizzando supporti metallici; topiarius significa infatti paesaggio dipinto, affrescato. Queste piante venivano disposte su piazzali o lungo i viali sia singolarmente che componendo intere scene di caccia, flotte di navi, episodi della guerra di Troia.

La pianta che meglio si presta a questo scopo è il bosso ma si possono utilizzare anche altre piante come il tasso, il biancospino, l’agrifoglio e l’alloro. La topiaria domina anche i giardini costruiti fra il XVI e il XVIII secolo dove siepi di bosso segnano i limiti di aiuole piene di piante fiorite che davano luogo a grandi affreschi floreali come arazzi tridimensionali. Concettualmente vicina alla topiaria, cioè a una costretta formazione della pianta, è l’arte orientale del bonsai che crea alberi in miniatura attraverso non solo la potatura di rami e foglie ma anche delle radici pur cercando di mantenere l’aspetto che la pianta avrebbe avuto se lasciata crescere a dimensione naturale. Il bonsai è la ricerca di catturare l’energia naturale degli alberi per racchiuderla in una piccola versione della pianta pur mantenendone inalterata la bellezza e il carattere.

Quest’arte ebbe inizio in Cina verso il III-II secolo a.C. con il nome pun-sai (pianta in vaso) e probabilmente era solo un metodo per poter trasportare facilmente piante utili per i nomadi o gli erboristi e si riallacciava all’idea della forza di una replica in miniatura della teoria dei cinque elementi, terra, fuoco, metallo, acqua e legno. In una leggenda risalente alla dinastia Han si narra di un uomo che miniaturizzava i paesaggi, probabilmente riferendosi a dei bonsai, ma l’arte del bonsai ebbe inizio secoli dopo e arrivò in Giappone grazie ai monaci buddisti che si recavano in Cina a studiare le dottrine chan (zen). Come l’arte topiaria, l’arte del bonsai vuole stupire ma aggiunge l’elemento dell’emozione. Troviamo alberi dai tronchi contorti e quelli che sembrano piegati dal vento che richiedono talvolta più generazioni per il raggiungimento del risultato. Il bonsai quindi si distacca da un’arte relativa al giardinaggio per divenire spiritualità e filosofia con bonsai che in seguito all’intervento dell’uomo diventano fonte di sensazioni che possono essere di calma, malinconia, serenità o pacatezza. Il risultato sembra assolutamente naturale ma in realtà è solo frutto dell’opera dell’uomo in cui nulla è lasciato al caso.

Il linguista francese Emile Benveniste, nel suo Vocabolario delle Istituzioni Indoeuropee, presenta il verbo latino putare, che oltre a potare significa valutare, stimare, considerare, da cui le parole come reputazione, e calcolare, da cui parole come computer e computare, come metafora di potare dimostrando come il linguaggio astratto sia una trasposizione del linguaggio concreto delle attività pratiche. Quindi, secondo lui, putare, cioè tagliare, viene a significare valutare per esclusione, cioè tagliare e lasciar cadere i giudizi non validi fino alla scelta definitiva. Proprio una scelta è alla base della potatura che non riveste scopi agricoli ma decorativi. Innanzi tutto la scelta del tipo di potatura da adottare per le proprie piante: la costrizione fantastica e surreale della topiaria o il romanticismo del giardino inglese ottocentesco in cui l’apparente disordine è frutto di una grande attenzione? La potatura richiede la capacità di avere una visione per il futuro dopo il caos della crescita estiva.

Il giardiniere che si appresta a potare e fare ordine deve aver ben presente il risultato che vuole ottenere anche quando si appresta a tagliare i rami più piccoli. Occorre avere la capacità di concentrarsi su un ramo singolo e pur tuttavia aver dinanzi il risultato finale. Bisogna essere coraggiosi e attenti nel tagliare non solo per un fine estetico ma per il benessere della pianta, che può richiedere l’eliminazione di rami teneri o rami vecchi e maestosi. Ogni anno si deve decidere se mantenere lo stile e l’assetto originari del giardino o cambiarli per riflettere l’evoluzione delle piante e i cambiamenti di gusto o di animo del giardiniere.

Nel corso della vita, ho personalmente attraversato periodi in cui avevo bisogno di certezze e percorsi, e la potatura del mio giardino diveniva più drastica, geometrica e controllante. In altri periodi di maggiore serenità, la potatura era meno drastica, le piante crescevano producendo comunque fiori e frutti e sembravano riposarsi e assestarsi grazie a una potatura che si limitava ad eliminare i rami in eccesso affinché i raggi del sole potessero penetrare fra le foglie o le fronde.

Durante un periodo di letture orientali appresi della tecnica della potatura a centro aperto e così trasformai degli alberi eliminando elementi che complicavano e appesantivano la struttura rivelando l’essenza. Ogni ramo tagliato all’albero era come rimuovere un orpello inutile da una vita troppo barocca, era un alleggerire la mia anima e mi permetteva di capire la mia essenza. Questo tipo di potatura non è facile sia nel giardino che nella vita perché richiede disciplina, visione, prove e controprove. Metaforicamente la potatura è l’antitesi della cultura occidentale. È il percorso verso più piccolo invece che verso più grande, verso il silenzio piuttosto che il rumore, verso il meno invece che il più, verso il semplice e l’essenziale che, ricordando quanto scriveva Saint-Exupery nel Piccolo Principe, grazie a questa pratica diviene visibile agli occhi.