L’attaccamento spasmodico di Zeri alla campagna di studio in Jugoslavia e dopo lo sfaldamento della nazione balcanica, in Slovenia e in Croazia - iniziata nel 1976 e durata sino alla sua morte - mi sembra di poterla spiegare soprattutto con la stima e la devozione dimostrata dalla dott.ssa Ksenija Rozman nei confronti del Professore; tuttavia non posso dubitare che abbia avuto non minor valore la riconoscenza dimostratagli dalle autorità e dalla gente di cultura di quelle nazioni: da notare come titolo di merito che la sua consulenza fu sempre gratuita per tutti i venti anni di ricerca, pure nei luoghi più scomodi come a Ptuj.

Mi sembra di potere supportare questa mia ipotesi con i tanti segni recepiti nel tempo: a decine trovo nelle nostre conversazioni la delusione, il dispiacere per l’ingratitudine dei politici italiani nei suoi confronti; in quella schiera di studiosi dell’opposta sponda dell’Adriatico e nei politici che la supportavano, ha potuto constatare invece l’ansia di conoscere, appannata da anni di dittatura; ma soprattutto ha potuto sentire ciò che per tutta la vita gli era mancato in patria: la stima e la deferente riconoscenza. Ecco perché credo giusto ricordare questo impegno di ricerca che, ripeto, iniziata a metà degli anni Settanta, durò sino alla morte; un impegno che ha aperto nuovi orizzonti alle nuove nazioni riappropriatesi della propria storia (1). Negli appunti nelle mie agende trovo:

28 marzo 1976 - *Mi aveva chiamato Mario, il collaboratore domestico, perché il piccolo Fabrizio aveva la febbre; diagnosticai un forte stato influenzale con un lieve meningismo reattivo: a Zeri, sentita la parola "meningismo", stava venendo uno svenimento ... tremava e balbettava con il terrore negli occhi ... che strano uomo, tanto intelligente e tanto fifone ... a volte non aveva equilibrio. Ho messo in cura il piccolo ... sono tornato a vederlo il mattino seguente: stava meglio ... Prima però, appena giunto in casa, mi aveva voluto vedere il Professore perché sarebbe partito giovedì, I aprile, per la Jugoslavia. In Dalmazia erano stati trovati molti quadri interessanti. Mi diceva: Dall'estero mi chiamano continuamente, in Italia non godo di alcuna stima ... che immondezzaio ... *

Cominciò in quel tempo la lunga collaborazione di Ksenija Rozman (2) con il Professore: era a Roma, grazie ad una borsa di studio del governo italiano, per una ricerca sull'attività del pittore neoclassico Francesco Caucig/Kavcic (Gorizia 1755-Vienna 1828). Credo sia il caso di scrivere più a lungo su questo tema che, in Italia, ebbe scarsissimo riscontro: per le nuove nazioni, risorte dopo lo sfaldamento della “nazione jugoslava”, l’impegno di Zeri rappresentò la rinascita e in gran parte pure la scoperta della loro cultura artistica. Così raccontò la felice esperienza italiana la Rozman (3):

Quando la dott.ssa Ornella Francisci Osti, durante uno dei nostri incontri, ebbe modo di vedere le foto del vasto e complesso ciclo pittorico di Caucig da me portate, fu categorica: "Nessuno fra noi può aiutarti. Nessuno, a parte Federico Zeri". Fu così che ebbe l’idea di organizzare un pranzo: al levare della mensa, Zeri sfogliò velocemente le fotografie dei lavori che Caucig aveva realizzato sulla falsariga dei maestri del passato, interpretandone subito alcuni e dandomi preziose indicazioni sul modo di risolvere le altre questioni ancora aperte. Come sempre aveva molta fretta e le sue domande erano brevi e concise. I disegni del Caucig erano circa 2000; il prof. Zeri ne visionò alcune centinaia in un attimo […] e rimase colpito dal gran numero di scene iconografiche di Caucig con motivi ripresi dalla letteratura greca e romana, dai disegni di sculture classiche provenienti da varie collezioni romane che erano state vendute o portate - dopo lo studio di Caucig a Roma (1781-1787) - a Parigi, Londra, Berlino, Madrid, New York, ecc., o altre di cui oggi non c'è più traccia. Si mostrò particolarmente entusiasta della finezza dei disegni a penna, acquerellati in inchiostro bruno, grigio e nero con vedute di Roma, dei dintorni della città e di altri luoghi dell'Europa centrale. Dopo un breve colloquio, seguì l'invito: "Venga a Mentana con tutto il suo materiale. Là avremmo modo di dedicarci al lavoro con più calma, ma in ogni caso può contare sempre sulla mia disponibilità". Ebbero così inizio le mie visite a Mentana, che si susseguirono sino a quel triste 1998, quando ci ha lasciati per sempre.

Così continua questo racconto della Rozman:

Oltre al desiderio di poter disporre della letteratura sull'arte più antica e su quella moderna del territorio ex jugoslavo, Zeri aveva espresso la volontà di visitare la Slovenia e aiutarci nella soluzione delle attribuzioni e delle altre questioni ancora aperte, relative alle opere d'arte custodite nei musei e nelle gallerie slovene. Visitò la Slovenia (4) una prima volta nel 1976, l'ultima nel 1994, quando fu presentata la traduzione slovena del suo libro *Dietro l'immagine. Poiché il materiale rinvenuto in Slovenia lo aveva particolarmente interessato, il prof. Zeri si offrì di elaborarlo. Per il primo catalogo, uscito nel 1983, scegliemmo le opere più significative conservate nella galleria nazionale [Narodna galerija] di Lubiana e cinque opere del Museo di Maribor. Per sua iniziativa nel 1989 preparammo un nuovo catalogo legato questa volta alla Natura morta europea dalle collezioni slovene (e la mostra relativa). Zeri era dell'idea di continuare con esposizioni tematiche, ad es. paesaggi, ritratti, battaglie, ecc., ma ben presto ci rendemmo conto che non c'erano abbastanza lavori di un certo livello per una simile presentazione. O meglio, in Zeri si era spento lo slancio e l'entusiasmo per questo tipo di lavoro, tanto che mi disse: "È bene che lo sappia. Non intendo scrivere un altro catalogo". Aveva aggiunto comunque che forse sarebbe stato utile scegliere e illustrare le opere più importanti e più "belle" delle collezioni slovene. Questo progetto fu realizzato nel 1993 con il catalogo e la mostra sui Maestri europei delle collezioni slovene.*

Nel 1997 seguì l'allestimento dell'esposizione permanente delle opere dei pittori europei nella Galleria nazionale, anche questa accompagnata da un catalogo. I primi tre cataloghi sono stati pubblicati in sloveno e italiano mentre l'ultimo solo in sloveno, cui seguì un'edizione inglese autonoma. Il prof. Zeri era affascinato dalla ricchezza dei resti romani in Slovenia, dai mitrei, dalla scultura e dalle chiese gotiche, dai castelli e dalle chiese barocche, dalla Secessione a Lubiana ed inoltre, accanto ai numerosi pittori italiani, dall'enigmatico Almanach, pittore seicentesco come Peter van Kessel e Michael Bechtel. Per tutti e tre questi pittori Zeri aveva previsto la scoperta e la rivalutazione in un futuro molto prossimo, e questa sua previsione si avverò ben presto. Era inoltre stupito che in Slovenia esistesse un museo dedicato alla superstizione e alle streghe. Lo attirava la natura e la nostra arte popolare. Il suo preferito era il Museo dell'apicoltura di Radovljica.

Per quanto me lo permettevano le mie capacità e la disponibilità di tempo, intanto, ho aiutato il professore a sistemare il suo materiale librario e fotografico e continuai a farlo poi sino al tragico epilogo. Da questo punto di vista il 1997 è stato un anno record: insieme alla paziente, precisa ed operosa Marta, in cinque settimane abbiamo ordinato 270 metri lineari di libri. Come dipendente della Galleria nazionale ed abituata, sin da giovane, a non vivere sulle spalle altrui, ho potuto offrire il mio aiuto soltanto durante i periodi di ferie. Oltre all'occasione unica di poter lavorare con uno storico dell'arte di eccezionale valore, una persona di ampie vedute dagli interessi sconfinati, sono rimasti in me, indimenticabili, i suoi commenti sulle opere della letteratura mondiale, sia passata sia moderna, presenti in varie lingue nella sua biblioteca. Alla sera tardi, già sfinita da lunghe ore di lavoro, leggevo molti eccellenti testi letterari a me ignoti. Ricordo che il professore mi consigliò un libro dello scrittore francese Georges Perec: La vie. Mode d'emploi. Dopo che lo ebbi letto mi chiese: "Ha notato che tutte le storie terminano all'improvviso?" "Sì", risposi. Fu una premonizione?

L'amore di Federico Zeri per la regione balcanica si può leggere in una intervista rilasciata a Pierluigi Battista in occasione del bombardamento serbo su Dubrovnik, nel 1991 (5) ; il furore della dirigenza di quella che era ormai la Federazione jugoslava in dissolvimento doveva essere in quel momento al culmine avendo, la Repubblica Slovena, ormai raggiunta l'indipendenza, riconosciuta internazionalmente (6). Quegli attacchi forse miravano a limitare i danni, tentando di impedire la secessione degli altri stati membri; ma attaccare Ragusa voleva dire per lui anche annientare quella perla incastonata tra il mare e le montagne, uno dei più rinomati patrimoni artistici d'Europa. La furente ribellione di Zeri non era certo finalizzata a riaprire vecchie ferite, né antiche rivendicazioni; ne dava invece, alla sua maniera e con logica stringente, la spiegazione storica:

I massacri che si stanno perpetrando al di là dell'Adriatico non sono forse le ultime feroci convulsioni di quell'aborto chiamato Jugoslavia, ideato e concepito dalla Francia di Clemenceau in funzione, e diciamolo apertamente, anti-italiana? E quello che stanno facendo i serbi non è forse l'atto di morte di una creatura mostruosa che prima re Alessandro e poi Tito sono riusciti a tenere assieme, ma adesso sta morendo in un bagno di sangue? Se i serbi avessero voluto conquistare Ragusa soltanto per ingrandire i propri territori o per garantirsi uno sbocco sul mare, non si spiegherebbe l'accanimento con cui stanno distruggendo quella meravigliosa città. No, tutto questo è alimentato da un ossessivo, inscalfibile, implacabile odio ideologico che i serbi nutrono verso tutto ciò che quella città rappresenta".

Tale odio egli non lo metteva in rapporto con l'ideologia del nazional-comunismo serbo; diceva infatti:

Vado molto più indietro nei secoli. È che la Serbia è una creatura di Costantinopoli. Basta vedere i grandi cicli di affreschi dei monasteri-fortezza della Serbia, in puro stile costantinopolitano sebbene improvincialito, per accorgersene. Questo prima della battaglia del Kossovo del 1389, quando i Serbi vengono sbaragliati dai Turchi. Da quel momento la Serbia viene interamente balcanizzata e turchizzata, come sa chiunque è in grado di capire le strette somiglianze tra la cucina serba e quella turca. In un caso o in un altro la Serbia è profondamente, nevroticamente antieuropea, anticattolica. L'odio ideologico nasce da lì e viene canalizzato contro l'europeissima Croazia, che prima di appartenere all'Impero asburgico è stata una delle marche di confine dell'Impero di Carlo Magno e che ancora oggi conserva, cosa che pochissimi sanno, preziosi avanzi carolingi.

Basta questa sola citazione per spiegare la passione con la quale, per oltre tre lustri, Zeri lavorò alla riscoperta di quel dimenticato patrimonio. Fu oltre tutto un impegno "accettato gratis et amore dei, come egli stesso tenne a sottolineare, non senza una vena polemica (7)". Iniziò la sua ricerca nel 1976, visitando, insieme con Ksenija Rozman, la Slovenia; poi, per il tramite di conoscenti di questa, visitò pure la Dalmazia, Zagabria e Belgrado (8). Queste prime visite consentirono una serie di scoperte che portarono ad una prima, importante mostra con catalogo firmato da Federico Zeri e con la collaborazione della Rozman. L'avvenimento ebbe qualche riscontro in Italia solo dopo che lo stesso Zeri lo aveva segnalato su La Stampa (9).

Al termine di questi primi dieci anni di impegno, il Governo Jugoslavo volle ringraziarlo, insignendolo, il 29 settembre 1986, dell'Ordine della Stella jugoslava (Red jugoslavanske zvezde na ogrlici), per il contributo dato alla cultura di quella nazione, per il suo lavoro in Slovenia e la collaborazione scientifica in Croazia (Zagreb, Dalmazia) e Serbia (Belgrado, Narodni muzej); in quell'occasione Luc Menase "presentò" Zeri nel giornale Nasi razgledi come studioso e soprattutto come amico (10). Avviata la ricerca, un lavorio costante portò a scoperte sempre più interessanti; nel 1989 venne così inaugurata la mostra Natura morta europea dalle collezioni slovene presso la Galleria nazionale; fu edito pure il catalogo (11) ma la stampa italiana non fu prodiga nel dedicare spazio all'avvenimento (12) : un solo riscontro – per quel che ho potuto reperire - ne Il Piccolo di Trieste.

L'inizio degli anni Novanta portò sui Balcani venti di guerra; la "Nazione Jugoslava" si sfaldava in un bagno di sangue. Ma oltre gli altipiani del Carso non c’era solo la guerra; infatti la rinata Nazione Slovena, mentre risuonava il mortaio nella grande conca di Sarajevo, ha voluto dedicare una mostra ai suoi tesori d'arte, quasi a ricordare ai popoli fratelli, ora separati, come vi sia stata e vi sia una cultura capace di accomunare le genti (13). La mostra fu dedicata ai Maestri europei dalle collezioni slovene e ancora una volta fu pubblicato un catalogo (14) particolarmente lodato da Luc Menase (15). Nume tutelare di tutta la revisione critica, prima per le opere della federazione jugoslava ed ora della Rs di Slovenia fu sempre Lui, Federico Zeri, al quale, nella prefazione del catalogo, è resa testimonianza di una proficua e indispensabile collaborazione ultradecennale, ribadendo ancora, ad abundantiam, il concetto che essa è stata sempre gratis et amore dei (16).

Ma la Repubblica Slovena lo colmò di onori: volle conferirgli, il giorno 14 aprile 1993, il “Diploma della galleria nazionale e dei Musei della Slovenia” come ringraziamento per i lunghi anni durante i quali ha condotto importanti ricerche sulle opere d'arte nei musei della Slovenia e nella Narodna galerija di Lubiana; e ancora nel 1993 (il 21 settembre) gli venne conferito il “Sigillo della città di Maribor” (Mestai pecat mesta Maribor) per i suoi studi sulle opere d'arte di Maribor; il 29 novembre 1994 fu insignito dell'“Ordine onorario della libertà della Repubblica di Slovenia” per i suoi lunghi anni di lavoro per la Slovenia (17) ; il 7 aprile 1994 gli venne consegnato il “Riconoscimento della città di Ptuj” (Spominsko priznanje mesta Ptui) per le ricerche compiute sulle opere d'arte di quella città. Ancora nel 1994 venne presentato a Lubiana il libro Dietro l'immagine tradotto in lingua slovena (18).

Il lavoro continuò intenso negli anni, poiché Zeri non abbandonava mai un lavoro se non lo aveva esaurito, così come non lasciava mai una lettera o una cartolina senza risposta: non ottenerla significava che l'interlocutore non meritava risposta; e, nella assoluta maggioranza dei casi, tali posizioni erano definitive, senza ripensamenti. Nel 1997 fu dato alle stampe il catalogo della collezione permanente dei pittori europei presenti nella Galleria nazionale (19). Tanta fatica di Zeri, uno storico dell’arte, critico e profondo conoscitore, (che) si distingue anche perché non osserva le pitture con le sopracciglia aggrottate e con atteggiamenti di superiorità (20) e di Rozman, la migliore conservatrice di storia dell'arte della Slovenia (21), hanno però dato dei frutti insperati: prima l'allestimento di tre mostre che hanno lasciato il segno nella cultura della Nazione slovena e infine la collocazione permanente delle opere rivalutate nella Galleria nazionale (22).Ciò che più importa, in questo frenetico lavoro pluriennale, è la serie di interessanti scoperte fatte nel corso degli anni.

Dal buio profondo sono riemersi, provenienti in gran parte dalle opere di proprietà pubblica e, in altri casi, privata, (...) soggetti, alcuni rarissimi, come è quello di una tela intrigante che raffigura il Profeta Geremia che ordina di nascondere il fuoco, attribuita dubitativamente a "Scuola genovese". Il tema è desunto dall'episodio narrato nel libro dei Maccabei e si riferisce all'ordine impartito da Geremia ai sacerdoti ebrei di nascondere il fuoco sacro in un pozzo secco. [...] La mappa delle provenienze dei dipinti [...] rappresenta un problema attraente, a partire dalle vicissitudini del Santo, identificabile anche come profeta o filosofo, (opera) di Giuseppe Petrini [...] e che appartiene alla maturità del pittore ticinese. La tela venne acquistata nel 1992 dalla Galleria Nazionale dopo una storia avventurosa; tale storia era iniziata quando, presso un antiquario di Buenos Aires, l'opera era stata scoperta e comprata nel 1937 dallo storico dell'arte sloveno, prof. Izidor Cankar, ambasciatore di Jugoslavia in Argentina, collocata in una raccolta dove figurava con l'attribuzione a Daniele Crespi; tornata in Jugoslavia, fu quindi concessa in prestito al castello di Brdo, sede del Consiglio esecutivo della Rs di Slovenia e residenza del maresciallo Tito (23).

Ma i pittori scoperti o riscoperti sono davvero tanti, come Michael Bechtel, forse appartenente a una famiglia di Norimberga, noto solo per la firma posta su tre dipinti datati 1663 (24) ; Peter Van Kessel, fiammingo di Anversa che, attorno al 1658 lavorò a Wurzburg e a Bamberga: le sue tele di Maribor sono tutte datate 1662; Almanach, di origine fiamminga, (che) fu attivo in Carniola nella seconda metà del XVII secolo (25) ; insomma un grande numero di maestri del nord e del sud Europa operanti tra il XIV e il XX secolo che hanno lasciato un patrimonio fatto di opere a soggetti vari, dai dipinti di carattere religioso a quelli di carattere mitologico, ai paesaggi, alle battaglie, ai tanti ritratti, alla pittura di genere, alle raffigurazioni di animali.

Per l'arte slovena però la valorizzazione di un pittore locale è stato un successo ulteriore; tra i pittori a cavallo dei secoli XVIII e XIX si è infatti formato Francesco Caucig, nato a Gorizia nel 1755 e morto a Vienna nel 1828. Agli studi del pittore a Vienna provvide il colto e facoltoso conte Philipp Cobenzl, che da Vienna lo mandò poi a studiare, dal 1779 al 1781, all'Accademia di Bologna e a Roma, dove tra il 1781 e il 1787 visse e lavorò in compagnia dei pittori Josef Bergler, Simone Pomardi, Michael Kock, Josef Riedl e Felice Giani. [...] Nel 1823 divenne membro onorario dell'Accademia di S. Luca a Roma [...]. Egli subì l'influsso della pittura neoclassica francese... ; nei dipinti ad olio raffigurò scene bibliche e mitologiche e paesaggi idilliaci. Disegnò a bistro e ad inchiostro di china schizzi per le composizioni da eseguire ad olio: vedute di Roma e dintorni... (26)

Sono pervenute alla Galleria nazionale di Lubiana molte opere di questo artista; mentre molti soggetti riguardanti il nostro territorio sono stati segnalati a Vienna: la basilica di S. Agnese; una insolita veduta del ponte Nomentano con un viandante che porge l'elemosina a un mendicante; una veduta catalogata come Monte Cornicularj, che sembra dovesse raffigurare la rocca diruta di Montecelio; un paesaggio di Rocca di Papa; uno scorcio paesaggistico Sotto Rocca di Papa. Tutti questi soggetti fanno parte della Collezione grafica dell'Accademia di Belle Arti di Vienna. Se è indiscutibile il disinteresse della cultura italiana all’impegno profuso in vita da Zeri alla ricerca nelle nazioni ex Jugoslave, conforta almeno che, nella regione di confine, qualche anno dopo giunse il momento della resipiscenza; ne è conferma la lettera di accompagnamento al catalogo (27), dedicato In memoria di Federico Zeri e inviatomi dall’arch. Giangiacomo Martines il 17 novembre 2005:

Gentile Dottore, nel mio precedente incarico dirigenziale, quale Soprintendente per i Beni Architettonici ed il Paesaggio, per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico del Friuli Venezia Giulia, ho avuto l'onore di intraprendere la mostra di cui invio il Catalogo, promovendo il restauro delle celebri opere fino allora conservate in Palazzo Venezia a Roma, il trasferimento e la promozione dei nuovi studi.
Questa importante esposizione, condotta ad evidenza del Ministero degli Affari Esteri, di concerto con i Funzionari di Lubiana e Pirano, è stata conclusa dall'attuale Soprintendente Architetto Giuseppe Franca. Quelle opere erano prima note negli studi solo da riproduzioni e articoli anteriori al 1940 ed ora sono restituite al libero godimento del pubblico ed alla ricerca sull'arte di Caput Adriae e di quel versante d'Europa.
Fin dalle prime battute, questa iniziativa è stata dedicata a Federico Zeri per l'indelebile traccia di studi, cataloghi, insegnamenti e allievi, che ha lasciato nella Galleria Nazionale di Lubiana e nell'ambiente di studiosi intorno ad essa.
In considerazione della Sua vita, dedicata in parte al Professore Zeri quale suo Medico personale, Le invio questo catalogo.

Ho voluto ricordare, a tanti anni dalla scomparsa del Maestro, questa lunga collaborazione fatta nel suo stile magnanimo e sovranamente disinteressato, per sfatare una ostinata nomea di "burbero intrattabile"; lo fu, certo e spesso, ma giammai senza motivo grave. Ciò che l'offendeva e lo rendeva furibondo sopra ogni cosa era la gratuita maldicenza e l'ingratitudine. E lo offendeva la tracotanza di una classe politica della quale non aveva alcuna stima. Voglio chiudere questo ricordo del Professore, che per lunghi anni mi ha arricchito di tanto sapere e mi ha concesso la sua fiducia, con una “pennellata” di un altro suo grande estimatore, Marco Bona Castellotti:

Zeri è maestro, anche se tiene lezione di rado, anche se gli è poco congeniale pontificare «ex cathedra», se detesta le mischie accademiche. È maestro naturalmente perché riesce, con la lucidità del giudizio, a infondere negli ascoltatori o nei lettori, una curiosità simile, in certa misura, alla sua; perché le sue furibonde polemiche, che l'hanno spesso emarginato e fatto ritenere una sorta di santone folle, posseggono un fascino misterioso e vengono sempre più temute. “Che ne penserà Zeri? Quale anatema scoccherà dal suo esilio volontario di Mentana?” Profeta senza religione, rifugiato, come un senatore romano stanco della politica, in una borgata sgangherata, invasa da prefabbricati, villette a schiera che stringono d'assedio la sua bella casa «colore della terra». Intellettuali chiusi nel guscio della loro alterigia, burocrati ciechi, accademici unti, giovani d'assalto creature di madri e di padri italioti, non vivono tranquilli, sanno di essere spiati e braccati e che prima o poi il profeta di Mentana parlerà di loro.

Note:
1. Mi dilungo su questo argomento poiché tanto lavoro e tanto orgoglio nazionale ebbe, invece, in Italia riscontro mediatico modestissimo, certo perché frenato dalle note camarille accademiche antizeriane. 2. Ksenija Rozman ha collaborato nelle ricerche e lo ha seguito con devozione sino all’ultimo giorno della sua vita. Nata nel 1935 a Lubiana e laureata nel 1959 nella classe di France Stelè, ha acquisito il titolo di dottore nel 1965. Dopo aver operato nelle strutture della Soprintendenza tra il 1959 e il 1962, a partire dal 1962 ha lavorato come conservatore presso la Narodna galerija (Galleria nazionale). Ha pubblicato articoli in riviste d'arte slovene ed estere riguardanti la pittura e la scultura tardomedievale in Europa e la pittura del XVIII e XIX secolo. È autrice dei cataloghi e delle mostre su Mihael Stroj (1971), e Frane Kavcic/Caucig (Ljubljana 1978, Weimar 1982, Cambridge 1984). Ha curato il catalogo e organizzato l'esposizione sull'arte del XVII secolo in Slovenia (Umetnost 17. stoletja na Slovenskem, 1968); ha scritto guide ai monumenti - La chiesa di S.Giovanni sul lago di Bohinj (Cerkev sv.Janeza ob Bohinjskem jezeru, 1962, 1984), e Breg presso Preddvor (Breg pri Preddvoru, 1977) - ed un testo sulle norme generali per il lavoro nei musei e nelle gallerie della RS di Slovenia (Splosna provila za deb v muzejih in galerijah SR Slovenije, 1983). Fa parte del comitato di redazione della rivista Zbornik za umetnostno zgodovino ed è autrice di alcune voci per le enciclopedie dell'ex Jugoslavia, per l'Enciclopedia della Slovenia (Enciklopedija Slovenije), per l’Enciclope¬dia Italiana Treccani e per The Dictionary of Art (MacMillan, London). Assieme al prof. Zeri ha scritto i cataloghi e ha organizzato le mostre sui quadri dei maestri europei custoditi nelle collezioni slovene, esposizioni che sono state allestite negli anni 1983, 1989 e 1993 nella Galleria nazionale di Ljubljana (Lubiana).
3. Ksenija Rozman, Salvatore G. Vicario, Federico Zeri e la Slovenia, “Annali 2000” dell’Associazione Nomentana di Storia e archeologia onlus, pp. 72-76.
4. Federico Zeri, Due grandi mostre: capolavori, capricci e scandali, Caccia d’arte in Slovenia, “La Stampa”, a.117, n. 293, 11 dicembre 1983, p. 3
5. P. Battista, Povera mia Dubrovnik, anzi Ragusa, “La Stampa”, 14 novembre 1991, p. 3 6. Seguirono, a complicare il quadro politico, altri riconoscimenti di indipendenza nell’Europa già alleata di quella grande potenza militare che era stata l’URSS: il 26 giugno 1991 della Croazia, il 30 luglio successivo della Lituania, il 3 settembre della Lettonia e via via dalle altre, a ritmo ravvicinato. 7. G. Fossi, Tanti artisti europei per la cultura slovena, “La Nazione”, Firenze, 14 marzo 1984; Anon., Zeri a Lubiana, Il misterioso Almanach e altre opere straordinarie e sconosciute, “II Giornale dell'Arte”, n. 8, gennaio 1984; in tale intervista venne specificato che: il materiale esposto proveniva, oltre che dalla Galleria nazionale, anche dal Museo di Maribor e dall'Accademia delle Scienze di Lubiana; che il misterioso Almanach, di cui non si conosce il nome di battesimo, poteva essere figlio di quell'artista olandese attivo a Roma e conosciuto come Almanacco; che un'altra mostra era passata inosservata in Italia, quella del Tesoro della Cattedrale di Zagabria, che raccoglieva oggetti meravigliosi, avori, ricami e oggetti di oreficeria incredibili. 8. L'aiuto, necessario per i viaggi di Zeri che era accompagnato da assistenti e da altro personale, tendeva a reperire la copertura per le spese quotidiane e alberghiere; la Rozman infatti procurò di rendere tali visite il più possibile comode ed efficienti, facendolo accompagnare da colleghi storici dell'arte croati e serbi che ben conoscevano strade, luoghi da visitare, orari d'apertura dei musei, delle gallerie, nonché l'ubicazione delle chiavi di chiese, monasteri, castelli... 9. Zeri, Tuji Slikarji od 14. do 20. stoletja, Narodna galerija, Ljubljana 1983, cioè "Maestri stranieri dal Trecento al Novecento" con "Introduzione" di Anica Cevc e la collaborazione di K. Rozman, con testo sloveno-italiano, pp. 176, figg. 105 + VIII tav. a col.; Zeri, Due grandi mostre: capolavori, capricci e scandali, Caccia d'arte in Slovenia, A Lubiana, "Mostra di pittura europea dal XIV al XX Secolo" - Documenta gli apporti pittorici di Italia, Germania, Austria e Francia a questa terra la cui storia è stata tra le più difficili del continente. A Zagabria una sconcertante esposizione: pezzi molto notevoli accanto a montagne di rifiuti - Attacchi e polemiche, “La Stampa”, a. 117, n. 293, 11 dicembre 1983, p. 3; il sottotitolo evidenzia lo stato culturale locale, nel quale il Professore compì le prime ricerche. Successivamente la mostra fu segnalata da G. Contessi, Rassegna senza ambizioni ma interessante, in Avanti, Roma, 19 gennaio 1984 e Fossi, cit. 10. L. Menase, Federico Zeri, conoscitore, critico, cosmopolita e onesto, e in più anche nostro amico, “Nasi razgledi”, 7 novembre 1986, pp. 624 sgg. 11. Zeri – Rozman, Natura morta europea dalle collezioni slovene, Narodna galerija, Ljubljana 1989, testo sloveno-italiano, pp. 162 con 72 figg. + VIII a col. 12. R. Derossi, Accade al colore, in cucina - Nature morte tedesche e centro-europee a Lubiana: quante scoperte, “II Piccolo” di Trieste, n. 49, 1 marzo 1989, p. 8; L. Menase, Le nature morte nella Narodna galerija - La libertà delle nature morte, “Delo”, a. XXXI, n. 64, Ljubljana, 18 marzo 1989, p. 28 sgg. 13. F. Baroncelli, Nella città gemellata con Parma - Maestri a Lubiana - Dipinti ricuperati dalle collezioni e dalle chiese, “Gazzetta di Parma”, a. 258, n. 253, 15 settembre 1993, p. 3; A. Rizzi, La difesa delle libertà esige anche la ricostruzione artistica - Una mostra emblematica -Un rinascimento sloveno come risposta alla guerra, “Messaggero Veneto”, a. 48, n. 110, 11 maggio 1993, p. 10; nella rinata Repubblica i fermenti di libertà cominciavano a provocare pure i primi fenomeni di delusione: in regime democratico non sempre vince il migliore! (cfr. Igor Sencar: nell'articolo Quando saremo maturi per una degna vita politica - L'impotenza dell'etica, “Slovenec”, a. LXXVI, n. 111, 16 maggio 1992, p. 22, allegato del Sabato: l'A. cita pure il pessimismo di Zeri nei confronti della vita politica italiana.
14. Zeri - Rozman, Maestri europei dal¬le collezioni slovene, Narodna galerija, Ljubljana 1993, testo sloveno-italiano, pp. 202 con 81 figg. + 12 a col.; di questa mostra è stato pure lodato il catalogo che ha l'aria linda e la dignità di certi libri pubblicati negli anni 50 che, nella lo¬ro misura, presupponevano innanzitutto il rispetto del lettore (M. Bona Castellotti, Lubiana - Tele a sorpresa in Slovenia).
15. Menase, I Maestri europei dalle collezioni slovene, “Delo”, a. XXXV, n. 92, 22 aprile 1993, p. 3. 16. Rizzi, cit. 17. “Il giornale dell’arte”, n. 129, gennaio 1995, p. 60; Onorificenza slovena al critico Federico Zeri, “Il Piccolo” di Trieste, I dicembre 1994, p. 11 18. L'opera è stata tradotta dal prof. Nike Kosir, con il titolo Za podobo, Ljubljana 1994, pp. 264 con 37 figg.: quell'opera è stata tradotta nelle più importanti lingue del mondo; l'edi¬zione slovena, a giudizio anche di Zeri, si caratterizza per i migliori progetti grafici e per una delle traduzioni meglio riuscite.
19. Zeri- Rozman, Evropski slikarji: Katalog stalne zbirke, Narodna galerija, Ljubljana 1997, pp. 288 con 155 figg + 48 a col.; il catalogo è stato seguito da una versione ridotta in lingua inglese, Zeri - Rozman, European Painters: Catalogne of Permanent Collection, Na¬rodna galerija, Ljubljana 1997, pp. 160 con 155 figg + 48 a col. 20. Rozman, Prefazione, in Maestri europei dalle collezioni slovene, cit.,p. 101
21. Menase, I Maestri europei dalle collezioni slovene, cit. (nota 12)
22. La Rozman, nella prefazione dell'opera cit. in nota 17, ricorda: Gli Sloveni non sono certo noti per le loro altisonanti frasi di cortesia, per questo mi permetto di esprimere al professor Zeri soltanto un sincero ringraziamento (...). Decine di tele polverose e spesso anche strappate sono assurte al rango di opere note e, se non proprio molto famose, almeno collocate a pieno titolo nel panorama della pittura europea. Grazie all'apporto dì Zeri, il valore dei quadri così riqualificati è aumentato e il loro prezzo, dallo zero di un tempo, è salito a cifre da capogiro in valuta pregiata. 23. Bona Castellotti, cit. 24. Derossi, cit. 25. Rozman, Almanach, ..., Narodna ga¬lerija, Ljubljana 1996, pp. 16 con VII tav. a col. 26. Zeri - Rozman, Maestri europei dalle collezioni slovene, cit., p. 185; Rozman, Francesco Saverio Caucig, in “Dizionario biografico degli italiani” dell'Istituto dell'Enciclopedia "G. Treccani", v. XXII, Roma 1979, ad vocem. 27. Aa. Vv., Histria, opere d’arte restaurate: da Paolo Veneziano a Tiepolo, Electa ed., catalogo della mostra (Trieste, Civico Museo Revoltella, 23 giugno 2005 – 6 gennaio 2006), Milano 2005 28. Marco Bona Castellotti, L’assediatore assediato, “Il Sole 24 Ore”, n. 58, 9/10 marzo 1986, p. 20