Gli antichi greci la chiamavano Kalliste, “la bellissima”, per i geologi è semplicemente l'Ile des Contrastes, mille chilometri di costa frastagliata da golfi e insenature, scogliere e depressioni, dominati da un’imponente dorsale emersa dal mare, sulla quale svetta il monte Cinto coi suoi 2706 m. Indecisi tra mare e montagna abbiamo scelto la Corsica, dove ad appena 20 km da spiagge “tropicali” i cartelli indicano “catene a bordo”. Tra i riti di ferragosto c’è addirittura quello di recarsi in quota con borse termiche per giocare poco dopo a palle di neve sulla sabbia. Poi c’è l’indomito popolo corso che, per lingua e cultura, ci fa sentire a casa. Ma è anche l’isola dei maiali selvatici, dei formaggi piccanti, della birra di castagne, delle torri di guardia, dei cimiteri panoramici, della siesta, dei giocatori di pétanque (bocce), dei vecchi senza età che guardano lo scorrere della vita, più pastori che marinai. Uno straordinario puzzle di contrasti unico nel Mediterraneo che, assieme a mia moglie Rosy e ai bambini (Clelia, Fabio e Giorgio, di 11, 9 e 3 anni), abbiamo deciso di conoscere meglio girando l’isola in senso antiorario, quello che consente di vivere il viaggio dalla parte del mare, spesso su strade panoramiche sospese nel vuoto, “mulattiere asfaltate” scavate nella roccia, in cui occorre prestare più attenzione del solito. Chi invece sceglie il senso inverso, deve fare attenzione alle rocce sporgenti che ogni tanto sfiorano la mansarda.

Capo Corso “Il Dito”
Dopo appena 4 ore di traversata da Livorno usciamo dal porto di Bastia, città che decidiamo di visitare alla fine del tour de Corse, ansiosi di muoverci verso nord. Infiliamo subito la D80 costruita ai tempi di Napoleone III, litoranea che per 110 km ricama la penisola montuosa di Capo Corso: un frastagliato lembo di terra selvaggia a forma di dito indice, emarginato dal resto dell’isola. La prima sosta dopo soli 9 km, nel parcheggio accanto al municipio di Erbalunga, pittoresco villaggio di pescatori aggrappato alla parete di un promontorio a picco sul mare. Scendiamo la scala tra vecchi vicoli fino alle case a pelo d’acqua del porticciolo, accalcate sulla lingua di roccia dominata da una torre genovese in rovina. La striscia d’asfalto che segue il litorale basso della costa orientale termina all’assolato Macinaggio, porto caro ai velisti italiani. Alle spalle il parco delle isole Finocchiarola, ben visibile dalla balconata dell’ufficio turistico. Fu da qui che nel 1767 la flotta di Pasquale Paoli partì per strappare l’isola di Capraia ai genovesi, decretando la fine di cinque secoli di dominio ligure.

La D80 attraversa il paese e s’inerpica verso l’interno tra boschi di lecci, olivi e fichi, in una guida rallentata da grossi greggi di capre, per riaffacciarci al mare all’altezza dei mulini a vento Mattei (famiglia produttrice dell’aperitivo Cap Corse), sopra la pescosa baia di Centuri, prediletta da sub e cultori dell’aragosta. Sul versante occidentale la strada serpeggia alta e deserta tra muri di corbezzoli, mirto e paesini con le case in pietra ricoperte di bouganville, spesso situati in punti strategici, veri nidi d’aquila a picco sul mare, come Pino, dove facciamo rifornimento nel distributore del supermarket, accanto alla fontana sorgiva, e soprattutto lo sperone roccioso di Nonza, con le case dai tetti d’ardesia che si stringono intorno alla chiesa consacrata a Saint Julie (XVII sec.), martirizzata a Cartagine nel 300 d.C., e la torre genovese a base quadrata, costruita nel 1550 in blocchetti di scisto verde.

Centinaia di scalini scendono ripidi verso la desolata distesa d’arena cinerea, annerita dalle fibre d’amianto della miniera di Canari, in disuso dal 1965. Una superficie ideale su cui scrivere messaggi d’amore o disegnare enormi cuori con rami e ciottoli bianchi. Alcuni camper preferiscono la vicina baia di Marina d’Albo, un altro arco scuro di più facile accesso, altri il camping a Marina di Farinole, 8 km più a sud; per noi qualsiasi luogo va bene se l’ora è giusta: dopo il primo bagno a Plage Negro, spegniamo il motore in un belvedere che dona respiro allo sguardo, nei pressi d’un abbagliante camposanto. L’indomani vigneti e cantine di degustazione accompagnano la nostra discesa fino alle porte di Saint-Florent, alla base occidentale del “Dito”. Stradine animate e un’ombreggiata piazzetta conservano l’antica struttura creata dai genovesi nel XV secolo. Eleganti boutique, lussuosi yacht e la folla di villeggianti impongono al caratteristico abitato un’atmosfera spiccatamente francese, molto mediterranea. A parte la spiaggia di Raya, 2 km a ovest, alle famose distese di sabbia rosa corallo di Lotu e Saleccia, scelte per alcune scene del film sullo sbarco in Normandia Il giorno più lungo, si arriva soltanto via mare, in fuoristrada lungo 12 km di piste incavate dalla pioggia (da Casta sulla D81) o seguendo per 3-4 ore a piedi la “strada del doganiere” (v. box), il sentiero che compiva il periplo dell'intera Corsica, pattugliato dai gendarmi a cavallo incaricati di impedire il contrabbando.

La dolce Balagne, “Giardino della Corsica”
La D81 sale ripida sopra la spiaggia di Raya e inizia a serpeggiare tra i rilievi selvaggi dell’entroterra, a sud del Désert des Agriates, col traffico tornato inesistente e la visione di ciclisti sudati alla ricerca del ritmo perduto. Ci sistemiamo davanti alla posta di L’Ile Rousse o Isola Rossa, dal colore del porfido dell’Ile de la Pietra (collegata alla città da una strada), giusto in tempo per assistere al carosello di gente in festa per la vittoria della Francia sul Brasile. La consueta perlustrazione all’alba ci rivela l’armonica struttura di questo abitato a scacchiera, edificato su antichi insediamenti romani e prescelto da Pasquale Paoli a diventare il porto principale della “Corsica libera”. Il busto in marmo del “Babbu di a Patria” si erge all’ombra di quattro alte palme e dei platani centenari della piazza omonima, che confina col singolare mercato “delle 21 colonne”, il lungomare e la spiaggia, dove ciclisti ancora assonnati si schiudono dai loro sacchi a pelo come boccioli a primavera.

La N197 segue il mare dall’alto di pendii per scendere poi lungo la depressione di Algajola, stazione balneare amata dai surfisti, raccolta attorno alla minuscola fortezza di costruzione fenicia, oggi proprietà privata. Per il clima mite, la fertile costa della “dolce Balagne” è frequentata tutto l’anno. Alle porte di Calvi troviamo un divertente mercatino delle pulci nella pineta a ridosso della conca di sabbia, già insediata da camperisti. Micheline, il simpatico trenino coi binari a scartamento ridotto, fischia e scivola sulla duna che abbraccia l’intero golfo, diretto a L’Ile Rousse, Bastia e Ajaccio. Per visitare Calvi, si lascia il mezzo nel grande parcheggio sterrato all’ingresso della “città bassa” (U borgu), si segue il sentiero in fiore che conduce alla distesa di bar, locali notturni e bistrò allineati lungo la promenade del porto, e si sale la stradina gremita di negozi e turisti fino alla “città alta”, sotto le mura intatte dell’imponente bastione genovese, che racchiude la storica cittadella. Proprio di fronte alla caserma della Legione Straniera, spingiamo la porta della bella chiesa barocca di Saint-Jean Baptiste custode del Cristo dei Miracoli, venerato per aver tolto l’assedio dei turchi nel 1553. Avamposto di Genova dal 1278, Calvi fronteggiò gli attacchi di pisani, saraceni, spagnoli, turchi e francesi. Dovette arrendersi soltanto di fronte alle truppe britanniche alleate a Paoli nel 1794, dopo aspre battaglie in cui l’ammiraglio Nelson perse l’occhio destro.

Per imboccare la via della costa, sostituita dalla più agevole D81, saliamo in cima a Bd Wilson, un viale soffocato dal traffico a tutte le ore, e giriamo a sinistra seguendo la parte del mare. Temuta ed evitata per le dimensioni ridotte e i precipizi senza valida protezione, la solitaria corniche D81b è “riservata” agli amanti del bello, un must da non perdere per la sequela di spettacolari panorami in grado di far scordare pericoli e vertigini, a parte l’attimo di smarrimento di Rosy: “Ma tu ci vuoi bene?”. E’ sufficiente procedere dolcemente e suonare nelle curve cieche, sperando di non incrociare un autobus nei punti meno agevoli. Irraggiungibili calette ammirate dal ciglio della strada ci conducono lentamente (15-20 km orari) alla vasta e scura spiaggia sassosa di Galéria: è qui che l’Italia batte la Germania, seduti al Sole e Mare in compagnia di pescatori sardi e di qualche tedesco in lacrime.

Le Calanche e la costa occidentale
Dopo un attimo di respiro, l’esile D81 torna a sbizzarrirsi tra scenari mozzafiato a strapiombo sui fiordi del Golfe de Porto. Delimitata anch’essa da simbolici “guard-rail” in pietra, alti pochi centimetri, e da provvidenziali slarghi laterali, la litoranea inizia dalla balconata di Col de la Croix affacciata sul Golfo di Girolata (vedi box), con la verde penisola della Standola sulla destra, dove nidifica la preziosa aquila pescatrice. Per lavori in corso, all’altezza di Osami inizia il tratto di terra e sassi privo di paracarro, che si protrae per ben 16 km fino al timido getto della fontana di Traghino, obbligandoci a procedere ancor più lentamente. Sono le 20 quando scendiamo in un felice terrazzo sul mare, proprio davanti allo scoglio infuocato che sorregge la torre genovese di Porto, un piccolo approdo famoso per i suoi tramonti, sorvegliato dalle punte granitiche del Capu d’Ortu (detto le “Tre Signore”, 1296 m).

La mattina successiva giungiamo in breve alla Tete du Chain (testa di cane), il noto sentiero che offre belle vedute sulle rupi color vermiglio, ma non penetra nel caotico labirinto pietrificato dei Calanche. Poco oltre, troviamo uno spiazzo di fortuna subito dopo lo snack bar Les Roches Bleues (il solo), da cui si gode un’ampia vista di questo scenario naturale unico, dichiarato “patrimonio dell’umanità” dall’Unesco: un’erosione che ha modellato forme bizzarre e paesaggi grotteschi grazie alla struttura cristallina della roccia, conseguenza di un rapido raffreddamento. Giochi d’ombre e colori, che variano a ogni ora del giorno, per diventare particolarmente suggestivi verso il tramonto, quando il porfido riluce di un rosso fiammante, spruzzato di verde, in contrasto col blu intenso del mare profondo. L’aria è di festa, i turisti lasciano il mezzo in ogni spazio possibile e camminano lungo la strada per inquadrare il ritratto da diverse angolazioni. Molti camper e anche qualche temerario in roulotte, che fatica a manovrare su questa striscia d’asfalto sempre tortuosa e stretta tra monti e mare. Dopo Piana la D81 riprende la costa a Cargèse, paesino fondato nel 1676 da rifugiati greci sfuggiti al dominio dei turchi, noto per le sue due chiese, cattolica e ortodossa, una di fronte all’altra. Ora il paesaggio diventa tropicale: si segue il golfo di Sagone sul bordo di bellissimi arenili bianchi, e non resta che lasciarsi rotolare nell’acqua turchese per un bagno rigeneratore.

Il Golfo di Ajaccio
Entriamo ad Ajaccio in una radiosa alba di luglio, decisi a dedicare qualche giorno extra al magnifico golfo della “città imperiale”. A noi è piaciuta subito, per l’atmosfera easy che la differenzia dal resto della Corsica. Dal nome delle strade a quello dei ristoranti, qui tutto parla di Napoleone Bonaparte, nato da genitori d’origine toscana il ferragosto del 1769, pochi mesi dopo l’annessione dell’isola alla Francia. Maison Bonaparte, la casa natia sempre gremita di visitatori, è in Rue St-Charles, tre piani con persiane verdi in un vicolo dell’antico borgo. A due passi, la cittadella militare sulla punta e sotto le mura due comode spiaggette con docce. A ovest la litoranea di 12 km si arresta al piazzale Punta de la Parada, coronato dalla torre che saluta le “famigerate” Sanguinaires: quattro isolotti che al tramonto si tuffano in un mare dal colore del sangue. Cediamo il buio capolinea alle promesse dei fidanzati e ci spostiamo di un paio di chilometri, davanti all’ingresso illuminato della polinesiana Moorea Beach. La Rue des Sanguinaires è costellata da mezzelune di sabbia finissima e qualche fontana, la più facile da localizzare si trova di fronte al cimitero dalla parte del mare. Sul lato opposto del golfo, più commerciale, abbiamo scelto la pineta sul verde smeraldo delle plages di Verghia, una serie di piscine dai fondali bassi, collegate tra loro da scalini di roccia. In aggiunta al quadretto idilliaco, assistiamo increduli all’entusiasmo dei corsi, che da auto e balconi sparano in alto con grossi fucili da caccia per festeggiare la vittoria dell’Italia sulla Francia, mostrano scritte beffarde “Allez les Blues, a la Maison!”, mentre fuochi d’artificio rischiarano il golfo.

Grand Valinco
Con la D155 si tornano a vedere le trasparenze del mare dall’alto, poi la bellezza selvaggia della baia protetta di Cupabia, i delfini a ridosso di Porto Pollo e il fiume Taravo, che ci conduce alla vera attrattiva della regione: la stazione preistorica di Filitosa (5 euro), coi suoi menhir-umani sparsi in una magnifica valle allietata da querce e antiche musiche che aleggiano nell’aria. Insediamento datato 6000 a.C., soltanto dal III millennio i suoi abitanti presero a scolpire guerrieri per scacciare i nemici. Il primo che s’incontra lungo i 600 m del sentiero è Paladino, alto 3 m, ma i bassorilievi e i volti degli stantare sono visibili solo in condizioni di luce ottimale. Colonnine di metallo spiegano in varie lingue la storia del sito, che tuttora appartiene alla famiglia Cesari, proprietaria del bar-ristorante all’ingresso. In 6 km siamo nuovamente accanto al mare, la D157 costeggia il Golfe de Valinco in un susseguirsi d’invitanti distese sabbiose deserte e immacolate; ci bagniamo ad Abbartello e Propriano, ma preferiamo terminare la giornata in collina, a Sartène, “la più corsa delle città corse”. Arroccate sulla roccia, case alte e austere si ergono come baluardi a protezione della cittadella fortificata, famosa per la coltelleria e per storie di vendette e faide iniziate in epoca feudale. Alle viuzze lastricate della città vecchia, si accede dalla piazza centrale, chiusa su tre lati, passando sotto l’arco del palazzo del governatore genovese, accanto alla chiesa di Sainte Marie (XVI sec.).

Bonifacio, il sud-est e la pianura orientale
Dopo la bella cala di Roccapina, 2 km di strada sterrata che scende sia allo slargo antistante la barra anticamper, distante 10 minuti di cammino dalla spiaggia, sia al campeggio comunale (17 euro) sul mare, entriamo a Bonifacio. Superato il camping Araguina e il ponte del porto turistico, con a destra la schiera di megayacht del beaux monde allineati sotto la massiccia roccaforte genovese, giriamo a sinistra e troviamo il parcheggio sterrato alle spalle del negozio Tam Tam. L’ampia scalinata verso la “città alta” termina alla Cappella St. Roche (1528), un punto sempre affollato di gente per il panorama che ha reso celebre questa località nel mondo. Con la costruzione di Bonifacio nell’833, per volere dell’omonimo conte toscano, quest’angolo peninsulare fu trasformato in un magnifico palcoscenico: un grappolo di case appollaiate sul ciglio della ciclopica scogliera gessosa, a ben 65 m sull’acqua. Viste dal mare o da Capo Pertusato, la loro posizione appare decisamente precaria. Una scalinata più stretta conduce al ponte levatoio della possente Porta Vecchia (1598), l’unico accesso alla Place d’Armes e al labirinto di carrugi, dove i visitatori si pestano letteralmente i piedi.

Ceniamo, guardando la Gallura oltre le Bocche, con squisiti tortellacci ripieni di brocciu, tipico formaggio corso. Il tempo persiste incerto, così ci spostiamo al parcheggio erboso di Rondinara (4.50 euro), 7 km di stretto saliscendi dalla N198, e cambiamo scenografia: sabbia bianca e soffice, acqua bassa e turchese, paesaggio vergine e geometria perfetta. Un piccolo golfo a forma di conchiglia con le sue estremità che quasi si toccano. Stupiscono i tori che qui si bagnano assieme a nugoli di bambini divertiti. Assistiamo al forsennato via vai di camper attorno alle mirabili Santa Giulia e Palombaggia (Camper Service Park de la Plage, 200 m dal mare: affollate spiagge caraibiche ornate da balsamici larici e rocce rosate, prima di staccare le chiavi a Porto Vecchio, nel parcheggio davanti alla barra anticamper del centro storico, a pochi passi dalla fontana pubblica. Sotto la fortezza, vicoli ostruiti da ristoranti, bar, pizzerie, creperie e animata mondanità. Più rilassante il mercatino giù al porto. Facciamo provviste al supermercato Geant, prima d’intraprendere il giro della D468, che in 16 km ci porta alle incantevoli baie di San Ciprianu e Pinarellu, avvolte da pini marittimi. Il camping California si trova nella piccola baia attigua, divisa col campeggio naturista La Villata. Anse sabbiose sorvegliate dall’immancabile torre genovese, come le oniriche Cavu, Fautea, Tarco, Favone, Cala d’Oru, si susseguono lungo la N198, che è tornata a seguire la costa all’ombra di grossi eucalipti, citronelle, clementini ed estese piantagioni di sughero. Unico neo: trovare un buon caffè è sempre un problema, proprio come in Francia.

Corte e Bastia
Da Solenzara la pianura orientale diventa una monotona distesa sabbiosa, con l’acqua che si alza a pochi metri dalla riva. Visitiamo i resti della città romana di Aléria, da dove Roma iniziò a colonizzare la Corsica nel 250 a.C., e nel tardo pomeriggio saliamo la N200 per Corte (400 m.s.l.m), la “capitale segreta” di Pasquale Paoli. Al paladino della libertà corsa è dedicata la statua bronzea in cima a Cours Paoli. Il maestoso aspetto della città lo cogliamo però dal ponte del Restonica, accesso da sud, con la luce delle 8. Base per escursioni di straordinaria bellezza (v. box), la vera Corsica è qui, tra monti dolomitici, paesini aggrappati alla roccia e ruscelli che borbottano senza alcuna fretta di perdersi in mare. Sulla N193 per la costa, si fa notare il paesino arroccato di Soneria. Infiliamo la D107, a sud dell’aeroporto, per visitare la cattedrale policroma di La Canonica (1119), considerata la quintessenza dello stile romanico pisano, modello di tutte le chiese pisane della Corsica. Il giro dell’isola lo completiamo seguendo la striscia di terra tra lo stagno dell’Etang de Biguglia e la spiaggia, perlopiù privata, fino al Camping Les Sables Rouges (17 euro) sulla Plage d’Arinella, ultimo lembo di sabbia prima di Bastia. Da non perdere nella capitale, i fatiscenti carrugi del porto vecchio, la veduta del medesimo dalla cittadella e il mercato domenicale di piazza Saint-Nicolas, osservati dalle alte mura di navi dirette in Continente. Considerate isole gemelle, in bellezza Sardegna e Corsica sono certamente gemelle, ma non monozigote.

Da non perdere
Escursioni a piedi
Nell’itinerario descritto ci si imbatte in un’infinità di straordinari percorsi a piedi ben marcati, che offrono la possibilità di ammirare la flora e la fauna protetta tra ineguagliabili paesaggi. A seguire alcuni di essi, tra i più semplici.
1. La punta del “dito”: da Macinaggio alla torre di Punta di Agnello di fronte all’isola della Giraglia, seguendo per 2.30 ore un facile tratto della “strada del doganiere”. Da Centuri occorre il doppio del tempo.
2. Spiagge di Lodu e Saleccia: in genere da St-Florent si raggiunge Lodu dal mare e in 45 minuti di facile cammino si arriva al campeggio di Saleccia, un lido stupendo guardato dai pini d’Aleppo. Entrambe le località sono fornite di bar-ristorante. Se il mare è mosso o preferite essere liberi da impegni, in circa 3 ore il sentiero dei doganieri conduce alla bianca spiaggia di Lodu: si segue per 3 km la pista sterrata lungo la baia di St-Florent e si lascia il camper (o il taxi) al faro di Fornali. La torre di Punta Mortella indica la metà del percorso.
3. Golfo di Girolata: si raggiunge solo via mare o in 90 minuti di marcia da Col de la Croix, seguendo un sentiero pietroso ben marcato tra i boschi che scende alla spiaggia di Tuara (45 min), poi un assolato saliscendi lungo la costa conduce alla baia del grazioso borgo, racchiusa dal promontorio dell’immancabile torre di guardia. Una meritata zuppa di pesce sul mare vi attende al superbo ostello Gite d’Etape Cormorano.
4. A Corte si uniscono due fiumi: seguendo il Restonica si lascia il camper alla fine della strettissima e ripida D623 (14.5 km di sofferenza) e in un’ora di marcia si arriva al lago glaciale Melo (1710 m), mentre col Tavignano si raggiunge il suggestivo passo alpino della Scala di Santa Regina, ma è tutto trekking. Oppure, a nord di Corte si segue il corridoio di gole e canyon della D84 per 13 km. Altamente consigliato.

Se siete nei paraggi nel mese di giugno, non perdetevi la settimana del Calvi Jazz Festival ( www.calvi-jazz-festival.com): oltre cento artisti provenienti da tutto il mondo.

La sosta
Non ci sono aree autorizzate per camper, ma non abbiamo mai avuto problemi a trovare parcheggi o aree libere, fontane e bagni pubblici, fatta eccezione per le località più battute in alta stagione, quando aumentano traffico e divieti. Nei camping standard a 1 o 2 stelle la tariffa varia da 13 a 23 euro per camper, 2 adulti, elettricità. Persone extra 5-6 euro e bambini 2-3 (fino a 7 anni). Quand’è possibile consiglio di scegliere campeggi con almeno 3 stelle: la differenza nel prezzo è davvero minima e i servizi sono decisamente migliori. Per gli attacchi elettrici, tenete presente che in Corsica utilizzano diversi tipi di prese: europeo, tedesco, francese, ecc.