Che cosa si intende per ecologia della salute? La risposta è molto semplice. L’ecologia è la scienza che studia le relazioni tra gli organismi e l’ambiente in cui vivono e, come vedremo in seguito, la salute è fortemente implicata in questo legame. Anzi, dal rapporto tra l’uomo e la natura dipende non solo la salute ma la sopravvivenza della nostra specie.

A questa domanda, comunque, mi piace rispondere con le stesse parole che usava Gregory Bateson (uno dei padri fondatori del pensiero sistemico e autore del famoso libro Verso un’ecologia della mente), quando gli chiedevano che cosa intendesse per ecologia della mente. “Più o meno - rispondeva Bateson - intendo le cose di vario tipo che accadono, che si interconnettono e, di fatto, costituiscono una rete, una sorta d’intrico complicato, vivo, che lotta e che collabora, simile a quello che si trova nei boschi di montagna, composto dagli alberi, dalle varie piante e dagli animali che vivono lì - un’ecologia, appunto"1.

I buoni propositi ci fanno star meglio ma si dimenticano facilmente

Nulla sarà più come prima! Abbiamo ripetutamente detto durante i momenti più tragici della pandemia. Ma sappiamo bene che l’uomo, in situazioni di emergenza, è particolarmente incline ai buoni propositi e prodigo di idee innovative su come affrontare la salute, l’economia, lo sviluppo, la scienza, la cultura, l’ambiente, ecc. ecc. Peccato che quando la tempesta è passata e la vita ritorna ai suoi ritmi usuali tende a dimenticarsi facilmente delle solenni promesse fatte in tempi difficili. Le promesse, si sa, sono come le bugie, hanno le gambe corte.

Ecco, le brevi considerazioni che seguono prendono spunto da ciò che è successo durante la pandemia per ricordarci cinque concetti di cui molti di noi hanno preso consapevolezza e dei quali ci stiamo tranquillamente dimenticando.

1. La salute è la cosa più preziosa che abbiamo

La salute è come l’aria: ti accorgi quanto vale solo dal momento che ti manca!

In genere, quando stiamo bene, alla nostra salute pensiamo poco. Tuttalpiù ci sottoponiamo periodicamente ad un check-up, pensando in questo modo di metterci la coscienza a posto, ma ciò non serve a granché, anzi potrebbe rilevarsi più dannoso che utile. D’altra parte se sto bene, con tutte le belle cose che ci sono da fare, perché mai dovrei preoccuparmi della salute?

Durante la pandemia, di fronte al rischio di perderla ci siamo resi conto che la salute è la cosa più preziosa che abbiamo e che per essa siamo disposti a sacrificare qualsiasi altra cosa. Di colpo abbiamo rinunciato alla libertà, abbiamo accettato sacrifici economici impensabili in tempi normali, abbiamo messo in secondo piano il lavoro, l’istruzione, la cultura e abbiamo sacrificato perfino gli affetti più cari. Non scordiamolo!

2. La salute non riguarda solo la medicina, riguarda la vita

Durante la pandemia abbiamo visto quanto sia importante poter disporre di un servizio sanitario pubblico, ben organizzato, efficiente, coordinato e universale. Ci siamo anche resi conto, però, di alcune falle nell’organizzazione dei servizi sanitari e abbiamo constatato i limiti della medicina, il cui compito non può certo limitarsi a curare le malattie dopo che si sono manifestate. Per esempio, per quanto riguarda il COVID-19, il surplus di virologi che si sono alternati nei vari talk-show ci hanno fatto capire bene due cose: come si comporta il virus non lo sappiamo, come si cura chi ne è affetto, men che meno. Basti ricordare le dispute tra i vari esperti sul modo di controllare i contagi o la corsa frenetica per trovare qualche rimedio efficace che andasse oltre il controllo dei sintomi. A tal fine, in poche settimane, sono stati registrati più di mille clinical trials che però nella maggior parte dei casi si sono dimostrati troppo piccoli o mal disegnati per essere utili2.

Intendiamoci bene, con questo non voglio assolutamente sminuire l’importanza della scienza, della ricerca, della medicina e soprattutto i meriti dei professionisti della salute che nei giorni tragici della pandemia hanno sacrificato addirittura la vita per curare i pazienti. Tutt’altro. Voglio solo ricordare che non siamo onnipotenti, che dobbiamo prendere atto della nostra fragilità, che dobbiamo convivere e decidere accettando una quota ineliminabile d’incertezza e soprattutto che per tutelare la salute non è sufficiente fare affidamento sulla medicina.

In effetti non più del 15-25% del nostro stato di salute dipende dai servizi sanitari, per il resto la salute è legata a fattori genetici, agli stili di vita e soprattutto all’ambiente fisico e sociale in cui viviamo3.

Durante la pandemia abbiamo visto che per controllare il virus non basta conoscere come è fatto, come si riproduce, come muta e come si cura (ammesso di saperlo). Bisogna agire in forte sinergia con molti altri campi della conoscenza scientifica, dell’economia, della tecnologia e delle scienze sociali.

Questo vale solo in tempo di pandemia? No. Questo vale sempre. La salute dipende da moltissime variabili, alle quali spesso prestiamo poca attenzione. Essa dipende da come costruiamo le case, da come disegniamo le città, da come coltiviamo la terra. Dipende dall’organizzazione del lavoro, dai trasporti, dall’istruzione, dal reddito, dall’ambiente fisico e sociale in cui viviamo e da molto altro ancora. In pratica nessuna disciplina e nessun settore dell’organizzazione sociale possono ritenersi estranei alla salute. La salute è un affare di tutti!

3. Viviamo in un mondo iperconnesso dove valgono le leggi della complessità

Mai come durante la pandemia abbiamo percepito quanto siamo tutti interdipendenti e quanto sia difficile allentare il groviglio di connessioni che lega intimamente le persone e che rimescola e ridisegna in continuazione i rapporti tra l’uomo, la natura, l’economia, i trasporti, la finanza, l’istruzione, la cultura…

Dobbiamo prendere atto che viviamo in un mondo iperconnesso che ci offre tantissime opportunità ma che può rappresentare anche una seria minaccia e soprattutto che obbedisce a leggi diverse da quelle tipiche del pensiero meccanicistico che ci hanno accompagnato negli ultimi tre secoli. L’approccio lineare è importante ma si deve abbinare ad un nuovo modo di pensare, dato che la realtà è multidimensionale e i sistemi complessi biologici e sociali in cui viviamo non sono riducibili ai loro elementi costitutivi e non rispondono a logiche lineari di causa ed effetto.

Per esempio, data l’elevata presenza di relazioni non-lineari, nei sistemi complessi l’effetto di uno stimolo non è proporzionale alla forza che lo ha generato. Piccole variazioni in una parte del sistema possono amplificarsi fino a produrre effetti catastrofici e imprevedibili in settori apparentemente non correlati. È proprio quello che si è verificato con la pandemia, quando una piccolissima particella, collocata ai confini della vita (poco più di due filamenti di RNA racchiusi in un guscio di proteine), ha potuto stravolgere in poco tempo l’intero pianeta e la vita di miliardi di persone, smontando improvvisamente le nostre sicurezze e con esse l’ambizione di essere i “signori” della terra.

4. Uomo e natura costituiscono una totalità indivisibile

Il salto di specie di questo virus e le disastrose conseguenze per l’uomo hanno messo in luce quanto sia pericoloso disinteressarsi dell’ambiente e distruggere gli ecosistemi naturali.

La rivoluzione ecologica, di cui tanto si parla, ci ha fatto comprendere che uomo e natura non sono due entità distinte. La natura non è una fonte inesauribile di energia e di materie prime da sfruttare a nostro piacimento. Uomo e natura costituiscono un ecosistema integrato che si autorganizza e co-evolve attraverso un continuo processo di integrazione che Maturana e Varela hanno chiamato: accoppiamento strutturale4. Esso esprime la forza creatrice dell’evoluzione, la quale attraverso piccoli cambiamenti modella e armonizza non solo gli esseri viventi (come ci ricorda Darwin) ma anche l’ecosistema in cui sono immersi.

In altre parole, l’ambiente naturale è la fonte della vita e va protetto in particolare da una delle più grandi minacce che incombono su di esso: l’eccessivo calore e i conseguenti cambiamenti climatici di cui stiamo già sperimentando alcuni degli effetti deleteri. Il nostro pianeta è abitabile solo perché è continuamente raffreddato dai processi metabolici di piante, alghe e batteri che assorbono CO2 e producono ossigeno. Senza di loro, in breve tempo l’atmosfera terrestre si saturerebbe di CO2 e diverrebbe troppo calda per ospitare la vita. Del resto, secondo gli esperti, pochi gradi centigradi in più (forse 5) renderebbero il processo di riscaldamento terrestre irreversibile e in poco tempo scomparirebbe ogni forma di vita5. Di questo dovremmo essere tutti consapevoli e adottare idonee misure preventive, prima che sia troppo tardi.

5. La salvaguardia dell’ambiente è un problema di tutti

Durante la pandemia, abbiamo visto che nessuna disciplina da sola possiede le chiavi per affrontare con successo un problema complesso come la tutela della salute delle persone e del pianeta. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo condividere i saperi e promuovere la cooperazione tra i professionisti afferenti a diversi campi della conoscenza: scienze fisiche e biologiche, economia, management, comunicazione, psicologia, antropologia, sociologia e via discorrendo.

Questa pandemia può essere un’opportunità irripetibile per rivedere il nostro modello di sviluppo, riprogettare la vita e la mobilità urbana, utilizzare energie rinnovabili, limitare il consumismo (anche quello sanitario), promuovere un’alimentazione rispettosa dell’ambiente e molto altro ancora. Ben inteso, questo non è un invito bucolico a ritornare a vivere nelle capanne al lume di candela, nutrirsi di bacche, spostarsi a cavallo, lavarsi alla fonte e rinunciare alle “comodità” e ai benefici che si accompagnano al progresso. È certamente possibile perseguire lo sviluppo economico e sociale senza rinunciare ai benefici che esso comporta, ma dobbiamo abituarci a valutare le conseguenze sulla salute individuale e collettiva delle nostre decisioni e adottare comportamenti coerenti con l’obiettivo di mantenere un ambiente pulito e in sintonia con i ritmi fisiologici della natura.

In questa drammatica circostanza abbiamo visto che da un giorno all’altro 60 milioni di italiani sono rimasti chiusi in casa, rinunciando a tutto. Una cosa inimmaginabile, se non fosse vera! Ebbene, pensate se quelle stesse persone decidessero di rinunciare a comprare l’acqua in bottiglia. Sarebbe una piccola cosa rispetto a quello che hanno saputo fare, ma che avrebbe un impatto enorme sull’ambiente e avvierebbe un processo di cambiamento irreversibile. La forza dei sistemi è proprio nella loro capacità di promuovere cambiamenti dal basso che innescano onde d’urto a cui è impossibile resistere.

Purtroppo in questi giorni stiamo già osservando che i buoni propositi riguardo la salvaguardia dell’ambiente si stanno attenuando. Pensiamo, per esempio, all’abuso di detergenti e disinfettanti nella prospettiva insensata di vivere in un ambiente asettico o ai miliardi di guanti e di mascherine (spesso utilizzati in modo improprio) che vengono riversati senza cura nell’ambiente. Altro che plastic free!

Insomma, insieme possiamo fare molte cose ma prima di tutto dobbiamo prendere coscienza dell’interdipendenza tra uomo e natura e della grave minaccia ecologica che incombe sulla nostra salute e su quella delle generazioni future. A questo fine dobbiamo modificare coerentemente i nostri comportamenti, unire le forze e approfittare degli ingenti investimenti disponibili per riconsiderare le priorità in tema di politiche ambientali tenendo conto, in particolare, di quanto suggerito dai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile proposti dall’ONU6.

Note

1 Bateson G., Una sacra unità. Adelphi 1997.
2 Glasziou P., Waste in COVID-19 research. BMJ 2020; 369: m1847.
3 Donkin A. et al., Global action on the social determinants of health. BMJ Glob Health 2017; 3:e000603.
4 Maturana H. R., Varela F., Autopoiesi e cognizione. Marsilio Editori 1985.
5 Lovelock J., Novacene. Bollati Boringhieri 2019.
6 ONU: 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile.