Agosto. I soliti gesti di ogni mattina, accendere il pc, entrare su facebook, linkedIn, twitter, uno sguardo sul mondo, quello vero a quanto pare. Perché se non sei lì, non conti nulla, anzi forse neanche esisti e inizi a crederci anche tu, di non esistere senza.

Ed ecco che sulla mia pagina di fb compare quel rettangolino rosso con il numero uno nello spazio delle notifiche. Hai accettato la mia richiesta di amicizia. Mentre nell'area messaggi privati un altro rettangolino mi segnala che qualcuno mi ha scritto... e sei sempre tu. "Ciao, so che mi hai contattato per lavoro, per quel festival di musica, ho già dato la mia disponibilità... ma volevo dirti che... dalle foto mi sembri così solare, sorridente, spensierata... dalle foto ti ho riconosciuto, sei quella dell'anno scorso che vidi in un locale mentre suonavo, quella di cui ho cercato disperatamente il nome e a cui ho mandato un invito per uno spettacolo proprio qui su fb, che bello ritrovarti!".

Dopo una mia risposta professionale, lo scambio di messaggi si intensifica, fino a diventare un vero e proprio corteggiamento di giorni che inseguono altri giorni, in cui aprire facebook vuol dire avere il cuore in gola nella speranza di rivedere ancora quel rettagolino rosso e di leggere parole dolci, da qualcuno che sembra conoscerti da sempre e tu dimentichi presa dall'oblio di queste parole, che non ti conosce affatto e soprattutto tu non conosci lui.

I pensieri si rincorrono nella mente, la fantasia danza sul corpo e inizi a provare qualcosa di invadente, di insensato, che tenti di scacciare, ma resta, fino a radicarsi dentro prepotente. E non riesci a smettere di pensare a quella persona di cui vedi solo una foto, ma che ti dedica attenzioni, dolcezza e si preoccupa per te, hai paura di idealizzarla, che ti ferisca, controlli la sua bacheca, le pagine su cui clicca "mi piace", i commenti che posta alle altre donne, le sue nuove amicizie, ma credi che lui in fondo sia tuo e ne sei gelosa, trascuri il fatto di non averlo mai visto, questo è solo un piccolo particolare, dopo tutte le parole scritte.

Finalmente prendo il coraggio e decido di incontrarti, vengo a una tua lezione di sax e ti scatto delle foto per quell'intervista che ti avrei fatto. Lì scopro che è tutto vero, tornando a casa il cuore mi batte fortissimo e tu mi telefoni per dirmi altrettanto, non era un'illusione, non era una magia dei social network... Le nostre passeggiate lungo il ponte di Spoleto, in cui ti invito a percorrere sentieri impervi e mi dici di non avere le scarpe adatte, le cene in quel ristorante di Monteluco accanto al bosco sacro, i baci e le carezze trasportati dal tiepido vento settembrino, la voglia di perdersi. Giocare a "strega comanda color color" con tuo figlio, la sorpresa nei suoi occhi di fronte al pallone di Barbapapà, mio regalo per lui, i tuoi concerti a cui mi inviti fiero, le telefonate e i messaggi d'amore, fanno sembrare così lontano il tempo della nostra conoscenza su facebook.

Poi d'improvviso la paura di credere di nuovo in una persona, di fidarsi davvero, di costruire. I tuoi silenzi, i miei dubbi, i giorni ricominciano a rincorrersi stavolta senza parole però, pieni solo di dolore. La mia attesa, poi la decisione di allontanarti dalla mia vita e come gesto simbolico il cancellarti proprio da dove ti ho conosciuto e rimuovere quindi dagli amici di facebook il tuo nome. Come se questo bastasse a dimenticarti e a farti capire che non sopporto più tutta la sofferenza che mi hai causato.

Il lasciare la mia bacheca pubblica, per far sì che tu possa comunque vedere le mie immagini di copertina e leggere i miei post di rabbia, di una donna ferita, che si sente presa in giro e abbandonata, il controllare di nuovo la tua bacheca per sapere se al mio posto ora c'è un'altra a cui mandare messaggi d'amore, un'altra foto che ti ha intrigato e sulla quale sognare. Io ormai sono diventata reale e proprio per questo non esisto più, nel tuo cuore. Conservare tutte le nostre conversazioni, poi avere la tentazione di cancellarle, per eliminare ogni traccia di te, ma decidere di tenerle per una sorta di tenerezza o di speranza in un tuo ritorno, anche se so che non tornerai.

Due mesi di lontananza, poi quella sera venire in quel locale dove andavamo sempre insieme e trovarti lì in procinto di suonare, dimagrito come un uccellino e scappare, avere paura che i tuoi occhi si posino su di me di nuovo e non saper resistere. Camminare verso casa agitata e sentire la tua presenza dietro la mia schiena, voltarmi per vedere se ci sei e trovare solo il buio, eppure sentirti lì.

Il giorno dopo, la telefonata, i nostri amici di facebook mi cercano insistentemente, non vogliano che io lo sappia proprio leggendolo su un post, sei morto da poche ore.

Il dolore mi assale come una lancia che mi trafigge il petto e mi fa mancare l'aria, forse mi hai allontanato per proteggermi? Il buio, urlo su facebook il nostro amore, quell'amore che per due mesi ho represso, posto la tua foto, quella che ti feci alla lezione, poi una di una nostra cena in cui mi promettevi che saremmo stati sempre insieme e un'altra ancora in cui mi dicevi che avremmo potuto tutto, tranne contro la morte.

Devo dirti addio e lo faccio proprio lì pubblicamente, come a legittimare la nostra storia, a dimostrare che tu sei esistito e anche io, che siamo esistiti insieme. Al funerale, trovo sulla tua bara proprio quella prima foto che ti scattai, come se il tempo si fosse fermato il giorno che ci siamo conosciuti. I tuoi genitori si avvicinano a me, pur non conoscendomi, e mi dicono che quando parlavi di me ti brillavano gli occhi.

Non ho bisogno di altro, non hai voluto spiegarmi, le parole che non mi hai detto le hai portate con te. Dicevi che ero la tua rivoluzione, che ero il tuo angelo, ora sei tu un angelo e io devo lasciarti andare. Ma forse io e te non siamo mai esistiti, siamo solo due account su facebook che non sono più amici. Gennaio. Logout.

Dedicato al saxophonista umbro Cristian Panetto, scomparso improvvisamente l'11 gennaio 2013.

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