La storia del linguaggio umano ha sempre presentato l’esigenza della simbolicizzazione. Ci sono state fasi storiche di grande innovazione culturale nella storia recente che hanno avuto come lato oscuro purtroppo l’abbandono di alcune chiavi e codici linguistici. La rivoluzione industriale e la ricezione sociale e di massa dell’Illuminismo hanno portato quale lato oscuro l’abbandono di alcuni linguaggi e sensibilità simboliche, ben presto riemerse in altri modi nella letteratura e nell’arte. Lo stesso futurismo, l’ultima grande scuola di pensiero italiano ed europeo, che cos’è se non un nuovo barocco, cioè una nuova istanza totalizzante di simbolicizzazione dell’umano, dove l’industria, la grafica e la tecnologia sostituiscono la religione e il mito greco quale filtro/matrice di allegorizzazione e di simbolicizzazione del reale?

Per fortuna talvolta gli antichi linguaggi simbolici sopravvivono dove meno ce lo aspettiamo, come nei giochi da tavolo. Il Gioco dell’Oca è un emblematico esempio di questa riformulazione sintetica e popolare di sensibilità sapienziali antichissime che addirittura in questo specifico caso possono risalire all’antico Egitto. Questo lo possiamo apprezzare facilmente tramite il fattore del numero e la numerologia quale “spiritualità del numero”.

Le caselle numerate del Gioco dell’Oca sono 63 ma dal punto di vista semantico sono 64, in quanto l’ultima casella, la 63ma, rappresenta la porta di ingresso nel Centro del Gioco, cioè nell’Occhio del serpente/spirale: l’Occhio della Sapienza, l’Occhio di Horus. La prima casella non è numerata, è quella di partenza. In alcune versioni antiche del gioco viene segnata con l’immagine della luna, mentre quella centrale vede l’immagine del sole, o di un’oca gigante, oppure di una dama e di un cavaliere.

Questa dialettica fra inizio e fine, fra i due speculari “centri” della spirale antioraria ci permette di considerare 64 il numero dell’gioco dell’oca. Numero egizio, solare, che corrisponde anche al gioco degli scacchi e alle ripartizioni interne dell’Occhio di Horus, articolato sapienzialmente in frazioni e multipli del numero 8 e nel quale il frammento mancante, 1/64, è quello che regge la ricerca della Sapienza, l’anello mancante nell’assimilazione dell’iniziato all’Osiride rinato. Numerologia simile a quella ermetico-solare dell’Abraxas il valore numerico del cui nome equivale a 365, numero dei cieli/eoni secondo gli gnostici.

L’oca appartiene all’immaginario egizio, ai miti del Nilo e delle sue benefiche alluvioni, e rinvia all’archetipo dell’Uovo cosmico della genesi primordiale. La ritroviamo con sensi simili nel mito di Leda e di Elena e dei Dioscuri nati dall’uovo. Non a caso Zeus si unisce a Leda-oca, in forma di cigno mentre Afrodite lo aiuta comparendo in forma di aquila! L’avvoltoio egizio era infatti considerato solo femminile e teneva negli artigli il disco solare, alato e arricchito dai due cobra posti come nel caduceo di Hermes. E non a caso l’Elena dell’Odissea sosta in Egitto e conosce le arti speziali egizie. Sua cugina Penelope rinvia nel nome all’anatra striata di rosso, un totem iniziatico similare. L’oca è presente con simili sensi anche nei miti nordici e nelle rune, quale animale psicopompo e oracolare. Alchemicamente l’oca richiama il mercurio e le sue trasformazioni.

Il fatto che il modulo spiraliforme e numerico del gioco sia una matrice archetipale, una funzione espressiva “alla Warburg” trova conferma nel suo essere stato modificato e contaminato in molteplici forme e stili nei secoli. Abbiamo “giochi dell’oca” con gli Stati degli America del Nord, altri dedicati ai mestieri o ai personaggi teatrali, un gioco dell’oca tutto declinato sulle favole di La Fontaine, uno con le insegne delle osterie di Bologna, altri che ricordano le corse del Palio, e persino giochi dell’Oca con figure tratte dai vangeli oppure con gioco dell’oca ironico in funzione antiaustriaca durante la Prima guerra mondiale.

Il tema del viaggio e della vita quale percorso iniziatico, come per le prove di Eracle, appare quindi esercitare un fascino e un’efficacia perduranti. Non è spiegabile questo successo solo con il bisogno di evasione e il gusto per le figure allegoriche. Si tratta dei fondamenti del linguaggio e della coscienza umana: la spirale quale sintesi del cerchio e della linea progressiva e l’incrocio fra il modello del labirinto e quello del pellegrinaggio, oltre al misterioso dialogo fra Serpente e Sole. Anche le caselle costanti del gioco sono eloquenti e da parte loro ricordano i tarocchi: la morte, il ponte, la prigione, la locanda, il pozzo, e, guarda caso, proprio il labirinto!

Troviamo queste soglie di passaggio anche nella saga di Pinocchio e in quasi ogni altro epos, per primo quello della nostra esistenza! L’Oca è animale inquieto, vigilante, viaggiatore di grande resistenza, e in sé compendia tutti i 4 antichi principi della Natura: l’acqua, l’aria, la terra e il fuoco, questo espresso nella sua ansia e nella sua aggressività. Anche a livello più analiticamente linguistico questo antico modello appare intrigante e metamorfico. Che cos’è l’oca? Allegoria? Simbolo? Emblema? Codice esoterico?

Tutto questo e oltre, sembrerebbe. Indubbio il valore etico-morale del gioco come pure non negabile il senso più ampiamente e spiritualmente simbolico di questo animale. Come precisare la dinamica delle oche del percorso che fanno raddoppiare l’avanzare con la grande oca finale o iniziale, con l’oca quale matrice originaria? La vita quale ritorno all’origine? Quale riconquista dell’Unità perduta? Più ermeticamente l’oca quale “materia prima”, “essenza universale”, che va liberata, purificata, distillata per tornare madre e una?

Come in tutte le più nobili e profonde costruzioni semantiche nel gioco dell’Oca l’alfa e l’omega si parlano, si rispecchiano, e il numero non è vincolo ma ritmo, armonia e fattore che traduce dal quadrato del cubo (croce ripiegata) alla linea che avanza spiraleggiando attorno al centro immobile. L’Oca presiede a tutti i tempi: kairòs, aiòn e kronos. Ecco realizzata la quadratura del cerchio.