“Ti amo. Non posso vivere senza di te” le ha anche detto dandole un bacio appena al di sopra dell’orecchio e inalando forte il suo profumo – il Brambles and Moore di cui sopra, quello insopportabile, che tuttavia Yuri mostra non solo di sopportare ma persino di gradire. E lei non si imbarazza per parole tanto da manga giapponese che lui le sussurra. Di solito si ribellerebbe, si metterebbe a ridere, tirerebbe qualche calcetto. Invece dette da Yuri queste parole dolciastre le fanno arrossare le gote e sentire le farfalle nello stomaco.
“Spero proprio che sia vero” le riesce solo di dire, questa è l’unica protesta che le esce, con una voce bassa, seria, persino drammatica, preoccupata.

“Vieni! Prendiamoci un gelato!”
“S-sì…?”
“Pistacchio e nocciola io. Tu?”
“Oh, ma sono i miei gusti preferiti!”
“Ma dai? Ma mi prendi in giro?”
“No no! E’ così! Lo sono! Lo sono!” ha starnazzato lei.

“È solo… un altro caso!” ha detto Yuri allargando le braccia in un gesto eloquente e ammiccandole anche qui come il personaggio di un manga giapponese, gli occhi azzurri, il viso sagomato perfettamente. Solo che adesso che ha guardato il cellulare di Yuri, queste parole le tornano alla mente e le torna alla mente anche il suo sguardo e i suoi modi così perfettini. Sono le nove e trentasette. Dana legge l’ora sul display dell’orologio elettronico posto sul comodino accanto al letto nella stanza di Zena e c’è anche un'altra parola che le si stampa a caratteri cubitali davanti alla faccia, anche se quella scritta Dana la legge con gli occhi della mente, e questa parola è: BUGIARDO. Yuri è un bugiardo. È di là, nella doccia, e sta canticchiando una canzone di Tiziano Ferro (è La paura che… ma Yuri ogni tanto si confonde e la mixa involontariamente con un’altra canzone di Tiziano Ferro Salutandoti affogo) e che fa di tutto per compiacerla (appunto canticchiando persino sotto la doccia una canzone del suo cantante preferito; senza dimenticare il dettaglio di farlo di modo che lei possa sentirlo), le compra regali, e tutto, ma in fin dei conti Yuri è solo un BUGIARDO. Anzi, glielo vuole proprio andare a dire.

“Forse non è Tiziano Ferro che dovresti canticchiare, ma Fabri Fibra”.
“Che cosa, amore? Come dici, tesoro?”
Dana è dal lavabo. Yuri è nella cabina della doccia. I vapori dell’acqua bollente appannano il vetro e lo rendono un’ombra rosea. Dana non vuole ripetere. Gli vuole dire che ha in mano il suo cellulare? Che sta leggendo i messaggi rivolti a una certa Melinda? No, forse può fare di meglio.
“Senti il testo di questa canzone. È breve. Una riga soltanto…”.
“Eh? Cosa, Dana? Non sento bene. Ho l’acqua nelle orecchie. E il sapone”.
… Prova con i gusti pistacchio e nocciola…
“Uh? Eh?” “E senti quest’altra. Ah senti qua. Sempre Melinda. Datato 8 dicembre. I bracciali sono la vera passione di Dana.
“Ma che…? Che dici? Non sento… Aspetta un minuto e sono da te”.
“Uh, e questa qua? Questa è il massimo. Dana non legge molto ma le piace Hemingway da morire. Datato 6 novembre”.

Il getto dell’acqua calda si chiude. L’ombra rosa dietro il vetro della cabina della doccia si restringe poi si espande. Diventa un’ombra bianca. Yuri tira l’anta scorrevole e compare con un accappatoio bianco addosso. È legato, solo il petto è leggermente scoperto, si vede qualche ricciolo di pelo biondo. I capelli sono tirati all’indietro. Scoprono il suo viso pallido, aguzzo. Gli occhi tra i vapori dell’acqua calda sembrano ancora più azzurri.

“E quest… Che cavolo c’è scritto qui? Oh… Ci vediamo a Rivanazzano per soldi della multa del ritiro della patente? Datato… datato…”.
Dana alza lo sguardo orripilata. “Dana, che cosa… E’ il mio cellulare, quello! Dammi qua!” Dana glielo porge con la mano tremante. “Ch… Chi è Melinda, Yuri?” “Non è nessuno. Non dovresti leggere i messaggi del cellulare degli altri”.
“Non ho potuto fare a meno. Era sul tavolo della mia stanza ed era aperto su un messaggio che ha attirato la mia curiosità. C’era scritto… Prova con un pranzo natalizio, a lei piace…
Yuri sbianca. Guarda il cellulare. Di solito mette la protezione, ma questa volta chissà cosa deve essere successo. Chissà che cosa… “Dana non si leggono i messaggi degli altri”.
“Yuri, Melinda chi è?”. Dana lo guarda con gli occhi grandi. Parla con la bocca spalancata. È come se avvolto nell’accappatoio bianco e tra i vapori dell’acqua calda ci sia un fantasma davanti a lei. Un demone bianco. “Melinda non è nessuno” “Come non è nessuno!” “È… È un’amica… Una cugina… E stavano parlando di… di gusti del gelato, di cazzate. Lei non significa niente”.
“Yuri, perché sei così bugiardo?”
“Co…”
“Perché mi racconti tutte queste bugie?”
“Co…”
“Mi credi tanto cretidiota?”
“Co… Dana, io non capi…”
“L’ho guardato il numero che corrisponde al nome di Melinda…”
“Oh, Dana, no… ”
“Lo so riconoscere il numero di mio padre. Che cosa credi?”
“Dana…”

Yuri è incapace di proferire altro. Anche lui adesso ha la bocca spalancata. Gli angoli della bocca sono piegati in giù. Ha un’espressione rabbiosa, contestatrice. È un’espressione che in questi anni ha visto spesso sul volto di suo padre quando stava davanti alle tele in sala nell’appartamento di Milano nel corso di un telegiornale o a una di quelle trasmissioni di approfondimento giornalistico.

“Che cosa avete fatto tu e mio padre, Yuri? Mio padre a Rivanazzano, quella sera, non ci è venuto per caso. È venuto per incontrarti. Per parlare con te. Per mettersi d’accordo con te”. “Dana, tu sragioni. Non sai quello che dici…”. “Ma tu sei davvero l’uomo della mia vita? O sei solo un bugiardo? Un impostore? È da un po’ che me lo domando. Hai bugie da raccontare a tutti, una marea di cagate. Hai raccontato bugie ai carabinieri che ti hanno fermato. Ti hanno fatto la prova col palloncino e ancora hai avuto il coraggio di dire che non avevi bevuto niente. E poi hai avuto il coraggio di sputare bugie anche in faccia ai carabinieri in caserma. Sei solo un bugiardo. Hai dei problemi. E magari su chissà quante altre cose hai sparato balle. Mi chiedo se sei davvero l’uomo della mia vita. Me lo chiedo… Lo sai da quando me lo chiedo? Da quando abbiamo fatto l’amore e io non ho provato altro che… dolore”.

“Co… Dana, che cosa mi stai dicendo adesso?”.“Ma tanto tu non te lo ricordi. Se non è mio padre a passarti informazioni, a telepilotarti come un aeroplano giocattolo, tu da solo non ce la fai. Hai bisogno dell’aiutino. Come la cocaina. Come le raccomandazioni che ti sarai fatto fare per arrivare al tuo posto di lavoro. Ecco qua, un altro bell’esempio di italiano medio”. “Non capisco cosa dici adesso!”. “Quello che ti sto dicendo, Yuri, è che voglio che prendi la tua roba e… e tutti i tuoi regali e te ne vai via di qui. Se non puoi stasera fallo domani. Ma fuori. Tra di noi è finita”.

Un paio di lacrime scendono dagli occhi di Yuri. “L’ho fatto per te… Perché ti amo… Da… na…”. Dana esce dal bagno e se ne va nella sua stanza. Chiude a chiave la porta. Yuri rimane lì avvolto nell’accappatoio col cellulare in mano. Gli viene la sensazione come se l’accappatoio non sia solo un vestito che indossa, ma un luogo dentro il quale si trova. Alza il braccio per scagliare a terra il cellulare e mandarlo in mille pezzi, ma poi si ferma. Rimane col braccio teso dietro la schiena per un paio di secondi e poi riabbassa il braccio. Si siede sul sifone del gabinetto con la tavoletta abbassata. Crolla il capo e si mette a piangere silenziosamente.

Brano tratto da La guarigione di Marco Candida, Zona, 2015

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