All’interno della Sala delle Ciminiere e negli spazi espositivi adiacenti del MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna, saranno visibili fino al prossimo 7 settembre 2014 le trentatré opere dell’artista americano Nick Van Woert. Voce tra le più originali dell’arte contemporanea statunitense, l’arte di Van Woert è ascrivibile alla categoria descritta da Nicolas Bourriaud della “postproduction”, ovvero quella pratica che ricorre a forme già prodotte inscrivendo l’opera d’arte all’interno di una rete di segni e significati originali attraverso un processo di ricomposizione.
Per Van Woert esiste una semantica dei materiali, al di là degli aspetti funzionali, gli oggetti vengono intesi dall’artista per ciò che sono anziché per come appaiono. Esemplari in questo senso le opere in plexiglass costituite da un reticolo di parallelepipedi sovrapposti a formare ipotetici labirinti da attraversare o semplici espositori contenenti classificazioni dei più diversi materiali (polveri, oggetti di scarto, detersivi, prodotti industriali, manufatti vari) apparentemente innocui ma che possono dar vita a combinazioni inquietanti.
Se già Damien Hirst aveva esposto scaffali contenenti pasticche e pillole di forme e colori differenti denunciando l’incontrollata e pericolosa dipendenza da farmaci di cui è vittima gran parte della popolazione occidentale, le scaffalature di Van Woert ampliano lo spettro delle sostanze pericolose raccontando come gel per capelli e cloro se mescolate possono generare sostanze incendiarie, scardinando le nostre tranquillizzanti certezze: per questo genere di suggestioni l'artista ha attinto a testi quali EcoDefense: a Field Guide to Monkeywretching (Ecodifesa: guida pratica al sabotaggio) di Dave Foreman o Improvised Munitions Handbook, un manuale dell'esercito che informa su come provocare disastri servendosi di sostanze d'uso comune.
Le opere funzionano come agenti attivi, divengono scenari rivelatori, l’arte di Nick Van Woert fa così “funzionare” le forme all’interno delle quali si svolge la nostra esistenza. Se l’appropriazione è il primo stadio della postproduzione, l’artista va in questa direzione quando crea ibride classificazioni di strumenti da lavoro e armi da cattura, reperti di oggetti antichi rivisitati nell'ottica di una trasmissione di saperi e di tecniche per il potenziale sabotaggio dell'ordine mondiale. Ogni opera deriva da uno scenario che l’ artista proietta sulla cultura, considerata a sua volta come cornice narrativa che produce nuove prospettive. Mosso dalla curiosità di conoscere e verificare ciò che ci circonda, di evidenziare il processo costruttivo e la struttura delle cose, Van Woert ricopre delle ipotetiche Veneri di Milo con materiali plastici di derivazione industriale in cui gli stilemi greco-romani trovano nuove forme e nuovi significati. Attraverso vere e proprie colate di materia l’artista riporta all'interno del dialogo vuoti simboli di decadenza, riempiendoli letteralmente di senso. La sua produzione artistica diventa quindi il “lessico di una pratica”, cioè il mezzo a partire dal quale si articolano nuove enunciazioni.
MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna
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Il prossimo appuntamento è per il 29 Agosto.