Nella posizione di madre di un Ispettore di Polizia Laura Balti si è sempre sentita in imbarazzo. Cos’ha da spartire lei con un investigatore? Quali profili della sua personalità o quali geni suo figlio può aver tratto da una come lei?

Forse la dirittura morale e un certo qual sentimento d’indignazione di fronte alle ingiustizie. Ma quanto a fiuto o acutezza di ragionamento, di sicuro non può aver preso da lei; ed esclude possa aver preso da quel mezzo rimbambito del padre, nonché suo marito ormai dalla bellezza di quarant’anni. Tuttavia, forse per questo, a settantasette anni, Laura Balti (il suo cognome è Sennetti; ma non le procura alcun imbarazzo sfoggiare il nome del rimbambito, specialmente grazie ai figli) ha accettato l’incarico di mistery shopper. Non che ne avesse bisogno. Col suo lavoro di avvocato Leardo ha messo da parte una quantità di soldi invidiabile. In più Laura proviene da buona famiglia e, ringraziando il Cielo, non l’è mai venuto in mente di sperperare denaro facendo investimenti sbagliati o scialacquandolo.

Dopo il pensionamento del marito e con il sopravanzare della vecchiaia, però, le giornate piatte non si contavano più. Per un po’ Laura e Leardo hanno viaggiato. Una settimana a Praga. Visite ad Auschwitz. Week-end a Vienna e Salisburgo. Vacanze a Ibiza. La verità, tuttavia, è che la benzina stava finendo. Mancava la voglia, ed entrambi non riconoscevano più nemmeno il gusto di farle, certe esperienze. E poi era diventato faticoso. Ecco giornate e giornate trascorse davanti alla televisione. Chiamando muratori. Elettricisti. Imbianchini. Sempre qualche lavoretto e qualcuno in casa più che altro per tenerla occupata. A volte persino i venditori porta a porta erano una piacevole compagnia.

Dunque noia e una certa qual vocazione che le viene dall’essere madre di un investigatore di professione le hanno fatto accettare, all’età di settantasette anni suonati, il lavoro di mystery shopper. Lo fa da un paio d’anni. Proprio gli investigatori come suo figlio negli anni ’40 hanno inventato questa pratica. Poi è diventata popolare negli anni ’80 e nel 2000, grazie a Internet, si è diffusa e definitivamente affermata. Laura nemmeno sapeva che esistesse – ne aveva solo una vaga nozione. Tuttavia, navigando sulla rete, nei pomeriggi di noia, e chiacchierando con qualche amica, non solo Laura ne è venuta a conoscenza, ma ha anche cominciato ad accarezzare l’idea di provare a farlo. Con l’intenzione di combattere più il languore che far su qualche soldino. Anche perché si guadagna ben poco.

Ma chi è il mystery shopper? Il mystery shopper è una persona che viene incaricata di andare in un negozio e acquistare merce per verificare l’osservanza di alcune regole imposte dal brand. Si guadagnano quindici euro a incarico. Tramite l’iscrizione a un sito e via e-mail Laura richiedeva incarichi appena fuori porta. Pavia. Voghera. Milano. Broni. Stradella. Sempre luoghi vicini. Va anche detto che questa attività non è stata l’unica che Laura ha svolto allo scopo di non illanguidire troppo sulla poltrona davanti a Sky e al digitale terrestre. Ha fatto anche volontariato. Bambini handicappati e con disabilità. Anche malati terminali. Faceva parte di un’associazione di volontariato che era riuscita, mediante un accordo con una scuola elementare di un paese vicino a Pavia, ad allestire un centro estivo. Qui c’era anche un bambino malato di tumore al cervello. Dieci anni d’età. In ottobre Laura è dovuta andare al suo funerale.

Laura era iscritta a varie associazioni di volontariato. Una ambientale. Una impegnata a mantenere più pulita Pavia. Un giorno si è ritrovata in un parco a raccogliere siringhe usate munita soltanto di un paio di guanti di gomma. Non aveva nemmeno l’attrezzatura adatta. Handicap e disabilità, però, la tenevano più occupata. Sentiva un particolare attaccamento per le persone più disagiate. A volte le scendeva qualche lacrimuccia. Il cuore nel petto le si restringeva. Ha invitato a casa handicappati e disabili in quantità. Offriva da mangiare. Stava con loro in salotto; e Leardo si arrangiava. Come l’ex-moglie di Cristiano si era occupata di accattonaggio con animali e di canili e gattili lager arrivando al punto di riempirsi la casa di gatti, Laura si era occupata di handicap e disabilità. Certi week-end, anziché fare un biglietto per Parigi, Madrid o Copenhagen, organizzava feste in casa con disabili. Preparava torte. Comprava pasticcini. Piatti e piatti di tartine e salatini. Leardo impazziva. Protestava. Ma la lasciava fare, come avrebbe potuto non farlo? Filippo. Dario. Domenico. Liam. Mirko. Nicolò. Giada. Chiara. Ornella. Valentina. Alba. Teresa. Jennifer. Aveva in casa sempre qualche disabile o handicappato. Basta elettricisti. Muratori. Falegnami. Idraulici. A qualcuno a volte allungava anche qualche soldo, quando doveva fare qualche intervento all’ospedale o qualche viaggio particolare o per occasioni speciali. Ecco come Laura faceva fronte al suo sentimento d’indignazione per le ingiustizie. Cristiano e Leardo combattendo il crimine e lei così.

Un giorno si trovava in un ristorante di provincia. Era lì come mistery client. Aveva ordinato un menù turistico. Già il cameriere non le piaceva. La squadrava con una brutta aria e aveva modi sbrigativi, un tono di voce aggressivo. Per chi l’aveva presa? Se non gli piaceva il suo mestiere perché non faceva altro? Non era colpa sua, se quel tipo era finito a fare quel mestiere. Il cameriere era abbastanza cresciutello. Doveva certamente avere più di venticinque anni. Ma forse non era lui a metterla di cattivo umore. Stava pensando a Nicolò. Nicolò era un ragazzo autistico. Da piccolo gli era stato iniettato un vaccino contro polio, epatite B, pertosse, infezioni da Haemophilus influenzale di tipo B. Infanrix Hexa Sk. Questo lo aveva portato all’autismo. I suoi stavano combattendo una battaglia legale per farsi riconoscere il diritto a un vitalizio. Le spese legali, tuttavia, erano molte. Qualche giorno prima Nicolò aveva espresso faticosamente un desiderio. “Amsterdam” aveva detto. Voleva fare un viaggio ad Amsterdam. Aveva persino sollevato un angolo della bocca. Sorriso. A Laura si era stretto il cuore. Stava pensando che le sarebbe tanto piaciuto portarcelo lei, ad Amsterdam. Ma non aveva soldi a sufficienza.

Il cameriere le ha portato via il primo sostituendole le posate. Che gentile. Sta per arrivare il secondo. Una cotoletta impanata con patatine fritte. Un miracolo che possa ancora permettersi un piatto del genere alla sua età. Anche se probabilmente ne avanzerà metà nel piatto – se non tre quarti. Laura osserva distrattamente la forchetta e per poco non le piglia un colpo. Uno dei rebbi della forchetta, il più esterno, è completamente arrugginito. Afferra la forchetta. Osserva bene il rebbio. Non può crederci. Vorrebbe quasi correre in bagno, ficcarsi due dita in gola e vomitare via il piatto di pasta alla carbonara appena mangiato. Invece fa qualcosa di diverso. Ottiene di parlare direttamente con il proprietario del ristorante. Un uomo sulla quarantina. Ha un orecchino sul lobo destro. Capelli ricci neri. Uno stecchino nel lato destro della bocca. Catena d’oro attorno al collo. Parlano in un ufficetto. Ben arredato, ma con un odore fortissimo di dopobarba.

“Buongiorno, signor…”.
“Zannoni Giovanni”.
“Buongiorno, signor Zannoni. Mi spiace doverle rubare qualche minuto”.
“Mi dica pure” fa Zannoni masticando un po’ lo stecchino.
“Ecco. Guardi”.
Laura porge la forchetta col rebbio arrugginito a Zannoni.
Zannoni sbianca.
Laura dice: “Sono una mistery client”.
Zannoni sbianca ancora di più.
“Immagino sappia cosa rischia, se dovessi fare un rapporto dettagliato… ” fa Laura.
Zannoni la guarda. Ha gli occhi iniettati di rosso. La barba gli annerisce la parte inferiore del viso.
“Probabilmente la farebbero chiudere. Più una multa assai salata. Stiamo parlando di circa… ”.
Laura sta un po’ bluffando. Non è sicura che un suo rapporto basti a metterlo nelle grane. Si mostra però sicura di sé.
“So cosa rischio” fa Zannoni.
Laura si sporge un po’ verso di lui. “Forse possiamo metterci d’accordo”.
“Cosa vuol dire?”.
“Seicento euro e la chiudiamo qui”.
“Lo sa cosa rischia lei a chiedermi una cosa del genere?” fa Zannoni.
“Sì. Ma almeno lo faccio per una buona causa” ribatte Laura.
L’uomo mastica lo stecchino.
“Le stacco un assegno”.
“No, contanti”.
“Non li ho”.
“Può prelevare”.
L’uomo si toglie lo stecchino di bocca. Guarda un punto dell’ufficetto. Poi torna a Laura.
“Lei è terribile”.
“Ho già scattato diverse foto col mio telefonino a quella forchetta. In realtà, le sto venendo incontro. La sto costringendo a compiere un’azione lodevole”.
“Darle soldi per andare dal parrucchiere?”.
“Oh! Ma lo sa che lei è un bel cafone?!” esclama Laura fingendosi indignata.
Alla fine Zannoni cede e le dà quattrocento euro.

Da quel momento Laura fa dell’attività di mistery client un’occasione per ricattare ristoratori o negozianti poco onesti o disattenti. Sa cosa rischia. Ma lo fa ugualmente. L’età e l’aspetto di arzilla vecchietta l’aiutano. Prende così seriamente questo proposito che arriva persino mettere a punto alcuni accorgimenti. Non usa travestimenti. Ma si trucca in modo così pesante da cambiarsi quasi i connotati del viso. Acquista anche delle parrucche. Utilizza montature di occhiali differenti. Lo scherzetto fatto a Zannoni non le è ancora riuscito con nessun altro. Ma Laura è lì, pronta come un avvoltoio ad avventarsi sulla prossima preda disonesta.

Anteprima del romanzo giallo La notte della Donna Nera, Il Foglio letterario, 2016