Imagine. La situazione è un po’ alla John Lennon e viene voglia di lanciarsi nella libertà di immaginazione e sogno. Imagine di entrare in una stanza da qualche parte a Firenze e trovare sulle assi di legno del pavimento quei fiori che fluttuano intorno alla Venere di Botticelli, appena sorta dal mare. Fiorellini di rara leggiadria che da soli suggeriscono la bellezza della dea e del Rinascimento, “un’epoca di splendore, non felice” secondo Eugenio Garin. Ma che splendore.

Il parquet dello studio di Jackson Pollock a Springs, negli Hamptons, è un quadro in sé, non ci sono fiorellini rosa pallido sospinti dal soffio degli zefiri, ma la materia ricca e pastosa di smalto, resina alchidica, colore a olio, che l’artista americano, uno dei maestri del Novecento, schizzava sul pavimento, suo ampio e rivoluzionario cavalletto, mentre gocciolava dall’alto sull’opera per fissare l’azione del dipingere. Luciano Pensabene Buemi, conservatore della Peggy Guggenheim Collection a Venezia, è affascinato da quel pavimento che è una mappa dei punti precisi dove Pollock creò i suoi quadri: a ottobre è andato a Springs, e da oggi la sua relazione con l’artista americano, scomparso nel 1956 a quarantaquattro anni, diventerà strettissima. Schivo e garbato, appassionato quando si parla di arte, severo se qualcuno la maltratta, Pensabene è stato Conservator Fellow per il Solomon R. Guggenheim Museum di New York e, fra l’altro, ha collaborato alla nascita del Museo Picasso a Malaga e l’Espace d’art moderne et contemporain Les Abbattoires a Toulouse.

Quando nell’autunno del 2012 fu nominato conservatore della Peggy Guggenheim, primo italiano nella storia della collezione, non reputò che la notizia fosse degna di un articolo. Un fascio di luce addosso può andare, ma solo se si porge già un risultato. Adesso, dopo dodici mesi intensi nei quali ha dovuto prendere dimestichezza con una delle raccolte speciali del mondo, legate alla più estrosa delle mecenati, Pensabene ha un grande annuncio da fare e lo comunica con la calma abituale, ma con gli occhi leggermente socchiusi, quasi asiatici, e lo sguardo di chi si gode la reazione dell’interlocutore e soprattutto riassapora la portata del lavoro fatto e del lavoro che si farà.

Nell’ambito di un progetto di studio sulle dieci opere di Pollock in possesso del museo veneziano, Pensabene comincerà il restauro di Alchemy, il dipinto che Pollock realizzò nel 1947 ancora con il telaio, ma steso per terra, un’opera significativa e amatissima: sperimentazione pura. La notizia eclatante è che il restauro avverrà a Firenze, in quel tempio di ogni sapere sulla resurrezione dell’arte ingiuriata dal tempo che è l’Opificio delle Pietre Dure. Ecco perché il nostro John Lennon immaginava i fiorellini di Botticelli, come se il genio quattrocentesco li avesse sparsi sul pavimento dipingendo la Venere.

Un’opera contemporanea sarà ripulita nel più importante luogo di restauro del mondo, dove di solito si restaurano quadri antichi, tanto che mister Pollock avrà l’onore di trovarsi vicino a Leonardo da Vinci, ospite dell’Opificio con L’adorazione dei Magi, commissionata dai monaci agostiniani di San Donato a Scopeto e dal 1670 appartenente alla Galleria degli Uffizi. Questo progetto di ricerca, il primo in assoluto in Italia, lo si deve a un gruppo scientifico di rilievo coordinato dai dipartimenti di conservazione della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e dal Museo Solomon R. Guggenheim di New York, con il fondamentale contributo dell’Opificio delle Pietre Dure, dell’Istituto CNR di Scienze e tecnologie molecolari e del Centro di eccellenza SMAArt di Perugia.

Alchemy è fatto di una materia complessa, è la summa delle idee di Pollock poi diluite nel tempo - spiega Luciano Pensabene che eseguirà il restauro in collaborazione con Carol Stringari, capo conservatore del Guggenheim Museum di New York. Nell’insieme le dieci opere della collezione, acquistate dalla stessa Peggy Guggenheim, sostenitrice dell’artista, rappresentano un momento cruciale nel lavoro di Pollock, ovvero il passaggio, fra il 1942 e il 1947, da un linguaggio pittorico relativamente tradizionale e figurativo/astratto, a quella tecnica distintiva di versare, schizzare e sgocciolare la pittura sulla tela stesa a terra. La pulitura è necessaria per rimuovere lo strato di sporco annoso che ha compromesso la qualità estetica del quadro, opacizzando i colori e diminuendo lo spazio tridimensionale creato dalla tecnica innovativa di Pollock”. La visita allo studio del pittore a Springs, una costruzione di legno in fondo a un giardino, con grandi alberi dalla rigogliosa chioma americana, è stata per Pensabene molto toccante: "Quadri sui cavalletti, quadri per terra e poi quel pavimento, quel punto preciso dove, a giudicare dai risultati dell’indagine sui colori, nacque Alchemy".

Anche in Pensabene, come su quel pavimento, e senza fare domande e illazioni che sarebbero intrusive, si rintraccia un percorso interiore nel quale l’arte è centrale e si nota che, pur essendo riconosciuto per il suo valore con riconoscimenti e incarichi di responsabilità, il conservatore della leggendaria Peggy, mantiene accesa la fiamma del sentimento primigenio: il dialogo con l’opera d’arte è per lui un dialogo quasi da sfere celesti. Lo si vede molto bene in una fotografia con la Jeanne di Modigliani: lui la ama alla follia e ne cura l’eternità.

Nel suo paese natale, Naso in provincia di Messina, Pensabene è direttore del Museo Diocesano di Arte e Cultura sacra e da anni con l’associazione non-profit Tempi di recupero si occupa della tutela e della valorizzazione dei beni culturali nebroidei. Lo si vede in piazza, negli assolati pomeriggi siciliani, adeguato ai ritmi meridonali, lo si incontra a Firenze dove ha studiato, sua seconda patria, con l’aria internazionale, e così a Parigi, a Venezia, a New York. Ispira una fiducia completa e lo sa, e la merita, è la persona conosciuta anche da sconosciuta, alla quale affidare le chiavi di casa e i segreti, ma non offendete un capolavoro in sua presenza, non offendete l’arte, con un’etica traballante, commistioni fra la cultura e le iniziative simil-culturali, perché il lampo dei suoi occhi diventa minaccioso.