Come già visto nell’articolo dedicato alla Salicornia, nel quale si sottolineava la resilienza di questa pianta, che prospera in un ambiente ostile di salsedine e aridità, ci sono alcune piante che riescono a sfidare l’ambiente stesso in cui proliferano. È il caso del Lampascione che cresce nell'entroterra pugliese, dove la terra si fa ancora più dura, celandosi tra le fessure della roccia e le zolle riarse. Questo bulbo selvatico, un altro inaspettato regalo della natura, dal sapore amarognolo, affonda le sue radici in un terreno che sfida ogni aspettativa, e racconta storie di fame e di ingegno, patrimonio della tradizione rurale, tanto da entrare, seppure con nomi diversi nelle diverse località, in diversi modi di dire, legati soprattutto alla difficoltà della raccolta, che si effettua faticosamente a mano, con l’aiuto di una zappetta.
Tra i tanti nomi attribuiti a questo prezioso bulbo, quello a cui sono legato, perché mi accompagna da sempre, fin dalla fanciullezza, è il termine Pampascione in uso nel Salento. Qui, stranamente, il termine indica non solo la pianta ma anche una persona poco sveglia, un bonaccione ingenuo. Accostamento un po' incongruente con le caratteristiche della pianta.
Il Muscari comosum o anche leopoldia comosa (in onore del granduca di Toscana Leopoldo II, che ne era grande estimatore), infatti si distingue per le proprietà organolettiche, che ne fanno quasi un concentrato di benefici, noti sin dai tempi antichi, tanto da essere considerato (al pari di tanti altri elementi) un potente afrodisiaco. È un prodotto della terra assolutamente ipocalorico, praticamente privo di grassi, per cui ha una azione saziante senza “danni collaterali”, particolarmente apprezzata nelle diete moderne, ma di vitale importanza per il consumo dei tempi passati, come sostegno e integrazione del regime alimentare rurale.
Grazie alla presenza di potassio e alle fibre, svolge una funzione lassativa e favorisce il transito intestinale.
È consigliato non eccedere troppo nel consumo, dato che i lampascioni possono produrre un aumento del meteorismo, con manifestazioni rumorose, magari poco piacevoli. A fronte di questa piccola pecca il bulbo regala tanti altri benefici con una importante azione antitumorale e antinfiammatoria, regola il colesterolo, protegge il sistema cardiocircolatorio, regola l’assorbimento degli zuccheri, aspetto importante per chi soffre di diabete.
È sorprendente trovare tante caratteristiche positive in un prodotto che, incontrato sui banchi dei mercati, specialmente nei mesi primaverili, alla vista non ha poi un grande appeal, presentandosi come piccole cipolle coperte di terra. Bisogna lavorarci un po' per renderlo un assoluto protagonista in cucina.
Anzitutto i bulbi vanno puliti, asportando la parte inferiore con le radici ed i primi strati, privandoli quindi della maggior parte della terra di cui sono ricoperti. Vanno poi tenuti in acqua e sale e risciacquati più volte per eliminare almeno un poco l’amarognolo che li caratterizza. A questo punto i lampascioni sono pronti per ogni utilizzo in cucina.
Il piatto che mi riporta indietro nel tempo, con le preparazioni della mamma, è quello assolutamente più semplice: solo bolliti e conditi con olio, sale e aceto, avendo cura di schiacciarli tutti, così da far assorbire meglio il condimento. Un piatto che rispecchia tutta la tradizione gastronomica pugliese, fatta di ingredienti semplici e di facile reperibilità. Con la stessa semplicità, che nasce sempre dalla cultura gastronomica contadina, che cercava di spostare in avanti la durabilità degli alimenti, ben oltre la disponibilità del prodotto fresco, si possono preparare i lampascioni per conservarli e gustarli più avanti nel tempo. Si mettono in vasetti di vetro, accompagnati da grani di pepe, pezzetti di aglio e foglie di alloro, coperti da ottimo olio di oliva.
Altra modalità di cottura di estrema semplicità (al netto delle operazioni di pulizia) è la frittata. Con l’aggiunta delle uova, i lampascioni diventano un ottimo secondo, che porta nel piatto la tradizione degli alimenti semplici. La semplicità delle ricette finisce qui. I lampascioni si prestano ad una serie di preparazioni molto più elaborate.
A cominciare dai lampascioni fritti con la pastella, una vera e propria esplosione di gusto, irresistibile come tutte le golosissime fritture. Molto diffusa è anche la frittura dei lampascioni senza pastella. Sempre dopo un’accurata pulizia dei bulbi e un lungo ammollo per togliere un po' del caratteristico sapore amarognolo, i lampascioni vanno fritti in abbondante olio, con l’accortezza di praticare un’incisione a croce, che darà anche un importante aspetto scenografico: i bulbi, infatti, durante la cottura si apriranno come dei fiorellini. Basterà condirli con sale e pepe per portare in tavola un piatto particolare, anche visivamente.
Anche al forno i lampascioni trovano ottimi utilizzi, accompagnando altri alimenti come le patate e l’agnello, prodotto sempre presente nella cucina tradizionale. È veramente un tripudio di sapore, ottenuto cuocendo l’agnello e i bulbi, precedentemente bolliti, insieme in teglia, dopo avere ricoperto il tutto con una panatura composta da pangrattato, pecorino grattugiato, prezzemolo e pepe, in modo da ottenere una deliziosa doratura e croccantezza. Questo concentrato di gusto merita un buon vino locale, scelto tra i grandi rossi, per ritrovare pienamente le note gustativa della Puglia intera.
Gustare i lampascioni oggi è più di un gesto culinario: è un atto di memoria e di rispetto per la terra. Richiedono tempo, attenzione, e restituiscono storie antiche fatte di fatica, sapienza e stagioni. In un mondo che corre, pronto a bruciare e rinnegare tesori gastronomici ricchi di storia, per abbandonarsi a mode magari passeggere, questi piccoli bulbi ci insegnano a rallentare e ad ascoltare: perché ogni ingrediente, se lo sappiamo trattare, ha qualcosa da raccontare, anche, e soprattutto, quelli dall’aspetto meno invitante.















