Dries Van Noten dice che ama vivere alla sua maniera, scegliere il cammino da seguire, che non ha mai avuto intenzione di metter su un’impresa veramente importante con una boutique in ogni grande città: “Voglio creare qualche cosa che mi piace, qualche cosa di pienamente personale”. Non dice che disprezza il successo, ma si capisce che ci avrebbe rinunciato se avesse dovuto sacrificargli il proprio intimo essere. “Non è un’attività tanto piccola, dopotutto, e ho una responsabilità verso coloro che lavorano per me in India, in Italia e in Francia, ma non sono, comunque, un uomo d’affari che si preoccupa solo di cifre”. Dries Van Noten sembra infatti un uomo conseguente: non si fa pubblicità, ad esempio e, per uno stilista, è una strada parecchio originale. Il Musée des Art Décoratifs di Parigi gli dedica una mostra aperta fino al 20 luglio: Inspirations.

Nato ad Anversa nel 1958 in una famiglia dedita alla produzione e al commercio di abbigliamento, dal bisnonno Juhielmus al padre Hubert passando per il nonno Johannes Baptista, Van Noten disegna abiti da oltre vent’anni: nel 1992 ha fatto la prima sfilata maschile, nel 1994 la prima sfilata femminile, ed è ancora del tutto indipendente. La sua città, illuminata dai diamanti e da Rubens, con un porto dove Oriente e Occidente si sono sempre incontrati, lo ha nutrito nell’infanzia, poi, siccome l’uomo ha la curiosità inesauribile del connoisseur, sono arrivati in centinaia a ispirarlo. Artisti, luoghi, atmosfere, film, antichi ricami, musiche, grandi sarti antenati, ricordi, stelle del cinema, rockstar. Il Bronzino, Van Dick, Fouquet, Boldini, Rothko, Bacon cantano e danzano nella sua mente insieme a Coco Chanel, Dior, Balenciaga, Elsa Schiaparelli (l’abito da sera con le farfalle è di una bellezza incredibile), Saint Laurent mentre le piume delle gonne di Ginger Rogers che volteggia con Fred Astaire si agitano lievi e gli solleticano la fantasia. David Bowie fraternizza con Oscar Wilde, Proust, Cocteau, Cecil Beaton e Visconti, a “casa” di Dries dove il rigore delle uniformi degli ussari scivola nella ribellione punk.

Da qualche parte, nella sua tavolozza, spuntano anche gli inesorabili duchi di Windsor, la cui elegantissima antipatia è una pietra miliare del Novecento: Wallis che prepara cocktail, Edoardo che indossa capi quadrettati. Poi l’oro, opulento fino alla sfacciataggine, i fiori che spaziano dalla natura morta fiamminga alla sarabanda anni Settanta, i grafismi, le suggestioni d’Asia e d’Africa. Attraverso un pertugio filtra anche quello che non lo attrae: può ispirarlo, in qualche modo. Le muse più assortite cuciono indumenti che sono in puro stile Dries.

“Da creatore di moda si ha voglia di dire qualche cosa alle persone. Non voglio imporre i miei punti di vista, ma è molto importante per me che le persone comprendano i miei abiti - spiega Van Noten -. Per questo bisogna dare un messaggio d’insieme che sia coerente, attraverso le collezioni, i negozi, i défilé. Il seguito non mi riguarda, sono gli altri che devono scegliere gli elementi che piacciono e che, se possibile, dopo ameranno molto. Ma, prima di tutto, io vorrei offrire uno sguardo sulla mia visione delle cose. Ho voglia di invitare la gente a entrare nel mio universo”.

Per questo la mostra Inspirations è interessante: si entra in un universo che cattura anche chi pensa alla moda con ingiusta aria di sufficienza. E’ una galleria che ispira il visitatore. Anche al gioco: viene voglia di far indossare i vestiti ad amici, amori e parenti per una sfilata immaginaria; seguire l’inanellarsi delle ispirazioni di Van Noten, condividerle o non condividerle e cercare le proprie. Durante l’allestimento, lo stilista si è molto interrogato sulle sue creazioni: sarebbero state degne di un museo o di un’esposizione? “Questa mostra è un lavoro d’introspezione, una riflessione su me stesso, sul mio modo di lavorare come creatore, sulla mia relazione con l’arte e gli altri ambiti che mi appassionano - racconta lo stilista che si sente come un colibrì nutrito da una moltitudine di fiori -. Scegliere fra i miei vestiti mi ha obbligato a confrontarmi con il mio lavoro ventennale. Questo mi ha dato la sensazione, a volte strana, che alcuni di questi abiti sono più giusti oggi di qualche creazione recente. Spesso, questa sensazione è stata veramente eccitante e mi ha permesso di calmare almeno un po’, i miei dubbi e le mie esitazioni dell’inizio”.

Al principio, Van Noten pensava di intavolare un dialogo fra le sue collezioni e quelle del Musée des Arts Decoratifs, solo più tardi ha avuto l’idea d’includere numerose opere d’arte che l’hanno influenzato: “Non lavoro come un fotocopiatore che si accontenta di riprodurre. Il punto di partenza può essere letterale o astratto: una pittura, un colore, il pensiero di qualcuno, un gesto, un odore, un fiore, tutto, insomma. Quello che importa è il percorso che si snoda a partire da quel primo lampo di ispirazione fino alla collezione. Amo il mio mestiere, è l’amore della moda che mi auguro di trasmettere. Ho voglia di dividere il mio amore per le stoffe, per il saper fare di chi lavora nell’ombra alle sue creazioni, alle stampe, di chi ricama, di chi monta le spalle, di chi compone i patchworks”. E che privilegio, conclude, “poter beneficiare, oggi, nel XXI secolo di questi saperi splendidi e fantastici”.