Sono passati più di vent'anni da quando mi capitò di trattenermi per qualche settimana di studio e di aggiornamento presso il professor Nöel Claffey, responsabile del Dipartimento di Parodontologia del Dublin Dental Hospital all'interno del Trinity College della capitale irlandese.

Erano stati molteplici i motivi di interesse che la frequenza ai vari reparti mi aveva suscitato. In particolare certe situazioni avevano attirato la mia attenzione e destato il mio stupore. Ne elenco solo alcune: ai pazienti venivano subito fatti indossare degli occhiali protettivi antiinfortunistici prima di iniziare la seduta e nel kit sterile della prima visita era sempre presente un righello millimetrato allo scopo di misurare l'apertura della bocca, testimonianza della grande attenzione che quella scuola odontoiatrica prestava alle problematiche di tipo gnatologico. Mi ricordo anche dell’usanza tipicamente inglese di intercalare frequenti tea breaks tra i vari pazienti.

Indiscutibilmente però il principale motivo di curiosità era stato un altro. Avevo verificato che in quell'ospedale tutti i riuniti odontoiatrici (le poltrone sulle quali il dentista fa accomodare i pazienti e li cura) erano dotati di un imbuto collegato all'aspirasaliva ad alta portata in sostituzione del gruppo idrico. Non avevano dunque la sputacchiera! Mi scuso se l’espressione suona male ma non ho ancora trovato a tutt'oggi una definizione più tecnica o più politically correct di questo accessorio. Nella lingua italiana comunque c’è di peggio, se pensiamo che nonostante gli sforzi della nostra categoria nel tentare di reperire nel proprio bagaglio lessicale espressioni poetiche atte ad apostrofare l’ambulatorio odontoiatrico quanto più friendly possibile ancor oggi esso si trova spesso denominato molto prosaicamente come gabinetto dentistico!

Ero incredulo nel constatare che quei pazienti non si lamentassero di tale mancanza e per la maggior parte nemmeno domandassero di sciacquarsi la bocca. Occhio non vede… Una sorta di catarsi collettiva, un fioretto quaresimale, forse una pulsione trattenuta, una legge del contrappasso dal punto di vista sociologico se consideriamo che in quelle contrade a causa del clima costantemente umido la popolazione soffre abitualmente di malattie catarrali e camminando per le strade è assai frequente sentire la gente espettorare e sputare per terra. Io stesso soffrii di una fragorosa bronchite per tutta la durata del mio soggiorno e nel rispetto delle usanze locali mi lasciai contaminare da quella atavica propensione allo sputo assimilandone estemporaneamente l’orrenda pratica a me estranea sia prima sia dopo quell’esperienza.

I pensieri mi si affollavano e rincorrevano in un vortice tumultuoso come le nuvole nel Cielo d’Irlanda, li lasciavo correre e, per libera associazione di idee, mi venne anche in mente che ciò che poteva apparire come una mancanza fosse altrimenti in sintonia con l'usanza viva nel mondo anglosassone di non avere il bidet all'interno delle stanze da bagno e, non ancora appagato, mi venne pure in mente che quelle genti aborrono le supposte tra le varie forme possibili di somministrazione di un farmaco. Tutto il mondo è paese. Anche il trattenere non nasce dal niente, non necessariamente è il simmetrico dello sputare, è un’azione che comporta un’imputabilità personale. Roba da psicanalisi.

Resta il fatto che rimasi colpito dalla validità di quella opzione, che come detto i pazienti si adattavano bene a quella che per me rimaneva ancora una situazione inusuale e che in definitiva quel componente che ero abituato a vedere installato sulla sinistra della poltrona odontoiatrica non era poi cosí indispensabile come l’avevo sempre concepito prima di quel viaggio.

Una volta rientrato in Italia guarii subito dalla bronchite e ritornai ad osservare i miei pazienti praticare il lancio della saliva con modalità talora degne di una disciplina olimpica e convincendomi sempre di più dell'arretratezza quasi medievale di quell’abitudine. Mi ricordo anche che riferii subito ai miei colleghi quella che per me rappresentava un’importante scoperta. Dopo qualche tempo, nella necessità di un nuovo acquisto, scegliemmo una poltrona americana senza gruppo idrico verificando stupiti che effettivamente quel produttore ne prevedeva l'esistenza.

Sinteticamente, per concludere:
- i vantaggi sono evidentemente di tipo igienico se non proprio culturali;
- la metodica si sposa bene con l’esigenza di sterilità sempre più assillante all’interno dell’ambulatorio odontoiatrico e si rivela in sintonia con la pratica sempre più diffusa dell'imbustamento di tutti gli strumenti sterili che rimangono tali fino al momento del loro utilizzo;
- l’eventuale presenza di qualche goccia di sangue nella saliva svanisce immediatamente nello scarico dell’imbuto invece di sciogliersi nell’acqua della bacinella (ah, eccola l’espressione elegante!) colorandola tutta di rosso, amplificandone a dismisura l’impressione di emorragia incontrollabile che spaventa così tanto bambini e adulti e assumendone quell’andamento curiosamente circolare come un serpente in una sorta di girone dantesco;
- migliora in generale il tipo di approccio alle cure dentistiche;
- il paziente diventa più attento e se gli si pone l’imbuto tra le mani davanti a sé evita di sporcarsi e di sporcare ;
- si beneficia dunque di una riduzione dei tempi di riordino dello studio tra un paziente e l'altro.

A distanza di anni e in seguito a una lunga verifica sul campo della sua effettiva praticabilità e validità mi sento di raccomandare ai colleghi questa soluzione soprattutto per quelle unità operative odontoiatriche inserite in un contesto chirurgico dove l'attenzione all'abbattimento della carica batterica complessiva di tutto l'ambiente, anche al di fuori della zona strettamente confinata all'isolamento del campo operatorio sterile, costituisce uno dei requisiti prioritari.