È fra i cento avvocati divorzisti più quotati degli Stati Uniti, è molto alto e possente, non ha certo l’aria di un mughetto, eppure commuove: “Conosco Barbara da sessant’anni, siamo sposati da cinquantasette e nessuno mi ama come ha fatto lei. Mia moglie è davvero importante per me, il resto conta meno”. Divorzino gli altri, se non ne possono più di aversi fra i piedi, James e Barbara sono felicissimi di frequentarsi, al punto di lavorare alla stessa scrivania, in un appartamento spazioso dove potrebbero allestire un ufficio a testa. Un appartamento sempre pieno di musica.

James Fox Miller, Jim, è partner dello studio Boies Schiller Flexner L.L.P., definito dal Wall Street Journal la “Centrale nazionale dei processi”. Per dare l’idea: David Boies (liberale) e Ted Olson (conservatore) dopo essersi scontrati nel 2000 nel caso Bush versus Gore, Olson ebbe la meglio, si sono uniti per combattere la discriminazione nei confronti degli omosessuali e hanno vinto alla Corte Suprema. Grazie a loro il matrimonio gay è legale ovunque, negli Stati Uniti. Per le battaglie civili, Boies non ha trascurato i colossi degli affari, fra i suoi clienti: American Express, Delta Airlines, Lloyd’s of London, Nike, Sony Corporation of America, Barclays, BNP Paribas, Del Monte. Con Jim si vogliono bene.

Barbara Miller è una specialista nella raccolta di fondi e attiva nello schieramento democratico della Florida, uno stato-chiave nelle elezioni americane. Una miniatura, al cospetto del marito, poi ti guarda con i suoi occhi chiari, espressivi e capisci quanto è determinata. La base della coppia è in Florida, appunto, dove trascorre sette mesi all’anno, sebbene Barbara sia originaria un po’ dell’Iowa, un po’ del Minnesota e Jim del New Jersey. Florida, dallo spagnolo pascua florida, festa dei fiori.

Ma i Millers hanno una doppia vita che, a differenza di quella degli amanti clandestini, si sposa a meraviglia con l’ufficialità e può essere raccontata. La seconda vita si svolge a Firenze, dove passano cinque mesi all’anno. Quando cercavano un luogo per mettere su un “covo”, dopo aver molto viaggiato e stabilito che gli spettacoli naturali sono sbalorditivi, ma loro preferiscono le città e la cultura, Jim si pronunciò: “I love Florence” e Barbara rispose: pure io. Firenze, per i Romani fondatori Florentia, nome augurale da florere. Ci deve essere una qualche propensione per petali e boccioli, in casa Miller. Soprattutto c’è la passione per la musica che li accomuna a Jeffrey Thickman, pianista e musicologo della Columbia University, cittadino di Firenze da decenni. Insieme hanno fondato, nel dicembre del 2017, dopo due anni di riflessione e valutazioni, gli American Friends of Florence Music, associazione che in tre mesi ha già raccolto 130mila dollari negli States (con l’impegno dei donatori a ripetere l’elargizione per tre anni, grazie alla lungimiranza di Jim) destinati alle stagioni concertistiche di Firenze.

“Firenze è la fonte di tutto - spiega Thickman, detto Jeff, che è anche Cordon Bleu ed è stato il cuoco personale di Zubin Mehta oltre a preparare leccornie per le papille da Oscar di Sophia Loren, Gregory Peck, Daniel Day Lewis, Kirk Douglas, Walter Matthau, sua la torta di compleanno per gli ottanta di Frank Sinatra che quel giorno pare fosse nervoso -. Tutto ha avuto inizio qui. Quando insegnavo alla Columbia parlavo di Firenze. Passare davanti a Palazzo Bardi è un’emozione che non si esaurisce. A Firenze puoi vivere l’opera dove è nata, puoi abbeverarti alla fonte della musica, non come in un museo, ma in una realtà vibrante. Infatti tanti musicisti abitano qui, Andras Schiff, Alexander Lonquich…”.

Perché gli americani dovrebbero dare soldi a Firenze? Si chiese Jeff che è solidale di famiglia, la Muriel and Seymour Thickman Family Foundation contribuisce, fra l’altro, all’organizzazione di concerti nei paesini sperduti del Wyoming, appena avuta l’intuizione di creare gli American Friends of Florence Music, e si consultò con Barbara che di raccolte fondi, e quindi di psicologia, se ne intende: “Per l’orgoglio di appartenere a questa cultura”. “E perché se la fonte si secca - aggiunge Jeff -. Tutto il mondo collassa”.

Barbara passa il sabato pomeriggio al Teatro della Pergola, agli Amici della Musica, ammirando la raffinatezza e la competenza del pubblico italiano, con Jim al fianco, ovviamente. Quando decisero di contribuire economicamente furono molto festeggiati e un po’ stupiti di questa festa. È Jeff a sottolineare la differenza di abitudini: “In America è normale che i privati finanzino la cultura, in Italia no perché storicamente ci pensa lo Stato, un’entità quasi incorporea che sta lì e provvede, e si ritiene debba continuare a pensarci. Né sarebbe fruttuoso voler cambiare le mentalità”.

I tre americani sono proprio eredi della folta colonia di anglosassoni che dai tempi del Grand Tour elessero Firenze loro patria ideale, Parnaso moderno dove l’arte si fonde con il quotidiano perché permea ogni bugnato e ogni ciuffo d’erba. Anche nel camminare verso le Poste (c’è nulla di più avvilente?), ci si può imbattere in uno spunto che innalza lo spirito. A Firenze i Millers ospitano con gioia, durante il nostro incontro è arrivata Debra DiMaggio, amica di Quincy Jones, subito pronta a collaborare con gli American Friends of Florence Music.

Jim ci tiene a mostrare i cassetti e gli scaffali stracolmi di CD di musica di ogni genere: lui è pazzo del musical del quale conosce il conoscibile e se fosse nato in Italia sarebbe stato pazzo dell’opera lirica, adesso non fa che ascoltare musica classica, ma senza trascurare l’altra e legge di musica: “Adoro imparare”. Dalla finestra della camera da letto la Cupola del Brunelleschi è talmente vicina che sembra una parente dei Millers. “Si può scegliere un altro posto che non sia Firenze?” domanda Jeff mentre si affaccia.

Se si abita in un altro posto, Firenze abita comunque nel cuore. David Boies, il super avvocato, da lontano, è un grande sostenitore degli American Friends of Florence Music. Perché la fonte continui a zampillare.