La separazione della funzione attraverso la perdita della forma originaria può essere il tema dell'Arte di Bouke de Vries.

Nato a Utrecht nel 1960, studia alla Design Academy di Eindhoven ed in seguito alla Central St. Martin's di Londra che gli apre le porte a collaborazioni con il mondo della moda: da John Galliano a Stephen Jones.

In seguito, abbandona l'universo fashion alla ricerca di una sua dimensione autoriale attraverso il restauro della ceramica, percorso che intraprende presso il West Dean College, nel Regno Unito.

Ceramica e porcellana divengono il centro delle sue riflessioni sul senso del finito e dell'interrotto. L'emozione che deriva dalla compiutezza di un gesto artistico viene dilata attraverso gli aspetti abrasivi che lo declinano nel tempo e nello spazio.

Il tema del frammento diviene elettivo di una serie di fraseggi, composizioni osmotiche tra l'aria, la luce e la materia infranta, in quel che resta di un tutto ormai distrutto.

Riportare all'origine fisiognomica i soggetti è la prima missione di un restauratore, ma reinterpretarli in forma nuova è quel mondo germinativo che appartiene all'atto creativo che è di de Vries e che presto s'insinua nella sua mente e nella sua progettualità.

L'intero di un oggetto ha valore per la funzione che l'uomo gli attribuisce: non è il coccio ad avere il dominio sui sensi attraverso la perdita di quanto formava, ma è il coccio la dimensione narrativa di una nuova presenza che si alimenta dell'assenza imposta.

Come restauratore di ceramica de Vries aveva il compito di ricomporre filologicamente il cammino delle parti esplose al contatto con i piani terreni, di accostare in termini sintattici la parola alla frase per il senso originario.

Oggi Bouke dona voce inedita alla passione infranta e compone con volumi frangibili dimensioni infrangibili perché già spezzate: planimetrie che rimandano alla forma scultorea che di essa sono intrinseca espressione, ma che dal decoro sgrammaticato, nello spezzato di uno scontro, ritrovano un'altra esistenza e una nuova gerarchia formale.

I bordi taglienti dichiarano un insieme interdetto da un brusco impattare in un rovinoso passato. Ciò che un tempo era circolare e compatto di una superficie sensata nella storia di oggetto e ruolo, aspetto e compito oggi ha vita tradotta ed esposta a nuova funzione.

L'espressione che deriva da questa rimessa in scena di una fine nasce dalle partizioni casuali delle superfici che si armonizzano su nuovi piani di osservazione e cita della natura la sua messa in scena, il suo essere riprodotta dall'emozione umana dei luoghi e del tempo.

Nature morte, care all'Olanda del diciassettesimo e diciottesimo secolo, che in Bouke de Vries si assimilano al principio di composizione il cui ritmo è dettato attraverso le diagonali antigravitazionali che si sono create dalla gravità e in nome di una estetica giustappositiva che si esalta tra pieni e vuoti, luce ed ombra di pezzi di storie finite.

Le nature morte pongono a raccolta la vita nell'esperienza metafisica di riproduzione dell'atto naturale di vivere e manifestarsi al mondo nella dimensione che vegetale ed animale danno all'uomo in senso reale e metaforico.

In Bouke de Vries sono i pezzi di cotture minerarie frantumate ad essere poste sotto vetro ed esaminate per la loro nuova armonia compositiva.

Gli esercizi artistici che esprimono la coscienza del “vedere oltre” di Bouke de Vries sono esplorazioni tra ceramica e porcellana che hanno il valore del reperto archeologico o della traccia formale che ogni soggetto ha sulla nostra immaginazione. Tali informazioni, edulcorate dalla fantasia e dal potere evocativo di una logica fuori dalla pratica, dettano la linea del significato oltre il significante.

Riprodurre in termini impressionisti i volumi e le allegorie tracciate dalle cose fuori fuoco è la traccia da cui partire per le emozioni più acute, laceranti, poetiche ed ironiche della scultura di Bouke.

La Nike di Samotracia, la Venere di Milo, sono due esempi di come la rottura lascia spazio al dialogo con la bellezza e la non compiutezza esalti il pensiero umano attraverso l'astrazione.

La Venere di Milo è ammirata nonostante le sue braccia mancanti, tuttavia se una musa di Meissen perde un dito perde anche il suo valore.

(Bouke de Vries)

Nel “deficere” il posto che sembra vuoto diviene spazio per la creazione e lo sviluppo di volumi che sono veri universi emozionali.

La scultura di de Vries annuncia dalla sua fine il vizio di forma, il termine aggettivale del modulo infranto che si raccorda su di uno spartito sonoro fatto dal rumore del frantumato che crea una nuova bellezza.

Ciò che resta di un conflitto (tra superfici o creature) sono i pezzi di una storia interrotta che ben si esprime nell'opera War and Pieces dove il fungo di detriti e polvere, dell'atomica, si forma idealmente e si erge imperioso sul cumulo di macerie. In questa esplosione di porcellane e ceramiche il candore del patchwork dei pezzi ingaggiati a coreografare la scena si arricchisce di presenze scultoree che teatralizzano il panorama del vasto componimento.

Nell'opera di de Vries si addizionano al frantumato elementi della contemporaneità e della cultura dell'oggi che donano accentuazione Pop al contesto prezioso e poeticamente “di rottura” dello scultore di Utrecht.

Bourke de Vries posiziona con vibrata logica luministica e motoria le sue particelle d'arte perduta e da vita ad una lirica della scultura che si avvale del frammento di quella che si può definire “Arte di Rottura”.