C’è un posto magico a Roma che riesce ad essere contemporaneo da 147 anni. Qui ogni anno artisti, ricercatori, figure del mondo della cultura arrivano per trascorrere un periodo di residenza durante il quale realizzano il progetto da loro proposto in sede di domanda di partecipazione. Questo processo si rinnova ogni anno rigenerando continuamente l’Accademia stessa e permettendole così di restare sempre contemporanea, sempre giovane. L’anno appena trascorso è stato molto particolare, per via dell’epidemia. Credo però (dobbiamo sempre vedere il bicchiere mezzo pieno) che abbia dato loro l’opportunità di vivere un momento storico significativo che avrà una potente influenza sulla loro pratica artistica futura.

Ho conosciuto i residenti 2019/2020 alla presentazione che abbiamo organizzato presso l'auditorium dell'Accademia il 25 ottobre 2019 in occasione della terza edizione di RAW, Rome Art Week e poi, un mese dopo, il 16 novembre presso il MACRO, Museo d'Arte Contemporanea di Roma. Ero molto curioso di visitare gli open studios a marzo prima della mostra Processi 147, ma l'epidemia, come dicevo, ha modificato tutti i nostri progetti. Così a giugno, come ogni anno, è stata inaugurata la mostra di presentazione e qui di seguito voglio raccontarvi residenti e progetti.

José Ramòn Ais in Alberi per strade, imperi e paradisi ha sviluppato un progetto fotografico sul paesaggio. In particolare, l’artista ha analizzato la storia sociopolitica e culturale di una città, in questo caso Roma, osservando l’utilizzo che è stato fatto delle diverse specie arboree. Per esempio, l’uso del pino deve la sua massiccia presenza al programma di Mussolini che cercava di legare l’immagine del Regime allo splendore dell’Impero Romano.

Carla Berrocal, invece, ha realizzato un progetto di fumetto biografico ispirato alla vita e alle opere di Concha Piquez. Doña Concha: la rosa e la spina, mescolando fiction e fumetto documentaristico/giornalistico percorre la vita dell’artista valenciana dalla sua infanzia alla sua consacrazione come icona della canzone popolare spagnola.

Antonio Buchannan con il suo progetto Collina n° 8 ci ha portato nel mondo della moda. Ispirandosi al Testaccio, una delle prime forme di “discarica” della storia, quindi alla sua stratificazione, Buchannan ha incorporato nei capi realizzati l’idea di substrati di memoria ed archeologia sovrapponendo tele di diverse provenienze, cartamodelli di diverse epoche, ecc. Ogni strato è come se fosse l’impronta di un momento o di un luogo, di esperienze personali o riferimenti che abbiamo immagazzinato.

Nel progetto Il retablo Ana Bustelo si è lasciata ispirare dal retablo ed in particolare da quella sua capacità di narrazione sequenziale così contemporanea analizzandone i legami con il fumetto contemporaneo. “A partire dalle conclusioni ottenute grazie alla ricerca teorica ed all’analisi formale, miro a realizzare una serie di opere orientate ad essere mostrate in formato espositivo giocando con supporti, materiali e tecniche grafiche e combinando i linguaggi bi e tridimensionali che caratterizzano la dimensione fisica del retablo”.

Il progetto scultoreo di Joana Cera ha alla propria base due elementi collegati alla scrittura (il progetto s’intitola Scultura, scrittura). Da un lato la scultura, con particolare riferimento alle sculture parlanti di Roma e dall’altro lato la cera d’api, elemento che si ricollega alle tavolette romane di cera usate per scrivere. “In questo progetto Pasquino e tabula cerata parlano della stessa cosa: l’attuale e urgente necessità di fare tabula rasa”.

Con Tipografia/spazio/identità Jorge Cubero si è proposto di “condensare in un sistema tipografico, tratti caratteristici della cultura visuale dell’Italia meridionale per rivendicarne l’identità e la rilevanza nel panorama del design europeo”. Valorizza cioè una produzione grafica autoctona (colore, composizione, caratteri tipografici, ecc.) contro quella egemone proveniente dall’Europa continentale. Interessante quindi vedere come l’evoluzione culturale ed i rapporti culturali passano anche dall’uso della grafica.

Federico Guzmàn ci porta nel mondo della pittura. Le muse selvagge è un progetto pittorico articolato in tre parti: la prima è l’iniziazione (attraverso il poema di Parmenide di Elea), la seconda la trasformazione (con l’inno a Demetra di Omero), la terza (il mito delle Muse ed Apollo) è dedicata alla coscienza energetica che anima ogni forma di vita.

Susanna Inglada ha sviluppato un progetto di ricerca basato sullo studio della gestualità dei corpi nella scultura classica. La sua installazione comprende lavori grafici ispirati ad eventi attuali della società contemporanea mescolando l’iconografia romana classica e quella attuale con connessioni iconografiche con la tradizione grafica spagnola.

Oggetto del progetto di Montse Lasunciòn sono state le tecniche di riproduzione dei monumenti nel XIX secolo. In questo periodo storico, infatti, diventano molto diffuse le riproduzioni in gesso in scala reale con finalità educative e formative di chi non può visitare dal vivo i luoghi dove si trovano gli originali. Molto spesso le tecniche utilizzate si sono perse a causa della comparsa di nuovi materiali o processi e questo per un restauratore è molto importante per sapere con quali materiali ha interagito l’originale e come questi influiscono sul suo stato di conservazione.

Roma post, ritratti della post-ideologia è il progetto di Jana Leo basato sull’analisi della burocrazia nella nostra vita quotidiana. “Lo Stato, paternalista dell’assistenza, inabilita e sottrae più che dare. Al Corviale l’architettura è magnifica e le vedute sono spettacolari. Ma la gestione e i servizi sono inesistenti. […] Nel “villaggio della solidarietà”, a Via di Salone, non c’è architettura né paesaggio. Lo Stato ha distrutto le case private che gli zingari si erano costruiti e li ha trasferiti in container in mezzo al nulla. Dovevano essere sei mesi ma vivono in quelle scatole di latta da otto anni”.

Infine, Jorge Luis Marzo in L’iconografia nell’era dell’algoritmo sviluppa una ricerca sui rapporti tra iconografia, antropometria ottocentesca e il sistema algoritmico dominante nella comunicazione attuale. Come è cambiato il modo in cui percepiamo e comprendiamo le immagini e qual è il loro ruolo nella nostra vita sociale? Sono queste alcune delle domande che troveranno risposta nel libro che Marzo pubblicherà entro la fine di quest’anno e che raccoglierà le riflessioni e le ricerche che ha maturato in questo periodo di residenza.