È stato appena pubblicato A Place of Stillness (Alfa Music), album di debutto di Chiara Orlando, jazzista siciliana da tempo trasferita a Roma, dove coltiva la sua sfaccettata cifra stilistica. La Orlando, infatti, alterna alla voce lo studio rigoroso della tromba, una ricerca che per certi versi rappresenta il posto della quiete richiamato dal titolo, la cui sponda naturale potrebbe essere la calma data anche dal raggiungimento di una meta, che in ognuno di noi può essere ricercata in luoghi, persone, o immagini diverse.

Approfondiamo titoli e sequenze...

C'è chi può trovare la serenità nella ricerca di ricordi, In Search of Memories, chi nell'amore, If You Can Stay Close to Me, chi nella natura, chi nel desiderio di pace tra gli uomini, Blues for Peace, chi paradossalmente nella confusione di una metropoli come può essere New York, la città del bebop, quindi Boplicity. Insomma, ho voluto dare una mia visione al riguardo, dato che spesso mi pongo questa domanda: "Qual è il posto, il ricordo o il raggiungimento di un obiettivo che potrebbe generare in me uno stato di calma?" Nel disco ho cercato di rispondere a questa domanda con parole e musica. Comunque, dietro a molti brani c'è una dedica specifica, ad esempio, Rose dedicato a una delle mie adorate nonne, oppure Summer Village dedicata a Esbjorn Svensson, In Search of Memories dedicata a uno dei miei cani, oppure è il riflesso di uno stato d'animo come Blues for Peace.

Sei molto attiva anche sul lato compositivo, come sei riuscita in tal senso ad alternare brani tuoi con standard della tradizione?

Quasi tutti i brani originali sono stati scritti a quattro mani, da me e mio marito Pietro Ciancaglini; ormai il binomio Orlando-Ciancaglini, è molto consolidato anche nella composizione. Spesso durante le nostre sessioni di studio ci dedichiamo alla scrittura, che può partire da un'idea melodica, armonica o da un frammento ritmico che poi sviluppiamo... ci divertiamo tantissimo! Pietro ha segnato profondamente la mia vita musicale, sicuramente è stato il mio Maestro più importante a cui devo tanto, sono convinta che non avrei mai potuto condividere la mia vita con una persona lontana dalla musica: il fatto di suonare insieme mi rende felicissima... e anche in ambito lavorativo abbiamo trovato un bell'equilibrio, che ci rende una coppia salda. Tornando alla composizione, a me piace anche scrivere dei riff introduttivi, come quello del basso di In Search of Memories, o quello più ritmico di Summer Village. La scelta degli standard è stata fatta in rapporto a quelli che sento più miei, o per stile come Boplicity, o perché hanno segnato in modo particolare la mia vita musicale, come With a Song in My Heart che è stato il pezzo con il quale ho scoperto Tom Harrell, mio musicista di riferimento, e per il quale ho deciso di studiare la tromba.

Ma quando ti sei scoperta musicista e quando, invece, hai capito che la stessa sarebbe diventata una tua fedele compagna di viaggio?

In realtà da tempo ho compreso che il canto non appaga appieno la voglia di immergermi nel mondo musicale e ho sempre sentito il desiderio di suonare uno strumento. Il primo strumento al quale mi sono approcciata è stato il basso elettrico che ho studiato per due anni, poi, appunto, sono stata folgorata dalla poesia e dal suono di Tom, approdando così alla tromba. Non potrei mai immaginare la mia vita senza musica, l'ho sempre saputo: ogni giorno mi insegna qualcosa nel bene e nel male e mi mette sempre più in contatto con il mio ‘io’ più profondo.

E il jazz, invece, quando è entrato nella tua vita? Influenze e ascolti decisivi?

Ho scoperto il jazz quasi per caso, grazie ai miei genitori che in casa avevano delle compilation al riguardo. Il primo musicista che ricordo di avere ascoltato è stato Louis Armstrong, che con il suo grande feeling mi ha fatto innamorare di questa musica stimolando la mia curiosità. Poi mi si è aperto un mondo iniziando dalle cantanti Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, Billie Holiday, Carmen McRae, Shirley Horn, poi musicisti come Bill Evans, Art Farmer, Roy Eldridge, Kenny Dorham, Stan Getz, Tom Harrell, Chet Baker, Joao Gilberto, Milton Nascimento, John Swana etc. Ho proceduto poi quasi per discografie, approfondendo ognuno dei citati con altri ancora. Non si finisce mai di imparare, anche con la musica.

La voce, ovviamente, è uno strumento naturale, lo alterni allo studio della tromba... come vedi le due situazioni in parallelo?

A volte i due strumenti sono agli antipodi, ma sicuramente lo studio della tromba mi ha arricchita come cantante. Spero di poter sfruttare entrambe le cose al meglio, suonando e cantando nello stesso concerto!

Cosa non ami invece? Non parlo di nomi, ma di approcci alla musica che ti infastidiscono...

Diciamo che amo la melodia, quindi ciò che non apprezzo particolarmente può essere ascoltare un musicista che suona mille note al secondo senza regalarti un'emozione.

Qual è la tua opinione riguardo alla didattica del jazz, adottata in Italia adesso?

Riguardo la didattica del jazz in Italia, penso che spesso a insegnare ci siano bravissimi musicisti ma, purtroppo come ben sappiamo, questo fattore non coincide sempre con il fatto di essere un bravo e generoso didatta. Cito al riguardo la pianista Cinzia Gizzi, che è stata la mia relatrice dell'ultima tesi che ho scritto sul Ruolo delle donne strumentiste di jazz in Italia: “L’insegnamento è un’esperienza pari, per importanza, a quella concertistica. È un ruolo nobile, una specie di missione che se non senti è meglio non fare, perché potresti facilmente rovinare il talento di un giovane e ciò sarebbe una colpa imperdonabile. Chi la pratica sa quanto questa attività assorba tutte le energie. Ti ripaga enormemente sul piano umano insegnandoti a non essere concentrata solo su te stessa, tenendo a bada il tuo ego, ad essere generosa, elargendo tutte le informazioni che a fatica hai raccolto negli anni…”. Parole che delineano dei concetti eloquenti.

Cosa ti aspetta nell'immediato futuro?

Spero di poter portare in giro il più possibile questo progetto, anche se in Italia non è così semplice dato il momento storico culturale che stiamo vivendo; progetto che condivido con degli straordinari musicisti che mi hanno sempre sostenuta e hanno partecipato con grande affetto e professionalità alla realizzazione del disco. Un grazie speciale per questo ad Antonello Sorrentino e anche agli special guest Elvio Ghigliordini e Paolo Recchia.