Nello studio, inutile girarci intorno, sono fondamentali la ripetizione e il controllo delle competenze acquisite, ovvero fare test, verifiche ecc. Esistono metodi e procedure che racchiudono in sé entrambe queste operazioni. Una di queste metodiche è quella delle flash card, dei rettangoli di carta su cui scriviamo da un lato la domanda e dall’altro la risposta. Si tratta di un metodo molto efficace e poco usato, soprattutto in Italia. In questo articolo, che recupera temi sviluppati nella pagina Facebook Mappe mentali per lo studio, scopriremo come utilizzarle al meglio.

Le flash card, come accennato, sono quindi piccoli fogli di carta, dalle dimensioni delle carte da gioco o poco più, in cui su una faccia è scritto un problema da risolvere o una parola, o un’immagine. Sull’altra parte invece viene riportato il risultato, la traduzione e, in ogni caso, la soluzione del problema posto sulla prima facciata. L’esercizio consiste nel guardare un lato e indovinare la risposta scritta nell’altro. Tale metodo è molto utile per la matematica, per ampliare il lessico in una lingua straniera ecc. Affinché l’esercizio risulti pienamente efficace va ripetuto fino alla completa memorizzazione. Per le flash card in lingua straniera consiglio di scrivere una singola parola invece di usare frasi. Ovviamente tali frasi non devono essere troppo lunghe e complesse ma, in ragione della maggiore contestualizzazione che sempre fornisce una frase rispetto alla singola parola, conviene esercitarsi su brevi periodi piuttosto che su singoli termini.

Esercitarsi con le flash card contiene in sé sia l’attività del ripetere che quella del verificare. Inoltre consente di valutare immediatamente (è sufficiente infatti voltare la carta) se la nostra risposta era corretta o meno. L’immediatezza della valutazione della nostra risposta è fondamentale sia per rafforzare il ricordo della conoscenza acquisita, sia per modificarlo nel caso esso (il ricordo) fosse errato. Sia ben chiaro, attuare subito la verifica della validità o meno di una nozione acquisita, non significa che per imparare una cosa la si debba ripetere soltanto nell’immediatezza del momento in cui per la prima volta se ne è venuti a conoscenza. Sono due cose differenti. La pratica della verifica va svolta anche a distanza dal momento dell’acquisizione dell’informazione. Invece, la verifica nel momento in cui testiamo la nostra memoria (e il nostro livello di apprendimento) è bene avvengano nel più breve tempo possibile. In breve: distanziare le verifiche, ma controllare immediatamente la verifica stessa.

Le flash card quindi consentono di avere una “riprova” immediata della conoscenza, ma la conoscenza come e per quanto va ripetuta? La psicologia scientifica ha concluso che la quantità di tempo dedicata all'apprendimento è direttamente proporzionale alla quantità di materiale didattico appreso: più studi, più impari. Una tale conclusione è un’ovvietà, o almeno così sembra. Ma contrariamente alle apparenze, questo non significa che dovremmo imparare in modo meccanico; infatti, anche se studiamo e impegniamo tutte le nostre risorse cognitive, il principio rimane ugualmente valido: dato che tanto studiamo, tanto impariamo (cioè il tempo è una costante), ne risulta che meglio studiamo e più ancora impariamo (il metodo diventa così la variabile che può cambiare, e di molto, il risultato finale).

Un altro elemento che può costituire una variabile (cioè un elemento su cui poter incidere per rendere più efficace lo studio) è la distribuzione della pratica. Baddeley e colleghi hanno condotto un sondaggio per conto del servizio postale britannico per capire quanto tempo occorre affinché i dipendenti delle poste imparino a digitare sulle macchine da scrivere. Hanno scoperto che dedicare 4 ore al giorno all'apprendimento della digitazione consente loro di raggiungere la frequenza di 80 battiti al minuto in 4 settimane con 80 ore complessive di esercizio (4 ore al giorno lavorativo, dal lunedì al venerdì, quindi 20 ore a settimana e 80 ore in 4 settimane). Lo stesso risultato è stato ottenuto da chi ha praticato solo 1 ora al giorno in 55 ore di esercizi; ma se consideriamo che in questo ultimo caso ci si è esercitati solo 1 ora al giorno per 5 giorni alla settimana, ci sono volute 11 settimane per ottenere gli stessi risultati dell'altro gruppo (cioè quello che è stato esercitato per 4 ore al giorno). In poche parole, possiamo dire che la pratica distribuita (lo studio che spezza la pratica in un numero di sessioni più brevi) richiede meno ore dedicate allo studio, ma “la pratica di massa” (che comprende meno sessioni di apprendimento più lunghe) ti consente di risparmiare tempo in termini assoluti.

Molto quindi dipende dalla condizione specifica di ciascuno, se abbiamo un lungo periodo di tempo per attuare il nostro programma di studio è meglio la pratica distribuita, ma se siamo vincolati da scadenze rigide, la pratica di massa può diventare una necessità. Nel primo caso (cioè si dispone di molto tempo), uno dei concetti da tenere a mente è la frequenza della pratica. È dimostrato che, in caso ci sia necessità di apprendere una quantità elevata di nozioni, si ottengono risultati migliori frazionando materiale e tempi di studio.

Questo sistema è chiamato microdistribuzione della pratica. “Se in due occasioni ti viene presentato un singolo articolo, lo ricordi meglio se viene presentato e testato in rapida successione, o se se la presentazione e la prova sono più distanziate? Fortunatamente, la risposta è chiara; la presentazione distanziata migliora la memoria. [...] La soluzione è utilizzare una strategia flessibile in cui un nuovo elemento viene testato inizialmente dopo un breve ritardo, assicurandosi che sia ancora richiamabile. Quindi, man mano che l'elemento viene appreso meglio, l'intervallo pratica-test viene gradualmente esteso, l'obiettivo è di testare ogni elemento all'intervallo più lungo in cui può essere richiamato in modo affidabile” (Baddeley, MW Eysenek, M. Anderson, Memory, New York, Psychology press, 2015, p. 112). Il principio è abbastanza semplice: la conoscenza acquisita dovrebbe essere testata ad intervalli di tempo crescenti, in modo che all'inizio si stabilizzi e poi rimanga nella memoria a lungo termine. Questo è possibile perché testare significa riportare una nozione al livello di consapevolezza. Dobbiamo farlo più spesso all'inizio, cioè quando la memoria è più debole. A poco a poco, man mano che la nozione diventa più stabile nella memoria, gli intervalli di test possono essere estesi.

Schematizzando e riassumendo: apprendere per la prima volta una nozione (ascoltandola o leggendola) poi ripeterla dopo 1 ora; poi ripeterla dopo 4 ore; poi ripeterla il giorno dopo; poi ripeterla dopo 2 giorni; poi ripeterla dopo 4 giorni e così via fino a quando non sia acquisita in modo definitivo. I tempi qui riportati sono indicativi, non obbligatori, ognuno può parametrarli alle proprie esigenze personali. Testare è quindi una forma di ripetizione, ma una ripetizione attiva, connessa a un “indizio” (che può essere anche soltanto il domandarsi “cosa mi ricordo di quel che ho imparato ieri?”) a cui appoggiarsi e aiutarsi nel ricordo.