È bello voler bene ed è bello farsi voler bene. Se vogliamo utilizzare una parola alquanto abusata, è bello amare e farsi amare.

A chi non piacerebbe vivere in un mondo dove ci si vuole bene? Un mondo dove i nostri figli possano crescere senza paure, con gioia, dove gli adulti non debbano preoccuparsi di venire, per esempio, derubati o truffati o dove diffidare del prossimo. Non necessariamente un mondo perfetto, dove si trovi lavoro, dove le industrie non inquinino, dove i politici facciano gli interessi del proprio popolo e non quello delle grandi multinazionali. O forse si, spingiamoci fino a lì: sì un mondo come lo abbiamo immaginato durante la nostra infanzia, la nostra giovinezza.

Fantasie, direte voi. Sogni irrealizzabili o, diranno altri, pensieri infantili di chi non vive la realtà, di chi non la vuole accettare. Esatto, io non la voglio accettare.

Non credo che accettare questo stato delle cose sia sinonimo di maturità. Non credo che chi mette questi freni alla nostra fantasia, ma direi di più, alla nostra voglia di evolvere, abbia ragione o sia più seria di me, nelle sue considerazioni. Semplicemente è più spaventato di me. Ha più paura di dare sfogo a questi pensieri legittimi e ancestrali. È molto più schiavo delle convenzioni di me. Trova molto faticoso il lavoro che lo attenderebbe.

Ma se ci pensiamo bene, chi potrebbe mai desiderare un mondo violento, egoista, dove si diffidi di chiunque, dove la fregatura è dietro l’angolo, dove si muore di fame, dove milioni di bambini muoiono a causa di malattie debellate nei quartieri “bene” del mondo, dove l’ingiustizia sociale non solo è un dato di fatto, quasi accettato da chi la subisce, ma aumenta in continuazione? Chi vorrebbe un mondo dove le guerre non solo non hanno mai fine, ma sono fatte per poter far prosperare quelle aziende che sui conflitti ci guadagnano e anche tanto, oltre che per accaparrarsi le materie prime di una nazione? Eppure questo, e ancora peggio, è il mondo in cui viviamo, il mondo che ci siamo costruiti, il mondo che è frutto del nostro pensiero.

Sono assolutamente convinto che lo stesso sforzo che l’umanità ha messo nel costruire una tale mostruosità lo possa impiegare per creare un mondo alquanto diverso dal presente. Dobbiamo solo cominciare.

E cominciare da noi stessi.

Potrei citare uomini del passato che hanno detto frasi celebri come “Sii il cambiamento che vorresti vedere nella società” (Mohandas Gandhi ) oppure “Non chiedere alla tua nazione cosa può fare per te, ma cosa tu puoi fare per la tua nazione” (John Kennedy ) o il più cristiano “Aiutati che Dio t’aiuta” (Proverbio dell’antica Grecia) o ancora “L’unica rivoluzione possibile è quella interiore” (Jiddu Krishnamurti ). Ma non serve. Voi lo sapete già. Lo sperimentate tutti i giorni: se non fate voi qualcosa non lo farà nessuno per voi.

Ecco, vedete, anche nella peggiore delle situazioni c’è sempre qualcosa che ci può essere d’aiuto. Questa società non pensava certo di aiutarvi a scardinarla, di darvi un appiglio per sovvertirla, ma nel suo modo egoistico di esprimersi ci fa vedere come tutto dipenda da noi. Solo da noi.

Se è vero che le grandi industrie, i grandi poteri economici controllano i nostri politici che promulgano leggi a favore dei loro datori di lavoro, è anche vero che quegli stessi politici li abbiamo eletti noi e sono al nostro servizio, non dei cosiddetti “poteri forti”. Loro sono lì per fare i nostri interessi e, se non lo fanno, noi abbiamo tutti i diritti di cacciarli dal loro posto. Legalmente, attraverso le leggi e la Costituzione. Ci sono vari modi per fare questo e ci sono molti giuristi e avvocati che ce l’hanno detto in questi anni.

Sta a noi.

Ma torniamo al mondo di amore di cui parlavo all’inizio.

Perché il mondo, la realtà, la creiamo noi, come abbiamo visto. Quindi abbiamo tutte le possibilità per pensare a un mondo più in armonia con la Natura e, direi, con l’universo.

Personalmente è dagli anni ’70 che cerco, in vari modi, di “combattere il sistema”, di solito criticandolo. Ma ora mi sono stancato. Ora è il momento di fare, di agire.

Per questo da alcuni anni faccio parte del Consiglio d’Amministrazione di una Fondazione tedesca, la Wider Vision, che gestisce un asilo e scuola elementare a Varanasi, in India. Per questo ho collaborato con Claudio Messora di Byoblu per realizzare alcune interviste sul mondo scolastico italiano. Per questo sono il coordinatore del gruppo di lavoro Scuola e Antropologia del Centro di Gravità, gruppo di studi messo in piedi da Giulietto Chiesa. Per questo ho scritto un libro sulla scuola e un altro è in preparazione. E quindi so, per esperienza diretta, che volendo si può fare; si può fare molto, se non tutto. Ma voi direte “E cosa hai ottenuto? Niente!”. Ma non è così. Ho avuto molti riscontri da quello che sto facendo in questi anni. Tante persone hanno preso coscienza di quali siano i motivi per cui la nostra scuola non funziona. O meglio, funziona benissimo, dipende dal senso che date a questa istituzione, da cosa pensate sia il senso stesso della scuola. Perché sto parlando di scuola?

Perché, come ho detto sono stufo di parlare di cose che non funzionano, sono stanco di sottolineare quello che non va, senza avere alternative valide. E quand’anche ne avessi, come ho fatto alcune volte, nessuno, politici in primis, le prenderebbero in considerazione, come hanno fatto in diversi casi con me e con molti altri che come me, attraverso associazioni, gruppi di lavoro e reti hanno elaborato documenti, anche molto circostanziati, ma che la politica ha accantonato sulla sua scrivania, come se fossero pubblicità noiose. Da un lato c’è da aspettarselo, se pensiamo che lorsignori siano lì per tutt’altri motivi che quello di "…rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” (Art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana).

E cosa c’è di più definitivo, di più serio di più radicale se non un sovvertimento della società sin dalle sue radici? E quali sono le radici che nutrono la nostra società, se non i nostri piccoli? A scuola cresce e prende o dovrebbe prendere, coscienza l’essere umano che diventerà il protagonista della società futura. La scuola è l’humus che dà vigore e sostanza alle generazioni future.

Sono perfettamente consapevole di tutte le storture presenti nella scuola italiana; so perfettamente che, se questa situazione assurda non è causata da menti perverse, allora è frutto di banalissima incapacità. Lo so che stanno, neanche tanto lentamente, traghettando il lessico dei nostri figli dalla lingua italiana a quella inglese, facendoli disabituare alla nostra meravigliosa lingua, invidiataci dagli altri Paesi, attraverso termini come le “skills”, “cooperative learning”, “background”, “brain-storming”, “problem solving”, “storytelling” e molti altri. Lo so che renderli avvezzi a termini fino a qualche anno fa d’appannaggio degli ambienti economico-bancari (vedi “crediti” formativi, “debiti”, “successo formativo”) oppure aziendale, come il “dirigente scolastico”, non fa altro che svincolare sempre di più gli studenti e le studentesse dall’aspetto culturale della scuola per avvicinarli al mondo del lavoro. Il che non è sbagliato di per sé: anch’io sostengo che, a una certa età, nel momento in cui ci si iscrive a scuole professionali, queste debbano assolutamente preparare gli allievi al mondo del lavoro, fornendo loro le professionalità necessarie e, magari, aiutandoli in questo tramite la famigerata “alternanza scuola-lavoro”. Ma non prima.

L’alternanza scuola-lavoro, così com’è concepita oggi, solo in rari casi svolge effettivamente una funzione educativa. La maggior parte delle volte è solo un modo per allontanare gli scolari dallo studio delle materie umanistiche che progressivamente stanno perdendo la loro centralità nella scuola italiana. Addirittura c’è chi si spinge oltre fino a dire che è solo un modo per abituare i nostri figli e figlie a lavorare per pochi spiccioli.

Cosa c’è nelle materie umanistiche Storia, Italiano, Filosofia, come anche le cosiddette “lingue morte” come Greco e Latino, che spaventa così tanto i nostri mediocri politici? Perché in alcune scuole non si fanno più i dettati e in altre lo studio della Storia è quasi scomparso?

E cosa dire dell’invasione della tecnologia nel mondo scolastico? Non sono già abbastanza rintronati i giovani d’oggi con questi mezzi come smart phone, tablet, smart watch, computers, smart TV, durante tutta la loro giornata? Abbiamo assolutamente bisogno di introdurre tutta questa tecnologia anche a scuola? C’è veramente bisogno delle LIM?

Perché le grandi catene di distribuzione e parlo di Coop, Esselunga, McDonald, per citarne alcuni, fanno accordi con le aziende che fabbricano questi prodotti (ormai chiamati “devices”) le quali, a loro volta, si accordano con il preside di una scuola perché invogli le famiglie a fare la spesa nei loro grandi magazzini e con i famigerati bollini “regalino” la LIM alla scuola di loro figlio? Regalino? La lavagna digitale, come i computers o altro, alla fine viene pagata tre o quattro volte di più del suo reale costo.

A causa del Covid-19 si è introdotto l’utilizzo della DaD, la Didattica a Distanza. Dal mio punto di vista la DaD non è sbagliata in assoluto; è utile in caso di emergenza. Ma solo in quel caso o, al massimo, potrebbe coadiuvare l’insegnante in alcuni casi e in scuole di un certo grado, dalle superiori all’università. Ma mai, mai potrà sostituire l’operato dell’insegnante. E, soprattutto, è un atto di cosciente distruzione dell’essere umano se utilizzata nelle scuole primarie.

I nostri bambini da quando nascono fin verso i 7/10 anni sono come delle spugne che assorbono tutto dai genitori, dai maestri e dall’ambiente circostante. Imparano soprattutto attraverso i sensi, il tatto, la vista l’odorato. Imparano osservando le espressioni del viso di chi gli sta vicino, hanno bisogno di toccare, di mettere in bocca per imparare. Cosa mai gli potremmo insegnare attraverso un monitor? Come potranno capire l’espressione del compagno se avranno il viso celato da una mascherina? Come giocheranno, se non si potranno toccare, spingere, abbracciare?

Ho personalmente assistito a una dimostrazione dell’utilizzo di queste famigerate App attraverso quello che viene definito un webinar (sempre questa invasione della lingua inglese), alla quale erano presenti più di 1.500 insegnanti e le applicazioni mostrate, guarda caso, erano quasi tutte di Apple e a pagamento. Bene, tutti, e dico tutti, gli insegnanti presenti erano entusiasti di queste metodologie d’insegnamento a distanza, fino a spingersi a chiedere che tali applicazioni non venissero utilizzate solo nel periodo di crisi, ma sempre. Ma la cosa più incredibile è che era un seminario (così si dovrebbe chiamare in italiano) dedicato alle scuole d’infanzia e alle elementari. E gli insegnanti erano entusiasti!

Mi fermo qui, non perché non ci siano altre aberrazioni presenti nel nostro sistema scolastico, ma solo perché dopo un po' che ne parlo mi coglie un senso di rabbia che difficilmente riesco a frenare.

Quindi lo so che razza di scuola è questa, so benissimo dove vanno i nostri figli e cosa gli mettono in testa. Oggi la scuola è un luogo da cui far stare lontani i nostri figli, soprattutto le scuole primarie.

Come dicevo all’inizio di questo articolo, ci sono solo due motivi per cui i nostri cari politici vogliano una scuola simile: o perché sono degli incapaci e “non sanno quello che fanno” o perché, al contrario, sanno perfettamente quello che stanno facendo. A voi la scelta.

Voglio solo rammentare che un certo Albert Einstein, in una lettera scritta a un certo Sigmund Freud, si chiedeva come fosse possibile che una piccola minoranza abbia in mano le redini dell’intera umanità: forse perché controllano la scuola e l’informazione?

Fermiamoci. Torniamo al mondo di amore in cui vorremo vivere.

Non aspettiamo che siano gli altri a costruirlo. Non ci sveglieremo un giorno con il mondo cambiato, ma tutto dipende da noi. Quanto ancora vogliamo farci sfruttare? Quanto siamo ancora disposti a cedere? Per quanto tempo ancora dovremmo lavorare sempre più ore al giorno per fare arricchire sempre meno persone? Per quanto ancora sacrificheremo i nostri cari, il nostro bene più prezioso al mondo, i nostri figli, per dare tutti noi stessi a chi ci odia? Dov’è finita la nostra dignità di esseri umani?

Basta!

È ora di fare sul serio, è ora di cominciare a lavorare per noi stessi e per i nostri cari. Mettiamo tutte le nostre energie per far sbocciare una nuova società, basata sui principi di moralità e di etica sociale e ambientale che abbiamo già dentro di noi. Dobbiamo solo fermarci un momento, guardare dentro di noi, senza addurre scuse e false motivazioni e cominciare l’unica rivoluzione possibile, quella interiore.