Avrò avuto sì e no quindici anni, sì, credo fosse un’età del genere perché avevo finito da poco l’avviamento, allora la scelta era tra le medie e l’avviamento al lavoro e io che non avevo nessuna voglia di studiare avevo preferito il secondo.

Ho imparato a tornire e a saldare e alla fine dei tre anni ho fatto il “capolavoro”, niente a che vedere con l’arte, si trattava di tecnica con i fiocchi, mica facile come dirlo tirare perfettamente piano un pezzo di ferro con la lima. In ogni caso ho finito la scuola e poi niente da fare, l’officina non era per me e quindi bighellonavo, mi guardavo in giro e soprattutto passeggiavo e chiacchieravo un po’ con mio fratello, lui aveva fatto le medie e per questo con me se la tirava, era più vecchio di due anni e nemmeno lui sapeva cosa fare. D’un tratto tutto è precipitato, nostro padre si è ammalato, era dimagrito tantissimo e quando eravamo a casa non sapevamo cosa dirgli perché dopo anni di comunicazione zero, anni passati a entrare in casa, uscire e sentir borbottare, crescere e cenare allo stesso tavolo senza dirsi, in verità, mai nulla, di colpo ti trovi a dover dire qualcosa di profondo, qualcosa che ti unirà almeno nel ricordo, storie così, per fortuna è durato poco, tre mesi e abbiamo dovuto pensare al funerale.

Lo avevamo appena seppellito che si è ammalata mia madre e in quel preciso momento mio fratello ha deciso che essendo il maggiore doveva prendere in mano la situazione, diceva di sentire l’investitura a primogenito, ancora mi chiedo dove diavolo l’aveva letto, fatto sta che l’ho lasciato fare anche perché nel frattempo io avevo conosciuto il signor Pellissero.

Il bar era a due passi da casa, Evanzio, il barista, era simpatico e aveva una moglie timida e carina, ci si trovava tutti lì, io giocavo a flipper, avevo scalato la classifica e ogni giorno controllavo se qualcuno aveva superato il mio punteggio, primo premio ovvero l’olimpo dei regali era una pistola ad aria compressa, canna lunga e set di dieci pallini con il fiocco rosso, parevano piumini più che pallini ma la scatola era bellissima e molto cattiva. L’ho vinta mentre mia madre moriva e mio fratello mi ha rinfacciato per anni di non essere stato presente alla sua morte per una cazzata. In ogni caso io al bar avevo incontrato il signor Pellissero, un tipo elegante con una barba ispida e folta, un po’ come quella che ho io adesso, lo guardavo con attenzione, diciamo che provavo un’attrazione per lui, non sessuale che diamine, qualcosa come dire che lui era diverso, si muoveva alla grande.

Un giorno si è messo a guardarmi giocare, io, dopo aver mosso di qua e di là il flipper per controllare la pallina senza andare in tilt ho fatto un piccolo capolavoro di virtuosismo, un paio di stop ammortizzati, passaggio da una paletta all’altra e rilancio secco sul tulipano centrale con conseguente carambola di luci poi uno stop perfetto, palla immobile, controllo assoluto e lancio dritto nella guida metallica a spirale, forza giusta per depositare la palla morbidamente in buca, una performance magica, suonava tutto e proprio mentre il signor Pellissero mi guardava, cazzo. Dopo abbiamo preso un caffè insieme e chiacchierato, io ero gasato per la partita e gli ho finalmente chiesto cosa faceva nella vita. - Il pellicciaio -, mi ha detto. Non so com’è, ma mi sono sentito una cosa dentro che lui secondo me ha capito e mi ha detto: - Passa da me in laboratorio se ti va, sto cercando un aiuto - .

Un aiuto mi ha detto, mica un garzone e allora certo che ci vengo signor Pellissero che poi ci sarei venuto anche se mi dicevi garzone. Il mattino dopo, a casa, mi son fermato a guardare mia madre morta nel lettone di camera sua, mio fratello, occupato dalle sue faccende di primogenito era triste e lo ero anch’io ma ero anche preso dalla storia con Pellissero. Al funerale c’era poca gente, qualche parente, una zia che poi non era una zia vera ma l’abbiamo sempre chiamata così dai tempi, qualche vicino di casa, tutti vecchi, ai nostri amici avevamo detto di non venire, lo aveva deciso il primogenito e io ho eseguito l’ordine dicendolo a Evanzio, al bar.

Il giorno dopo sono andato da Pellissero, che poi era a due passi da casa nostra. Un palazzo qualunque, c’ero passato davanti mille volte, citofono, laboratorio di pellicceria, suono, voce di donna. - Sono Marco, Marco del flipper - . - Ammezzato - mi dice una voce di donna, salgo e mi ritrovo in un appartamento vuoto tranne una sala con un tavolo enorme coperto di pellicce e il signor Pellissero che senza sorridere mi dice: - Eccoti qua, ti voglio dire subito che questo è un mestiere e non un lavoro, lo impari e lo sai fare solo se ti piace, se hai passione, le pelli valgono molto e non si può sbagliare, dai un'occhiata e decidi se ti interessa, se no torna a giocare al flipper - . Chiusa la comunicazione, si china sul tavolo e ordina le pelli ben distese davanti a lui, le gira e rigira carezzandone il pelo.

Una radiolina sonnecchia musica classica, roba che qui ci sta. Guardo il signor Pellissero sistemare una sagoma di carta sul dietro della pelliccia, disegnarci su con un gessetto piatto, ruotarla un poco, metterla via e poi chiamare Rosa, la donna che mi ha risposto al citofono e chiederle altre pelli ma solo quelle degli Ural, la partita arrivata la settimana prima, insomma, mi si è aperto un mondo, a me, campione del cazzo di flipper. Il funerale di mia madre è stato triste come doveva, mio fratello ha condotto le cose come voleva, io sono stato al mio posto e la sera a casa io e Rudy, è lui mio fratello, in quella casa silenziosa ci siamo finalmente guardati negli occhi ma non ci siamo abbracciati, solo intristiti da paura.

L’indomani mattina l’ho svegliato e gli ho detto: - Rudy, io vado a lavorare - . Mi ha guardato interrogativo con un occhio solo aperto e si è rimesso a dormire. Da lì in poi tutti i giorni sono andato dal signor Pellissero che parlava poco ma mi piaceva e al bar adesso mi sedevo da un’altra parte, nella sala, non ero più un fancazzista. Mio fratello nel frattempo si era perso e lo mantenevo io, se la tirava con le ragazze ma i soldi erano i miei, lui faceva finta di aver delle idee ma io sapevo che erano balle e poi non ci credevano nemmeno le ragazze e le scopava solo perché aveva un bel fisico e un modo di fare che lo faceva sembrare sicuro di sé ma era un vero idiota.

Siamo andati avanti così per cinque o sei anni, io lavoravo e facevo soldi ma donne niente, lui niente lavoro ma un sacco di ragazze che giravano per casa e al mattino mi dicevano: - Che carino che sei! - e altre stronzate così tanto per sembrare più grandi di quel che erano. Rudy si era preso la camera da letto che era stata dei nostri genitori, dov’erano morti, io non c’ero più entrato da allora, non so perché ma mi faceva impressione, la casa però era nostra, era rimasta in eredità, mio fratello, anche se ormai avevamo diciotto anni io e lui solo un paio di più, continuava a far finta di essere il primogenito, sempre menando la storia che quando nostra madre è morta io giocavo a flipper e si sentiva autorizzato a usare i miei soldi.

Un giorno Rudy torna a casa e dichiara di aver trovato un lavoro, commesso nella boutique di una tipa figa che lui si faceva da un po’, una di quelle che il mattino mi diceva “ciao carino”. È durata poco ma quando è finita, mi sono accorto che la cosa gli spiaceva, non per la ragazza, si vedeva che era per il lavoro, Rudy aveva trovato il suo mondo, dove poteva fare il vezzoso con le donne, consigliarle e avere tante occasioni per portarle a letto. Ricordo che una sera mi ha detto: - Non so se tu puoi capire quello che dico, ma te lo dico lo stesso, il mio non è un lavoro, il mio è un mestiere, ci vuole passione per farlo - .Mi era sembrato di sentir parlare Pellissero ma tra i due ne passava… questione di classe. Devo dire che però ha trovato subito un altro posto, dal suo punto di vista un po’ modesto, uomo e donna classico, ma lui si sentiva a suo agio, diceva, solo in certi negozi, quelli con un target più alto. Io intanto lo guardavo diventare sempre più elegante e stranamente, non si portava più troppe donne a casa, l’idiota le selezionava.

Pellissero è morto, l’ho trovato io, con la gola tagliata e la lama da pelle ancora in mano, Rosa se n’era andata da un paio di mesi, ma ce la cavavamo bene lo stesso, non gli ho mai chiesto come mai fosse sparita dall’oggi al domani, lui non diceva niente e dopo un po’ pareva normale che lei non ci fosse più, ma mi sa che per il signor Pellissero non era così, lui ci pativa e io non l’avevo capito. Un lago di sangue, per fortuna non sulle pellicce, solo sul pavimento, si era seduto sullo sgabello basso di fronte al tavolo da lavoro e non so come ha fatto ma c’è riuscito, si è messo a testa in giù e non è nemmeno caduto, la testa gli si è poggiata al pavimento e lui è rimasto in equilibrio, così si è dissanguato come un pollo. La polizia mi ha interrogato, ho detto di Rosa, che pensavo lui fosse triste per lei, mi hanno chiesto da quanto tempo lavoravo lì, tutte robe del genere, io avevo le chiavi e conoscevo tutti, son tornato il giorno dopo, ho pulito per bene e ho continuato a lavorare. Dopo un paio di mesi mi chiama un notaio, il signor Pellissero aveva lasciato tutto a me e devo dire che aveva dei bei soldi.

Quando l’ho detto a mio fratello si è illuminato, ha alzato le braccia al cielo e disegnato un rettangolo nell’aria, poi come la vedesse l’ha carezzata con le mani: Fratelli Cambiaso Fur, l’insegna del nostro futuro negozio e poi mi ha dato tutte le sue motivazioni che non mi interessano perché a me piace solo lavorare e a lui piace vendere e tanto basta. Abbiamo aperto il negozio sotto i portici del centro, due vetrine messe bene perché lui su queste cose ci sa andare, gli piace dire Nessun vetrinista, io vendo, io espongo, comunque, da subito le cose vanno a gonfie vele e, in sintesi, lui ora se la fa con donne più ricche, si è adeguato.

In pochi anni ci siamo fatti due case, tutte e due molto belle, in verità la sua non l’ho mai vista ma so che tiene all’apparenza e sarà senz’altro più di quel che è lui e comunque per lui sempre tante donne e per me niente. Devo dire che a questo punto non riuscivo nemmeno io a capire come mai, tanto che mi era venuto da chiedermi se ero, come dire, gay? Ma no, le donne mi piacciono, ma sono così timido che non riesco neanche a guardarle, l’unica cosa che son riuscito a fare è stato, e devo dire anche a fatica, di comprarne una ogni tanto, al telefono, arriva direttamente a casa ma è solo così, per sfogo.

Martedì scorso ero intento a tagliare una pelle di volpe argentata quando nel laboratorio è entrato Rudy che ha allungato il braccio inchinandosi anche un po’ per invitare una creatura bellissima a entrare e quando fa così è perché a quel cliente ci tiene e allora mi son reso disponibile e l’ho guardata, per un attimo solo ho incrociato i suoi occhi viola, un attimo solo poi son stato attento a quello che diceva Rudy. Lei non parlava ma guardava la volpe argentata che era veramente di una bellezza rara, ha allungato la mano e l’ha carezzata e io non so perché, seguendo quelle dita candide mi sono sentito confuso, loro hanno iniziato a scherzare, o meglio, Rudy ha sfoderato il suo repertorio di cazzate per le femmine, lei in realtà non ha fatto una piega e io mi sono rinchiuso come un riccio ma i suoi occhi li ho incontrati di nuovo mentre usciva, mi ha cercato lei.

Silenzio, la notte, silenzio e occhi maledettamente viola, silenzio la notte e in piedi presto che quella pelliccia di volpe argentata mi aspetta, quando ho tagliato la pelle che lei aveva carezzato, ho provato uno sturbo violento. Sto facendo più attenzione di quando il Signor Pellissero mi ha affidato il primo taglio e non riesco a fare a meno di inventarmi che devo prenderle subito un’altra misura e questo è quel che dico a Rudy quando entra in laboratorio. Son passati due giorni d’inferno ma finalmente la rivedo e questa volta la guardo senza paura, la guardo far scivolare dalle spalle un cappottino di cashmere, la guardo lasciarlo cadere con delicatezza sulla poltroncina dorata e incrocio i suoi occhi mentre Rudy si scusa ma di là c’è una cliente e mi dice: - Ok Marco mi raccomando, devi fare un lavoro super per questa signora, devi dare il massimo di te - e rivolto a lei - è un artista, mi creda, la lascio in buone mani, purtroppo io devo andare in negozio - .

Quando è uscito tra di noi è sceso un silenzio che ha zittito anche la musica, un silenzio pieno di me che la guardo e di lei che abbassa gli occhi, di lei che mi guarda e di me che liscio il pelo, un silenzio che si fa enorme quando mi avvicino e le poggio sulle spalle la pelliccia imbastita, poi le vado di fronte e sistemandola un po’ sul petto cado nella curva dei suoi seni, chiudo con un gesto rapido mentre lei con un fare bellissimo afferra il bavero e se lo stringe al collo guardandomi con un bellissimo sorriso e allora mi perdo nei suoi occhi scintillanti che mi strappano l’anima a pezzetti. Non ci siamo detti una parola. Rudy intanto è tornato e fa piroette e moine svolazzandole intorno mentre io me ne torno al lavoro con un coltello infilato nel cuore.

La mia vita è cambiata ma non credo che Rudy se ne sia accorto preso com’è dal voler piacere a tutte, in realtà è come se io e lui non avessimo niente in comune e comunque sia cosa gli dovrei dire? Che dovevo arrivare a cinquant’anni per sentire un collegamento forte tra il basso ventre e il cuore quando so che per lui esiste solo il basso? Sono stato sempre bene così, senza desideri, il mestiere ha riempito la mia vita ma ora la vita mi ha presentato il conto: occhi viola, un sorriso dolcissimo e un corpo...

Rudy
Marco mi è rimasto sempre sul groppone, dopo la morte di nostro padre si è subito ammalata nostra madre e poco dopo è morta. In quei giorni lui giocava a flipper, lo so che sembra strano ma è così, lui giocava a flipper, non l’ho mai capita questa cosa, no ma dico, tua madre sta morendo e tu giochi a flipper? È mio fratello minore, niente da dire, mi sono occupato io di tutto e pace e amen, ma che sia una testa di cazzo questo è certo. Siamo andati avanti insieme e insieme arrivati fino qui, abbiamo messo su questo negozio che funziona da dio ma certo che se io non continuassi a occuparmi di tutto saremmo già falliti da un pezzo e buona notte, Marco è bravo, per carità, ma chiuso forte e lo dico io che sono suo fratello e che lo conosco da cinquant’anni.

Abbiamo due case, lui in campagna ma appena fuori città perché deve poterci arrivare a piedi che poi anche questa storia di non volere una macchina, per forza, dico io che non trovi una donna, comprati uno spiderino nuovo fiammante che te lo puoi permettere e poi vedi come ci saltano dentro le ragazze, ma lui no, niente auto, che io sappia, i soldi che gli servono li prende direttamente dalla cassa, senza dire niente per altro, ha sempre fatto così e a me va bene anche se anni fa l’ho costretto a venire a firmare perché il conto comune volevo che fosse intestato a tutti e due non si sa mai, mi succedesse qualcosa, e poi le spese della casa e le bollette qualcuno le dovrà pur pagare. Io ho anche il mio conto personale, per dire.

Oggi è successo qualcosa di straordinario, ho incontrato una fata, una donna diversa da tutte quelle che ho incontrato, ha classe da vendere, un corpo da paura e l’età giusta per me, sto pensando che va a finire che me la sposo, non ho mai pensato a certe cose e d’altronde non mi è mai successo di innamorarmi, innamorarmi, innamorarmi, innamorato, da come sono rincoglionito mi sa che sono proprio innamorato ma eccola che arriva, uno spettacolo di eleganza che mi viene incontro sorridendo. - Eccoti fata, finalmente sei arrivata, si va a pranzo in collina? Ti va? Telefono solo a Marco per avvisarlo, scusami: - Pronto, sì, ciao, mi sa che tardo un po’ oggi, apri tu per favore? - Senti cara, ma in Lettonia da dove arrivi tu, sono tutte belle come te le ragazze? Sai ti confesso che mi ha sempre fatto ridere la Lettonia no, non la Lettonia, il nome, non so perché, Lettonia, non fa ridere Lettonia?- .

Completamente scemo sprofondo sempre più nel mio amore e lei mi asseconda ma con discrezione, è riservata, in pubblico non lo dà a vedere che è innamorata di me, ma quando è a casa mia, si trasforma. È incredibile quello che sa fare per un uomo e non solo a letto, cucina certe cose delle sue parti che levati, insomma, per la prima volta nella mia vita mi vien persino voglia di avere un figlio, non è mai troppo tardi.

Marco
Rudy è tornato alle sei, due clienti lo hanno cercato, clienti, chiamiamole così, qualche cosa comunque comprano sempre ma per lui, mica perché le pellicce sono belle, in ogni caso ognuno fa il suo lavoro e lui nel suo è bravo, sono io che in questi giorni non ho più voglia di lavorare, accidenti a me, cosa diavolo mi sta succedendo, mi dedico a una pelliccia sola, sempre la stessa, di volpe argentata, ho fatto e rifatto le cuciture dieci volte e Rudy che se n’è accorto, ieri mi ha guardato strano, vede che non lavoro ma non dice niente, cerca di capire cosa mi è preso e basta , per me è semplice: ho solo voglia di stare con lei.

Oggi torna per la prova e la invito a pranzo, ho deciso. Non finisco il pensiero che sento la sua voce in negozio, mi sporgo e la invito con un gesto a venire in laboratorio, le prove preferisco farle qui, Rudy l’accompagna con tutte le sue manfrine ma squilla il telefono e deve andare a rispondere. Lei mi sorride subito, e continuiamo a sorriderci mentre l’aiuto a indossare il capo e poi, guardandola, mi trovo a balbettare: - È un po’ stretta sui fianchi, qui non, non cade bene come… dovrebbe , ma io… scusa, scusi vorresti potresti potremmo pranzare insieme? Io non… non ho la macchina, mi spiace ma possiamo andare a piedi o con un taxi… beh, va bene… vieni con la sua tua macchina a casa mia? Certo, l’indirizzo, sì, ci vediamo là… col navigatore, certo, ti scrivo l’indirizzo. - Svengo su una sedia appena esce, afferro il telefono e chiamo la donna delle pulizie. - Maria, per favore potrebbe andare subito a casa a sistemare, aspetto una persona a pranzo, sì, anche la camera da letto, certo, grazie Maria, grazie - . - Pronto, sono Marco Cambiaso, il pellicciaio, senta avrei bisogno di un pranzo per due, con vino e tutto, faccia lei ma la prego, è una persona molto speciale, sì ecco, molto importante per me, tutto pronto per l’una, apparecchiate anche per favore, fiori, sì, un mazzetto sul tavolo va bene grazie, passo domani - . Sono andato a casa quasi di corsa, è solo la mezza ma sono in ansia. Tutto pronto, benissimo ma non ho musica, qui non l’ascolto mai, certo sarebbe meglio ma comunque non voglio mostrarmi diverso da quel che sono, se le piaccio io sono così… e se non le piaccio?

Un’auto si è fermata in cortile, forse avrei fatto bene a bere un bicchiere di vino. - Ciao, benvenuta, ecco questa è la mia casa, sì, è un po’ grande solo per me, è vero ma ci sto bene - si è chinata e mi ha dato un bacio sulle labbra, non ha detto una parola e io ho balbettato qualcosa che non ho capito, ha fatto scivolare il cappotto sul divano e si è seduta a tavola come fosse a casa sua e io mi sono subito perso nei suoi occhi ascoltando il rumore molesto del mio cuore, bum bum bum.

Rudy
Strano, molto strano che Marco non sia ancora in negozio, mai successo, non so se chiamarlo a casa, quello non ha nemmeno il cellulare, aspetto ancora un momento intanto chiamo la mia fata: - Ciao, sì, sono io, colui che ti pensa sempre, l’uomo dei tuoi sogni, dove sei? Qua in giro? Allora potremmo prenderci un caffè da Arpino, devo solo aspettare Marco che non so come mai ma non è ancora in negozio… eccolo che arriva a tra poco amore mio, un bacio - . - Ciao Marco, accidenti sei in ritardo di un bel po’, ti aspettavo perché ho un affare urgente, un cliente, devo assolutamente andare, torno appena posso, segui tu il negozio - .

Marco
È stato bellissimo e devo dire che non mi spiace che lei sia di poche parole, da quel poco che ha detto però si è capito che ha avuto un’infanzia peggio della mia, voglio dire, anzi peggio, eppure guarda te com’è bella fresca e delicata, un fiore cresciuto sui sassi, vedi che a volte la natura delle persone permette a esseri destinati alla sconfitta di emergere? Nel piccolo anche io e Rudy alla fin della fiera ce la siamo cavata mica male da soli, è per questo che io e lei ci intendiamo. Oggi non ho osato forzare, ma il segnale è stato chiaro, prima di uscire mi ha carezzato la guancia e io la sua, è stato un momento di un’intensità incredibile e poi mi ha sfiorato le labbra.

Rudy
- Pronto Fata, si cena insieme stasera? Dove vuoi tu amore tutto quello che vuoi tu, certo anche un’osteria se vuoi, ma no, con te mi va benissimo tutto, lo sai, a più tardi amore mio - . Che storia, vuole andare a mangiare nella vecchia osteria dei Dalmazi, io e lei in quel posto c’entriamo come i cavoli a merenda, il ferrarino giallo poi spiccherà di brutto sulla piazzetta ma ecco che la mia fata è già arrivata, Rudy, vecchio mio, questa è una donna speciale, non fartela scappare.

Marco
Son passate un paio di stagioni, io e Rudy ci parliamo sempre meno, ma qualche cosa non va, lo vedo scuro, non ride più e soprattutto non fa più il cretino con le donne e infatti non vengono più in negozio, il lavoro è calato moltissimo ma a me non importa neanche un po’, penso solo a stare con lei quando mi vuole poi la guardo scivolarmi via dalle braccia e resto ad aspettarla. Va bene, lo ammetto, le ho anche dato dei soldi, per la sua famiglia, non me li ha chiesti, ho capito che ne avevano bisogno e glieli ho dati, punto. Rudy non era d’accordo ma non può capire, non la conosce e poi non ho mai speso niente e quindi non può dirmi di no. A un certo punto mi ha solo detto: - Guarda Marco che i soldi finiscono, vedi di darti una regolata che mi sa che la tua tipa ti sta pelando - . Non ho detto bah! A me non sembra che le cose stiano così e in ogni caso sono soldi miei e quel che mi scoccia è che lui si comporta come se fosse incazzato con me, lavoro da trent’anni senza chiedere niente e adesso che finalmente mi vivo la mia vita lui mi fa il muso? Mica ho parlato quando ha voluto il “ferrarino”, fatti suoi, anzi, adesso la macchina me la voglio comprare anch’io, lei mi ha detto che le piace un modello BMW che ne so, coupé Z, sa dio, domani la compro e la intesto a lei, preferisco perché tanto a me la patente proprio non va di prenderla.

Rudy
Dopo tutto ‘sto tempo ancora non sono riuscito a sposarla e allora mi dico, Rudy, hai perso smalto? Ma poi analizzo e tutta la storia mi sembra bella strana, dice sempre sì, sì, sì ma poi niente, c’è sempre qualcosa, una volta è questo un'altra quello poi se ne va per fatti suoi e non so dove, insomma, io non capisco più se veramente mi vuole sposare o no, temo che non sia più innamorata, si sta mettendo male e ci mancava Marco che non lavora più, sempre dietro alla sua tipa che non mi vuole far conoscere, di sicuro è una troietta che lo succhia, sarà meglio che lo stoppi, anche perché deve capire che siamo quasi a zero, non ci avrei mai creduto che saremmo andati sotto ma ci si è messo lui, libretto di assegni, bancomat, carta di credito, tutta roba che non sa usare e se la presta a quella siamo fregati, devo parlare seriamente con lui, fargli capire che siamo al limite, qui se non si riparte a lavorare diamo il giro.

Troppo tardi
Abbiamo perso tutto, il negozio, la macchina ,le nostre case, tutto andato a coprire i debiti. Abbiamo anche cambiato città, ora viviamo in un piccolo paese dove avevo comprato un monolocale per lei che non ho fatto in tempo a regalarle perché all’improvviso è sparita. Nessuna notizia, niente di niente, di colpo il suo cellulare ha un numero inesistente, tanto che all’inizio mi sono preoccupato, ho chiesto in giro se era stata vista ma nessuno sapeva o meglio qualcuno sì che sapeva e alla fine ho saputo anch’io. Adesso io e Marco facciamo qualche lavoretto, quel che si trova, lui è completamente fuori e non muove un muscolo se proprio non deve, unica variante si è messo a fumare e quando passiamo davanti a un bar mi fa incazzare ogni volta, perché tira su dai posacenere un mozzicone un po’ lungo e se lo accende davanti a tutti, sembra un barbone. Oltretutto, dal momento in cui ha saputo che lei se la faceva con tutti e due, ha smesso anche di parlare.