Ancora un'estate intera (fino al 23 agosto) per visitare la mostra “Miró! Poesia e Luce” al Chiostro del Bramante di Roma, curata da María Luisa Lax Cacho, uno dei massimi esperti a livello internazionale dell'opera di Joan Miró.

Con oltre ottanta lavori, ancora mai ospitati in Italia, la mostra si concentra sulla produzione degli ultimi trent'anni di vita dell'artista, a Maiorca dove si trasferisce nel 1956, al termine della costruzione del suo nuovo atelier ad opera dell'amico architetto Josep Lluís Sert.

Nato a Barcellona, Miró ha sempre nutrito un forte legame verso l’isola, ispirazione di “luce e poesia”, dovuto al vincolo familiare materno originario di Maiorca. Qui l’artista passò il resto della sua vita fino alla morte avvenuta nel 1983.

La mostra vuole far conoscere al pubblico lo spirito eclettico e sperimentale dell’artista che si è cimentato non solo nella pittura, disegno, scultura e arti minori, ma anche nella decorazione architettonica, prendendo parte a progetti d’arte pubblica come la pittura murale del Terrace Plaza Hotel di Cincinnati, della quale sono riportati in mostra alcuni bozzetti e disegni preparatori.

Il piccolo lavoro che apre il percorso espositivo testimonia il decisivo passaggio dalla pittura figurativa all’astratto: si tratta del primo lavoro a olio conservato di Miró del 1908, che l’artista ha coperto nel Sessanta con alcuni ritagli di giornali ridipingendoci sopra, spinto da un forte istinto autocritico che lo portò a rivedere in modo spietato la sua produzione precedente. Riportato alla luce da un successivo restauro, e ben esposto in mostra, il quadretto è forse la “chicca” più curiosa e interessante.

In tutto il suo percorso molte sono state le influenze che hanno in qualche modo condizionato l’arte di Miró: i suoi viaggi a Parigi, dove entra in contatto con il movimento Dada e conosce il Surrealismo; l’arte e l’artigianato popolare (l’artista collezionava nel suo studio siruells, figurine con fischietto incorporato in argilla modellata, tipiche della produzione tradizionale locale); l’arte gestuale di Pollock che conosce a New York durante il suo lavoro al murale di Cincinnati; l’arte primitiva che si riflette nelle sculture in ceramica; la calligrafia orientale, dalla quale resta affascinato in seguito ai suoi due soggiorni in Giappone.

A chiudere la mostra la ricostruzione di un angolo dell'atelier Sert, con alcuni oggetti autentici provenienti dal vero studio: pennelli e strumenti che Miró usava e che sono stati conservati grazie all'attività della Fundació Pilar i Joan Miró che dal 1981 mantiene alto a livello internazionale il ricordo di uno dei principali artisti del Novecento spagnolo.

Autrice: Claudia Pettinari