Esperta di gestione di eventi culturali e docente di Economia per le arti, la cultura e la comunicazione, dal 1998 è stata Responsabile delle Relazioni Esterne, Produzione ed Eventi del Teatro Litta e di Manifatture Teatrali Milanesi e nel 2018 ha assunto la carica di presidente della Fondazione Palazzo Litta per le Arti Onlus.

Sono un Acquario probabilmente ascendente Vergine e questa è la sintesi perfetta. Sono tosta in tutti i sensi, sensibile, buona, e in alcuni casi devo tenere a freno il sarcasmo.

Con il passare del tempo ho raggiunto un maggior equilibrio e molte più sfumature del mio carattere, mi sopporto di più e riesco anche a stimarmi (di tanto in tanto).

Diventare presidente del luogo in cui sono cresciuta professionalmente è stata sicuramente una gioia anche se ogni tanto non dormo la notte!

Lei non nasce “filodrammatica”: qual è stata l’esperienza fondamentale che l’ha spinta al teatro?

Ho trovato nel teatro una casa, una famiglia fin dall’inizio quando avevo 20 anni pur non avendo nessuna esperienza di teatro e tantomeno velleità artistiche. Ho scelto le persone e i luoghi e loro hanno scelto me…

Ha passato più di vent’anni della sua vita nell’ambiente teatrale e questo, oltre alla soddisfazione di essere ai vertici di una storica istituzione milanese, le ha permesso anche un incontro che ha coronato un altro suo desiderio, quello della maternità …

Rimaneva per me ‘’l’esperienza’’ non vissuta. Poi quasi sei anni fa una curiosità mi ha spinto a proporre al mio attuale marito un percorso di avvicinamento all’affido famigliare di cui non conoscevo regole e modalità… da lì grazie alla complicità con Antonio è stata una grande avventura in cui 4 mesi dopo avevamo l’idoneità all’affido e dopo solo 3 mesi ricevo una telefonata che mi dice di sedermi e ascoltare; se siamo sempre dell’idea ci sarebbe una peste ricciolona e bellissima di quattro anni e mezzo che ha appena ricevuto un decreto definitivo di allontanamento dalla famiglia di origine.

Una bellissima piccola dagli occhi vispi, adultizzata, sveglissima e tanto sola e spaventata, che iniziamo a conoscere e per cui, senza quasi domandarci nulla, iniziamo ad affrontare momenti difficili, faticosi, incomprensibili, ma entusiasmanti e sfinenti al contempo.

Dopo il primo Natale insieme mi sono sentita mamma completa senza se e senza ma.

L’ambiente teatrale è uno dei più “galeotti” per l’intrecciarsi di relazioni sentimentali, forse perché lì, come ha detto lei, “le fragilità sono più esposte”?

Certo, anche perché si sta insieme quando gli altri si divertono, intendo i Natali, i Capodanni, le feste, le serate e le tournée. Poi, come succede negli ospedali, gli orari di lavoro influiscono anche molto sul comportamento di noi tutti. E spesso questi luoghi diventano galeotti… Il teatro è una lente d’ingrandimento delle emozioni e quindi anche il cuore batte spesso fortissimo.

Io personalmente ho un marito e un ex marito con cui condivido anche il lavoro e pur con tutte le difficoltà, resta, a mio parere, una bellissima realtà.

L’essere donna, nell’ambiente teatrale che valori porta e quale incontro/scontro comporta con la componente maschile?

Fino a qualche anno fa, le donne nello spettacolo dal vivo, erano prevalentemente attrici e/o organizzatrici spesso entrambi i ruoli insieme, ora ci sono figure a mio parere interessanti e molto preparate di donne con la responsabilità imprenditoriale della realtà che rappresentano e non necessariamente tutte, hanno anche ruoli artistici. Penso che diversamente dagli ambienti ‘businness oriented’ le differenze di inquadramento anche economico, siano minori nel nostro ambiente. Non penso che le attrici donne vengano pagate meno degli uomini piuttosto che un’organizzatrice. Il bello di questo ambiente è anche per una certa parità e un po' meno bisogno di etichettare le persone in merito al genere o ai gusti sessuali. All’interno di MTM la componente femminile è molto presente con ruoli di responsabilità come la direzione delle nostre scuole di teatro e musical, la direzione amministrativa, quella organizzativa. La componente femminile c’è anche tra i nostri responsabili artistici (Antonio Syxty- Gaetano Callegaro) con Valeria Cavalli.

È presidente di MTM, Manifatture Teatrali Milanesi: che significato ha il termine “manifatture”?

Il teatro e tutto lo spettacolo dal vivo, prima di diventare arte – quando lo diventa – è artigianato di qualità. Ogni spettacolo è un pezzo unico che comporta una “manifattura” che viene curata nei minimi dettagli. In fondo è un’ “arte manufatturiera” messa in opera con moltissime ore di lavoro.

MTM non è solo teatro …

Una caratteristica di MTM è costituita dalla sua posizione urbana e dall’architettura dei suoi spazi. Il Teatro Litta è un piccolo teatro all’italiana con 200 posti a sedere, una buca dell’orchestra e una torre scenica alta 12 metri. Un perfetto gioiello ancora funzionante. Un luogo prestigioso all’interno di un palazzo storico della nostra città, il Palazzo Litta. In Corso Magenta a Milano. Quindi MTM è anche luogo di incontro per gli spettatori, ma anche per le famiglie che accompagnano i loro figli ai numerosi corsi di teatro e di musical che mettiamo a disposizione, con moltissimi partecipanti e iscritti. Allo stesso modo avviene per la Cavallerizza – sempre all’interno del palazzo, che collega il teatro con l’ampio cortile dell’orologio. Il Teatro Leonardo invece è in zona universitaria in Piazza Leonardo da Vinci. Un perfetto esempio di “urban theatre” con 500 posti a sedere e molto frequentato da giovani e da scuole superiori, per una programmazione dedicata espressamente a una linea “mainstream”. E poi c’è la storica Scuola Grock in Via Muzio, luogo di esperienza e incontro per oltre 600 iscritti. Mi permetto di dirlo, MTM non è solo teatro, ma è vita sociale, scambio, condivisione, cultura.

Come si caratterizza MTM rispetto alle altre realtà teatrali cittadine?

La differenza è fondante per noi che abbiamo immaginato questo progetto nel 2015: abbandonare l’idea che un teatro sia l’espressione artistica e organizzativa di una “famiglia d’arte”, come è nella tradizione italiana in cui riconosciamo il regista e la sua compagnia come depositari di una linea artistica, e – al contrario, come nel caso di MTM - Manifatture Teatrali Milanesi – immaginare una struttura aperta con un tavolo di responsabili artistici e di curatori per differenti ambiti di spettacolo. Potrei fare l’esempio di una casa editrice con differenti collane, dirette da altrettanti responsabili, che fanno capo a una “governance” più allargata e in costante relazione con quella che è la gestione economica e finanziaria del gruppo, nel nostro caso della Fondazione Palazzo Litta Per Le Arti Onlus – della quale sono presidente - che governa il progetto artistico-organizzativo di MTM. Il teatro del futuro deve diventare una piattaforma “open source” in grado di rinnovare la scena e incentivare ricerca e nuovi linguaggi, tenendo presente le esigenze di pubblico e di sostenibilità finanziaria. È un progetto ambizioso e fortemente innovativo nella cultura del teatro di prosa italiano, che fatica a farsi “accettare” dalle istituzioni pubbliche e dagli addetti ai lavori, ancorati a un’idea tradizionale della gestione dello spettacolo dal vivo ancora inserito nella “tradizione” teatrale del nostro Paese.

MTM, raccoglie tre spazi particolari, il Teatro Litta, la Cavallerizza e il Teatro Leonardo: ce ne può sintetizzare le differenze di programmazione e di pubblico?

Come ho già detto prima il Teatro Litta è dedicato al teatro contemporaneo e alle tematiche del tempo presente, ai giovani registi e autori, i creativi emergenti del rinnovamento della scena italiana. La Cavallerizza è per i progetti ‘tailor fit’, cuciti addosso alle esigenze di un pubblico raffinato e più sofisticato, come può essere il festival H.O.R.S. - affidato alla direzione artistica di due giovanissimi registi - o il progetto “Le ragazze raccontano”, una mia idea che ho potuto sviluppare grazie alla collaborazione artistica di Valeria Cavalli e che è declinata tutta al femminile. Il Teatro Leonardo è dedicato al teatro di intrattenimento di qualità anche per le famiglie e a tutto il programma “educational”, espressamente indicizzato sulle tematiche adolescenziali dei giovani di oggi.

Ci può illustrare il progetto “Le ragazze raccontano”?

È un percorso voluto fortemente da me e Valeria Cavalli in cui la creatività femminile è protagonista. Per questa prima edizione nella stagione 19-20 sono 20 i titoli tra i 50 e più del cartellone, distribuiti nelle nostre tre sale. Un modo anche per orientare il pubblico, sempre in maggioranza femminile, ma non solo. Abbiamo scelto tra amiche artiste, registe, attrici, drammaturghe che racconteranno le loro storie sui palcoscenici di MTM. Addirittura all’interno de “Le ragazze raccontano” anche un ciclo di letture sui classici del ‘900 a cura delle attrici di ATIR. Appuntamenti che stanno riscuotendo davvero molto interesse e partecipazione. Entusiaste da questi primi mesi siamo già al lavoro con Valeria per scegliere le ‘ragazze ‘ per la prossima stagione.

Il Litta è considerato il teatro ambrosiano più antico in attività: che effetto le fa aggirarsi e operare in un ambiente così ricco di bellezza e di storia?

Credo fortemente che bellezza crei bellezza e lavorare da ventotto anni in un luogo così è davvero una fortuna! Non che sia facile, sono stati anni faticosi e rischiosi dapprima quando eravamo solo Teatro Litta e abbiamo dovuto affrontare sulle nostre spalle una completa e onerosissima ristrutturazione degli spazi teatrali, essere responsabili di luoghi così belli ma anche fragili e di complessa gestione ti porta via almeno metà della giornata lavorativa, più tante preoccupazioni.

Esiste un’offerta, un’organizzazione e una “filosofia” specificamente milanesi nell’approccio al teatro?

La filosofia è quella che Milano è, anche e soprattutto, una città europea e come tale non bisogna essere “nostalgici” nella proposta culturale, ma al contempo valorizzare contenuti locali e tradizionali inscrivendoli in un contesto più ampio, in grado di dialogare con “il fuori”, “l’altro”.

Nel 2014 ha detto che il teatro “tenderà sempre più ad essere uno spazio d’élite, un cerchio stretto…”, e nel 2019: “Il futuro del teatro dovrà necessariamente diventare qualcosa che ha a che vedere con il tempo della vita degli spettatori e del pubblico”, accettando la sfida della condivisione e della comunità. Pessimismo della ragione e ottimismo della volontà?

Nel 2014 stavamo progettando il modello di MTM ed ero cosciente del fatto che il teatro – come nella comunicazione e nei social – è rivolto ad una “cerchia”, a una comunità. Il pensiero è quello di creare più comunità, o di dare “voce a più voci”. Faccio un esempio: noi di MTM abbiamo portato a Milano un progetto come “l’Italia dei visionari” dove sono coinvolti fra gli 80 e i 100 spettatori che scelgono su una piattaforma on-line dedicata tre spettacoli da mettere nel nostro programma artistico di stagione. Questo significa voler lavorare a favore di temi come “audience development” e audience engagement. Questo progetto è presente in tanti Paesi europei e significa che il futuro è fatto di condivisione e scambi, di ibridazioni e scoperte “no borders”. Non credo si possa immaginare per il futuro di continuare un’offerta culturale che non tenga conto del fatto che il consumatore di cultura sia anche un produttore di cultura. Ricordate l’antinomia “consumers-prosumers”?

Se dovesse organizzare uno spettacolo all’aperto, quali scenari milanesi sceglierebbe?

Castello Sforzesco, Terrazze di Palazzi, Piazza Gae Aulenti.