La mostra Andy Warhol Pop Society a Palazzo Ducale a Genova, allestita fino al 26 febbraio 2017, è un’ampia retrospettiva dedicata all’artista più famoso del secolo scorso, a 30 anni esatti dalla sua scomparsa, avvenuta a New York il 22 febbraio del 1987.

L’arte di Andy Warhol si presenta attraverso 170 opere, esempi della sua eclettica produzione tra tele, disegni, stampe, polaroid, sculture e una selezione di film che accentuano l’aspetto della sua estetica legata alla comunicazione. “Pop Society è il tentativo di raccontare perché a distanza di 30 anni dalla morte, il guru della Pop Art è a tutti gli effetti ancora vivo e continua a far discutere e le sue opere sono assolutamente tra le più popolari nell’ambito dell’arte contemporanea”, spiega Luca Beatrice, il curatore dell’esposizione, prodotta e organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova e da 24 ORE Cultura–Gruppo 24 Ore.

Non solo un artista ma un personaggio carismatico e indimenticabile e un fenomeno mediatico insuperabile. Anzi, un’icona, come sottolinea Beatrice: “Se nel calendario della musica pop esiste un ante e un post Beatles, nell’arte si può parlare di un ante Warhol e un post Warhol”.

Quali sono i punti di forza di Pop Society?

Ho lavorato su alcuni filoni tematici e non cronologici”, precisa il curatore. E sfilano le ben note icone classiche, dal Dollaro a Mao, Marilyn, le Campbell Soup, le Brillo Boxes e i ritratti di star e celebrities, da Mick Jagger a Miguel Bosé, da Man Ray a Liza Minelli, da Sandro Chia a Gianni Agnelli e a Giorgio Armani (che ha prestato uno suo splendido ritratto per questa mostra). E poi i disegni di Andy a partire dagli anni ‘50 e un centinaio di Polaroid, pezzi unici che l’artista sperimenta dagli anni ’70 quando scopre questa macchina fotografica dallo sviluppo immediato. Fondamentale e illuminante il capitolo che chiarisce il suo rapporto con la comunicazione e la sua visione, anche in questo caso, all’avanguardia sui tempi.

E se fosse vissuto nei nostri tempi quale rapporto avrebbe con i social network e la rete?

Oggi avrebbe sicuramente un profilo su Instagram e sarebbe collegato tutto il giorno.

La Factory era un campo di sperimentazione su tutti i fronti, dalla musica rock, ai dipinti e alle serigrafie, dall’editoria alla televisione e ai nuovi linguaggi. Cosa rappresenta Andy con la sua Factory?

Warhol rappresenta l’anima di New York e la Factory, nel primo periodo fino al 1968, era il luogo più cool della Grande Mela dove si incontravano centinaia di persone, ma chiude un po’ le porte e diventa una sorta di grande azienda, dopo quel famoso 3 giugno 1968 quando Valerie Solanas sparò all’artista.

Per Beatrice, Warhol con il suo metodo della riproduzione seriale in serigrafia “ha rivoltato l’arte come un calzino e nei primi anni del 60 era strepitoso, ha inventato un mondo e oggi siamo ancora qui a parlare di arte Pop, di musica Pop o di cucina Pop”. Nella sezione dedicata ad Andy Warhol e l’Italia, il curatore tocca le tappe di Ferrara, di Napoli fino a Milano e a The Last Supper, il ciclo di opere ispirate al Cenacolo leonardesco e presentate nel gennaio del 1987, (un mese prima della sua morte), nello spazio espositivo del Credito Valtellinese a pochi metri dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie.

La mostra Pop Society finirà il 26 febbraio 2017 e, per chiudere in bellezza Luca Beatrice annuncia una grande festa in onore di un artista che ha cambiato un’epoca.