Secondo alcuni studi, le prime tracce di un prodotto assimilabile alla moderna birra sarebbero rintracciabili già nel VII millennio a.C. nel sito neolitico di Jiahu, uno dei primi insediamenti della Cina centrale, situato nei pressi del Fiume Giallo, nella provincia di Henan: infatti, tra i reperti archeologici databili a quest’epoca, sono stati rinvenuti anche resti di vasi di ceramica che contenevano un fermentato di riso aromatizzato con miele e biancospino.

In seguito, ulteriori ritrovamenti nella stessa area cinese, risalenti al IV millennio a.C., hanno evidenziato segni di produzione della birra con uso di altri cereali (orzo, miglio) ed un procedimento che già prevedeva le fasi di maltaggio, ammostatura e fermentazione. In questo stesso periodo, anche in altre civiltà antiche, quali in particolare l’Egitto e la Mesopotamia, si diffondeva ampiamente la birra sia come alimento e bevanda, nella forma di un sostanzioso “pane liquido”, sia come mezzo di scambio e moneta “naturale” utilizzata nelle transazioni economiche.

Tra le fonti testuali egiziane, è interessante citare la storia dell’oasita eloquente che, rivolgendosi a sua moglie, disse:

Ecco, io scenderò in Egitto per riportare cibo per i miei figli. Va’, dunque, a misurarmi l’orzo che è nel granaio, quello che resta (dell’anno passato). Essa gli misurò 26 misure d’orzo e questo oasita disse a sua moglie: tieni, (ci saranno) per te 20 misure d’orzo per il mantenimento tuo e dei tuoi figli. Con le altre 6 misure, fammi dunque pane e birra per ogni giorno in cui (sarò in viaggio).1

In Mesopotamia, centro di massima diffusione della bevanda ricavata dai cereali, la complessa pratica della birrificazione, richiedente diverse operazioni successive, risulta ben documentata fin da età sumerica, come si può leggere in alcuni passi di un inno in onore di Ninkasi, dea della birra, databile intorno al 1800 a.C.:

Tu sei colei che rimuove la pasta e... con una pala,
mischiando il “pane da birra” (bappir) con dolci aromi…
Tu sei colei che cuoce il “pane da birra” nel grande forno,
che mette in ordine le pile di grano sgusciato…
Tu sei colei che bagna il malto coperto di terra,
i nobili cani lo proteggono (anche) dai potenti…
Tu sei colei che immerge il malto in una giara,
le acque salgono, le onde ricadono…
Tu sei colei che sparge la soluzione cotta sulle grandi stuoie di canna…
Tu sei colei che regge con due mani il grande mosto dolce di malto,
rendendolo birra con miele e vino…
Il tino di fermentazione che fa un suono piacevole
tu piazzi appropriatamente in cima al grande tino di raccolta…
Tu sei colei che versa la birra filtrata del tino di raccolta,
è come la piena del Tigri e dell’Eufrate.2

Il birraio mesopotamico, spesso attestato nelle tavolette d’argilla redatte in caratteri cuneiformi, esercitava un’attività artigianale molto rilevante, tanto da far parte di una “corporazione” di mestiere, assimilabile ad un’associazione professionale che curava la tecnica di fabbricazione, la cui prima fase richiedeva l’immersione in acqua dell’orzo, la successiva germinazione del cereale all’asciutto e la lenta cottura del malto risultante, fino ad ottenere pani, aromatizzati poi con altre sostanze (erbe, spezie, miele, datteri) che consentivano di produrre diverse tipologie di birra.

Un testo ittita (II millennio a.C.) descrive efficacemente questo processo di lavorazione:

Come essi macinano questo (futuro) “pane da birra” con una mola a mano, e lo mescolano con acqua, e lo riscaldano, e poi lo triturano...3

Un altro documento antico-babilonese, databile alla stessa epoca, attesta la presenza di uno specialista che, nelle cucine dei Palazzi reali, era preposto alle operazioni di preparazione del malto d’orzo (o a partire dal malto):

10 gur (= 2500/3000 litri circa) di orzo del magazzino, “prima entrata”, 8 gur (= 2000/2400 litri circa) di malto vegetale, “seconda entrata”, che furono dati al preparatore di malto.4

Il lavoro di birrificazione proseguiva poi con ulteriori fasi di macerazione e fermentazione: infatti, il “pane da birra”, spezzato in frammenti, veniva immerso in grandi tini con acqua, eventualmente insieme ad altri cereali umidificati, e dopo tre/quattro giorni la soluzione veniva filtrata e depositata in giare. Le diverse operazioni dell’antica arte birraia richiedevano senza dubbio un’adeguata struttura organizzativa, come si può rilevare da un contratto di affitto di una “birreria”, intesa come fabbrica ed osteria; il documento, di epoca neo-babilonese (VII-VI secolo a.C.), stabilisce:

Il forno e la birreria appartenenti a X, costui ha dato in gestione a Y. Per tre giorni nel mese (cioè dal 21 al 23), quest’ultimo è responsabile per il forno, per la birreria, per i datteri tagliati, per la sorveglianza, per la pulizia dei sostegni dei contenitori, per il carbone...Egli fornirà pane perfetto ed eccellenti bevande alcooliche.5

La ricetta della birra mesopotamica (chiamata sikaru dai Babilonesi) era comunque diversa da quella odierna, in particolare per l’accertata mancanza del luppolo che, invece, conferisce il caratteristico sapore amarognolo alla bevanda che noi oggi apprezziamo; inoltre, in epoca antica, alla produzione tradizionale a base di cereali fu affiancata, in progresso di tempo, anche un’altra produzione a base di datteri che consentiva di ottenere, in alternativa alla birra di malto d’orzo, una diversa bevanda dolce, raro esempio di innovazione nella tecnologia dell’alimentazione.

La vendita della birra in Mesopotamia doveva rispettare regole ben precise, fissate dai più antichi codici normativi della Storia, le Leggi di Eshnunna (circa 1800 a.C.) ed il Codice di Hammurabi (1754 a.C.): infatti, il paragrafo 41 della prima raccolta normativa conteneva l’obbligo di praticare il prezzo corrente di mercato, imposto alla birraia “mescitrice”, prescrizione confermata anche dal più famoso Codice hammurabiano al paragrafo 108, contenente una sanzione a carico dell’ostessa che applicava un prezzo non conforme al valore della birra venduta.6

Il paragrafo 111 del medesimo Codice normativo disciplina un “prestito di birra”, prevedendo che se l’ostessa avesse concesso a credito un “boccale” (misura di capacità non specificata) di birra, avrebbe poi ricevuto 5 ban (circa 50 litri) d’orzo al tempo del raccolto, tipica stagione di rimborso dei prestiti di cereali.7

Numerose tavolette cuneiformi, di diverse epoche e regioni, documentano spesso le frequenti consegne e distribuzioni di razioni d’orzo e di birra, quali operazioni caratteristiche dell’economia mesopotamica. Anche la Biblioteca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano custodisce una selezione di documenti amministrativi di questo genere, tra i quali, a titolo esemplificativo, risulta interessante riportare il seguente testo di una tavoletta del XXI secolo a.C., proveniente da Umma, redatta durante il primo anno di regno di Su-Sin (2037-2029 a.C.), quarto sovrano della Terza Dinastia di UR:

8 sila di birra di buona qualità, 38 sila di birra di qualità normale, il diciottesimo giorno; 7 sila di birra di buona qualità, 47 sila di birra di qualità normale, il ventinovesimo giorno, da Urmes, sigillo dell’ensi, settimo mese dell’anno in cui Su-Sin è divenuto re. Su-Sin, re potente, re di Ur, re delle quattro parti (del mondo), e Ayakalla, ensi di Umma, suo servitore.

Il documento appena citato descrive plurime consegne di birra, effettuate verosimilmente a titolo di pagamento di un debito rimborsato in due scadenze, ripartite in diversi importi espressi in sila (circa 1 litro di cereale), differenziati per qualità di birra; il documento riporta il sigillo congiunto del Palazzo reale (Re + Governatore/ensi), oltre alla rappresentazione iconografica di una divinità.

In questa fattispecie, la birra veniva utilizzata come misura di valore e strumento di pagamento e, quindi, con funzione monetaria, assolta all’epoca anche da altre derrate alimentari, come orzo e datteri, configurabili come proto-monete o pre-monete, in quanto monete naturali e monete-merci, ampiamente scambiate nel sistema economico dell’epoca insieme ai metalli, negoziati a peso fino al VII secolo a.C. allorquando si diffusero le più evolute tecniche di coniazione monetaria.

Per concludere questa breve panoramica, riportiamo di seguito l’immagine di una bella tavoletta cuneiforme custodita presso il MET, Museo Metropolitano d’Arte di New York (codice MMA 86.11.368), databile al I millennio a.C. e proveniente da Babilonia (moderna Hillah). Il documento (cm 11,43 x 13 x 5,08) rappresenta una sorta di vocabolario bilingue che riporta, in lingua sumerica ed accadica, i termini relativi a cibi e bevande, ivi compresa la birra, alimento fondamentale nell’alimentazione dei popoli mesopotamici.

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Note

1 cfr. E. Bresciani, Letteratura e poesia dell’antico Egitto, p. 96, 1969.
2 cfr. M. Civil, A Hymn to the Beer Goddess and a Drinking Song, in Studies A. Leo Oppenheim, pp. 69-70, 1964.
3 cfr. J.B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts, p. 353, 1955.
4 cfr. E. Salonen, Uber das Erwerbsleben im alten Mesopotamien, p. 190.
5 cfr. E. Salonen, Uber das Erwerbsleben im alten Mesopotamien, p. 197.
6 cfr. C. Saporetti, Le leggi della Mesopotamia, 1984.
7 cfr., in argomento, F. Ferlaino, Banche e Banchieri nel Mondo Antico, dai Sumeri a Roma imperiale, 2024.