Patrick mi telefona dicendo che farà tardi a causa di lavori in corso in autostrada. Non è la prima volta che succede. Per rassicurarmi (ed evitare scenate da parte mia, lo so) rimaniamo collegati su Skype per un’oretta buona. Posso così verificare con i miei occhi che Patrick sia effettivamente in macchina, in macchina sia solo e che ci sia una lunga fila di automobili davanti a lui. Bisogna ammettere che le nuove tecnologie sono un toccasana. Da un lato a causa delle nuove tecnologie le coppie scoppiano in continuazione, ma esiste anche un uso delle nuove tecnologie che consente a una coppia di durare molto più a lungo senza che il rapporto si logori o evolva in qualcosa di aberrante. Dopo un’oretta il mio cellulare si è scaricato, ma tanto ormai Patrick ci metterà un quarto d’ora a essere a casa. Posso stare tranquilla.
Rincasa alle nove di sera.
Quando si toglie soprabito e giacca, rimango scioccata.
La manica destra della camicia è completamente sporca di sangue.
“Che cosa hai fatto, Patrick?” gli dico bianca come un cadavere.
“E che cosa ho fatto? Niente. Cioè, niente…”
“È sangue quello?” “Sì, lo è”
Penso alle parole dell’ispettore Balti. Mi gira la testa.
“Cosa è successo?”
“Ma niente, niente. Non so se mi va di dirtelo”
“Come scusa?”
“È una cosa talmente orribile e imbarazzante”
“No, dimmi! Voglio sapere!”
“Perché urli così forte? Sembri isterica….”
“Che cosa hai combinato?”
“Va bene. Te lo dico. Ma non sarà bello da sentire”
“Hai sbudellato qualcuno con un coltello? Gli hai portato via il naso… ” sto per dire.

Invece dico: “Hai messo sotto le ruote qualcuno?”
Patrick mi guarda un momento. “Ti pare che se avessi messo sotto le ruote qualcuno adesso sarei qui?”
“Dipende. I pirati della strada lo fanno”.
“Mi stai dando del pirata della strada, adesso?”
“Mi vuoi dire cosa è successo o no?” dico io.
“Ecco, stato tornando a casa. Ero quasi arrivato e in mezzo alla strada c’erano due gatti che amoreggiavano e io… ”.
“…oh… ”.
“Te l’ho detto che sarebbe stato brutto!”
“Cosa è successo?”
“Li ho presi sotto. Tutti e due. Non l’ho fatto apposta. Non li ho visti!”
“Ma potevi stare attento! Ma come hai fatto?!”
“Era buio. C’era un cono d’ombra. Non li ho visti!”
“Ma!, Patrick!”
“C’era la mascherina dell’auto sporca di sangue. L’ho pulita. L’ho scrostata. Ho usato il cric. Ho trovato un raschietto e ho usato anche quello. Un macello, guarda. Un macello”.
“E i gatti?”
“Li ho tolti dalla strada. Li ho buttati nella pattumiera”.
“Cosa?!”
“E che cosa dovevo fare? Non c’era nessuno lì intorno. Li ho buttati nell’organico”.
“Nell’organico?”
“Perché dove dovevo buttarli? Nel vetro? Nella carta? Nell’indifferenziata? Sì, forse avrei dovuto chiamare l’azienda che se ne occupa. Ce ne sarà una. Ma non mi avrebbero risposto, credo. Non alle nove di sera. Erano due gattoni enormi. Un sacco di sangue”.
“Dovevi seppellirli!”
“E dove?”

Patrick si toglie la camicia. Si spoglia. Butta la camicia nel cestello della lavatrice. Mette il sapone nella lavatrice e l’aziona. Lo fa in modo rapido e rabbioso. Io mi limito a osservarlo. Se l’ispettore Balti non mi avesse riempito la testa di sciocchezze sarei stata più comprensiva e non avrei reagito così. Cerco di calmarmi. Osservo Patrick entrare nella cabina della doccia. Azionare il getto dell’acqua e insaponarsi.
Quando esce dalla doccia, gli passo l’accappatoio.
“Almeno avevano un nome?”
“Dai, non ci voglio pensare. È stato orribile”.
“Lo credo bene”.
“Credo si chiamassero Cri e Tore. L’ho letto nella medaglietta”,
“Cri e Tore” ripeto.
“Sì. Uno di pelo grigio. L’altro di pelo rosso”.
“Di là è pronto” dico io.
Sono stanca. Oggi in ufficio è stata dura.
“Perdonami, amore, ma con quello che è successo non credo di avere più molta fame”.
Dell’accaduto non riparliamo più.

Estratto dal romanzo Trova il tuo peccato, Edizioni Della Goccia, 2016