Mario Schifano nasce ad Homs nella Libia italiana il 20 settembre del’34. Verrà riconosciuto nel tempo come uno dei maggiori esponenti della Pop Art italiana. Muore a Roma il 26 gennaio del 1998.

Prima di attecchire le sue radici nella pittura materica e nel pensiero della Pop Art, Schifano esplora con successo il mondo della fotografia, delle polaroid e del cinema. È il decennio degli anni ’60 quello in cui la sua produzione sarà più attiva, che lo vedrà come una delle figure centrali del cortometraggio sperimentale italiano ed estero: nel ’69 il film Umano non troppo umano sarà presentato al MoMa. Il passo nella Pop Art non avviene se non dopo avere esplorato la materia e lo studio del colore. Schifano nella prima fase della sua creazione artistica si avvicinerà molto all’arte informale e monocroma dove indaga la morbidezza e ricchezza della pittura per raggiungere l’azzeramento della tela.

Nei primi lavori monocromi, come Vero Amore, si notano piccole tracce di manualità: quella di Schifano è una pittura istintiva dal tratto veloce. Come per Andy Warhol i soggetti dei quadri di Schifano sono estrapolati dalla musica, dal cinema, dalla quotidianità. Tra gli obiettivi della Pop Art, quello di creare un'arte diffusiva: agganciare l'attenzione di un pubblico seduto dalla televisione e dai nuovi media. Ciò che l'occhio comune del cittadino americano degli anni '60 era più abituato a osservare, diviene icona mediatica estrapolata dal suo contesto originale.

Insieme ad altri esponenti del movimento, nel '61 l'artista viene invitato dal gallerista Plinio de Martiis a esporre i nuovi lavori nella celebre galleria romana La Tartaruga. Così lo ricorda il gallerista: "Schifano stava con i pittori Franco Angeli, Tano Festa... entravano stanchi, annoiati, con la puzza sotto il naso, vestiti di scuro... Li odiarono subito i pittori che c'erano nella mia galleria... perché gli artisti sentono prima dei critici il valore di un altro".

Il riconoscimento artistico era in arrivo, e pochi anni dopo, la Fondazione Marconi presenta per la prima volta al pubblico milanese le nuove avanguardie artistiche italiane. Dopo 50 anni dalla mostra realizzata nel novembre del '65, la celebre fondazione ha voluto rendere omaggio agli artisti e riproporre la stessa esposizione leggermente rivisitata. Oggi come allora, ad essere esposti sono i lavori di 4 grandi artisti, al tempo ancora emergenti, facenti parte di una delle avanguardie artistiche più innovative, la Pop Art italiana: Valerio Adami, Lucio Del Pezzo, Mario Schifano ed Emilio Tadino.

Punto d’incontro delle due mostre gli inviti: nel ’65 lo Studio Marconi pensò per la sua prima esposizione a una formula per stimolare e incuriosire il pubblico. L’originale soluzione fu quella di creare una scatola contenente 4 riproduzioni delle opere, una per ciascun artista, stampate su mini puzzle. I lavori scelti per l’invito, tutti realizzati nel ‘65, erano Tavola a bande d’oro - Del Pezzo, Il Maraggio - Adami, Le vacanze inquiete – Tadini, e Vero Amore – Schifano, tra le opere di punta dell’esposizione.

L’idea ebbe un forte impatto in Italia e all’estero, stuzzicando l’interesse di importanti personalità di musei americani, che incuriositi dalle opere, andarono poi a visitare la mostra. All’interno dell’esposizione di oggi, Marconi inserisce alcuni lavori dei quattro artisti, sempre datati anni ’60, un tempo non esposti. In un clima generale in cui si polemizza un po’ per l’assenza di giovani artisti italiani influenti, l’idea della Fondazione Marconi, non è solo quella di far conoscere anche ai più giovani il lavoro degli artisti della Pop Art, ma anche e soprattutto quella di volere far rivivere lo spirito e l’atmosfera culturale e mediatica di quegli anni.

Valerio Adami (Bologna 1935) Studia all’Accademia di Brera a Milano dove nel 1957 esordisce con la sua prima mostra personale. Negli anni Sessanta compie numerosi viaggi a Londra, Parigi, in Sudamerica, in India e Stati Uniti. È uno dei più originali protagonisti della corrente definita Nuova Figurazione, sviluppatasi in Italia e in Europa negli anni Sessanta. Nel 1968 la Biennale di Venezia gli dedica una sala. Espone presso importanti musei in Europa e in America. Vive e lavora tra Meina, sul lago Maggiore, e Monaco di Montecarlo.

Lucio Del Pezzo (Napoli 1933) Si forma all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nel 1960 si trasferisce a Milano dove tiene la sua prima personale. L’anno seguente espone negli Stati Uniti, dove è premiato con il Carnegie International Award. Nel 1964 espone alla Triennale di Milano e alla Biennale di Venezia, dove torna nel 1966. La figurazione neo-dadaista degli esordi evolve verso una geometria razionale di sapore metafisico con rimandi al linguaggio pop. Nel 1965 partecipa alla mostra inaugurale dello Studio Marconi, con il quale avvia un intenso rapporto di collaborazione. Vive e lavora a Milano.

Emilio Tadini (Milano 1927-2002) Si laurea in lettere e si distingue subito tra le voci più vive e originali nel dibattito culturale del secondo dopoguerra. Al lavoro critico e letterario affianca sin dagli anni Cinquanta la pratica della pittura che sviluppa per grandi cicli, costruendo il quadro secondo una tecnica di sovrapposizione di piani temporali in cui ricordo realtà, tragico e comico giocano di continuo. Dal 1967 espone regolarmente allo Studio Marconi e tiene esposizioni personali in Italia e all’estero in prestigiose sedi pubbliche e private.