Una piccola storia aggiornata dei grani e dei frumenti, declinati al plurale, dal farro dicocco al grano tenero perché non tutti i grani antichi che oggi conosciamo, sono grani antichi.

Oggi, si fa presto a dire Grani Antichi, ma spesso si parla al plurale, di grani che poi così antichi non sono, ma vi è una netta percezione moderna che tutto ciò che è salutare e genuino, in qualche modo appartiene al passato, ad un periodo idilliaco in cui il mondo contadino conservava valori autentici e sicuramente per mancanza di denaro e di ignoranza, anche di quella componente chimica che tanto ha influito in agricoltura.

A partire dalla prima metà del Novecento si assiste a una vera e propria rivoluzione del grano e proprio dagli anni Venti quelle che fino a quel momento erano state varietà tradizionali, vengono soppiantate da nuovi grani, generati attraverso l’ibridazione. Per primo fu proprio in Italia, il reatino Nazzareno Strampelli a dare vita a centinaia di incroci tra i grani che provenivano da diverse parti del mondo, giungendo a isolare nuove varietà di gran resa che acquistarono il monopolio della granicoltura sia in Italia che nel resto del mondo. Mentre il bolognese Francesco Toraldo si dedicava in modo fedele alla tradizionale selezione genetica.

Fu soprattutto Strampelli a dare vita a varietà adatte ad ogni zona italiana, portando un aumento in resa annua di oltre 20 milioni di quintali. Emblematico è in Senatore Cappelli ottenuto da Strampelli non tramite l’ibridazione, ma attraverso la selezione genealogica del frumento tunisino: un grano selezionato a Foggia e destinato alle terre aride del sud Italia e oggi riconosciuto in modo improprio come grano antico. È stata la Rivoluzione Verde degli anni Sessanta del Novecento, che ha prodotto molte di quelle varietà oggi coltivate.

I Grani antichi erano e, sono, un vasto mosaico di razze che tappezzano l’Italia, e non solo, ancora nel 1927, erano coltivate e conosciute da tempi immemorabili, esistevano centinaia di varietà locali, acclimatate e produttive alcune solo nel loro territorio specifico, la cui felice pluralità è il risultato della dispersione della pianta in diversi contesti ambientali e una specifica selezione di adattamento; di alcune varietà si è addirittura persa memoria. Proprio in questo periodo iniziano a farsi strada le sementi elette, quelle selezionate dai contadini per le loro caratteristiche, allo scopo di aumentare la resa e la resistenza, con lo scopo inoltre di risolvere i problemi caratteristici di queste piante, come l'allettamento e le malattie; ma anche di colmare quegli squilibri sempre più forti tra produzioni interne ed importazioni di grani dall’estero.

Lo sforzo notevole dei genetisti ha riguardato alcune specie con caratteri ben determinati, ma il lavoro maggiore è quello che ha riguardato i contadini in migliaia di anni e in luoghi diversi che attraverso le loro selezioni hanno originato varietà locali, quelle che noi chiamiamo Varietà Antiche. Erano grani che pur assomigliando, spesso non erano uguali, come invece sono i semi moderni.

Il loro avanzare portava di contro all’estinzione di quelle varietà meno adatte.

La storia dei grani e dei frumenti va oltre ed è importante per mettere un po’ di ordine generale e far luce tra i diversi ambiti da quello sociale ed economico, a quello naturale ed ecologico, perché i saperi agronomici sono cultura e politica.

Ecco, quindi, che nella Roma imperiale il grano ci parla di stabilità politica, ma nel Medio Evo segna già quella distinzione tra i regimi alimentari delle classi sociali. Ma la storia del grano inizia nella Mezzaluna Fertile, coltivando e selezionando frumenti selvatici che poi sono stati domesticati attraverso la selezione genetica.

Il piccolo farro selvatico fu il primo cereale ad essere domesticato e cresce ancora oggi nel Sud-Est della Turchia; ma un misterioso genitore ha dato vita al farro dicocco, portato poi nel Bacino Mediterraneo, in Egitto, da lì in Etiopia e in India. Resta misterioso il pro-genitore del grano, dal quale sono nate e sviluppate una grandissima varietà ancora conosciute e apprezzate nel 1700. Dal farro Dicocco sembra discendere il grano duro; il Turanico è una varietà antica che nasce nella regione dell’Iran, diffuso nella mezzaluna fertile e in Egitto.

Il grano tenero è quello comparso più tardi nella linea evolutiva dei frumenti, con una grandissima capacità di adattamento, è il grano maggiormente diffuso al mondo. Il miglioramento genetico iniziato nel XX secolo, ha contribuito ad alimentare oggi uno stato di confusione tra quelle che sono realmente varietà antiche, quelle che derivano dal miglioramento genetico e quelle che invece sono vere e proprie varietà nuove, perché antico non significa originario. Continuano ad esistere varietà antiche ed originarie, anche in Italia, accanto a quelle sviluppate attraverso il miglioramento genetico che comunque si tende a considerare antiche, come il Senatore Cappelli oppure l’Ardito, ma anche il Verna, particolarmente apprezzato.

È grazie al lavoro di De Cillis, del 1927 che si conoscono molte delle varietà italiane di frumento, I Grani d’Italia, si tratta di un catalogo di grano che ha lo scopo di restituire dignità alla granicoltura Italiana, a due anni da quella che era stata La Battaglia del Grano. Così, si ha uno spaccato di varietà che coprivano l'intera penisola, con i nomi locali e quelli in cui erano conosciuti in aree diverse, i luoghi di origine e l'area di maggior diffusione. Spesso i nomi confondevano grani di varietà diverse e creavano una certa confusione.

Grani Teneri, turgidi o duri; annuali, primaverili o autunnali, tardivi o precoci; con le relative preferenze altimetriche, pianura, collina o montagna; l’adattabilità, la sensibilità all’allettamento (ripiegamento dello stelo fino a terra) e ai fenomeni avversi, come i patogeni e le malattie; le esigenze in termini di acqua, grani più o meno rustici; ma anche e soprattutto note sulla produttività e una valutazione sul potenziale di selezione e diffusione. Un fermo immagine che precede di poco i lavori di Strampelli, con le sue ibridazioni e di Todaro, con le sue selezioni.

Ecco quindi che troviamo un grano Inallettabile, molto comune in Umbria, nella bassa collina, particolarmente diffuso nell’Italia settentrionale; oppure il Gentil Rosso, o il Gentil Bianco, il Bordeaux; la Roccella, limitato in Liguria, il Vellutino nelle Calabrie, la Romanella nel Lazio; la Bufala, in Sicilia. Insomma, si tratta di alcune tra le tante varietà elencate e studiate, ma che a noi sono sconosciute, eppure per secoli hanno colorato di giallo i campi e sfamato generazioni.

I progressi tecnologici e colturali hanno ridotto di gran parte le varietà di grano, grazie alla tecnologia è stato quindi possibile plasmare su aspetti che interessano in modo particolare l’agricoltura moderna, appiattendo di fatto quella che è la biodiversità locale a favore però di una maggiore resa.

La diatriba è sempre più accesa tra il grano antico e quello moderno, ma come abbiamo visto spesso un velo di inconsapevolezza alimenta falsi miti difficili da sfatare. Spesso, ad esempio, le vecchie varietà non hanno meno glutine rispetto alle nuove, a volte ne hanno addirittura di più, quello che cambia se mai è la sua qualità; inoltre, sono grano che danno il meglio quando ad esempio vengono macinati a pietra, in associazione con la crusca, utilizzando pasta madre per la panificazione ei prodotti finali. Operazioni che innescano ancora un altro problema, che riguarda la certificazione di tutta la filiera produttiva.

Insomma, il grano è sicuramente frutto del lavoro e dell'opera collettiva, insieme alla natura; molto spesso quelle varietà che noi riteniamo o conosciamo come antiche, altro non sono che varietà nate da selezioni più o meno consapevoli del contadino, assieme all’adattamento del seme ad uno specifico ambiente dove generalmente tendeva a persistere più a lungo. Oggi, ci troviamo in un momento storico in cui si è fatta prioritaria la necessità di mantenere un alto livello di biodiversità e di adattamento locale anche dei grani e proseguire nel miglioramento genetico a partire dalle varietà locali meglio adattate ai rispettivi singoli ambienti.