Il tempo medio europeo dei contatti medico-paziente negli studi dei Medici di Medicina Generale (MMG) varia da 10 a 15 minuti. In questo breve tempo il curante deve inquadrare il problema del paziente, definirlo e condividerlo con l’assistito ed elaborare una strategia d’intervento, altrettanto condivisa.

Nel processo diagnostico il MMG sfrutta molto spesso (nel 70% circa dei casi) percorsi cognitivi ‘veloci’, chiamati “euristiche”. Tali strategie sono strumenti decisionali a basso dispendio energetico, molto efficienti ed efficaci per risolvere i problemi quotidiani in ambulatorio.

Nel rimanente 30% circa vengono utilizzate invece strategie più lente. Le euristiche sono quindi ‘regole cognitive’ pratiche per risolvere i problemi quotidiani in ambulatorio. Il sistema cognitivo umano è un sistema a risorse limitate che, come risposta ai propri limiti, fa uso di queste forme di ragionamento rapido per semplificare decisioni e problemi.

Il concetto fu originariamente introdotto da Herbert Alexander Simon, Premio Nobel per l'economia nel 1978. Egli sosteneva che l'uomo opera all'interno di una “razionalità limitata”, e, cercando soluzioni a un determinato problema, si ritiene soddisfatto da risposte sufficientemente buone per il suo fine.

L' “eurisma” è quindi uno schema mentale, tipico nell'uomo, che lo “ancora” a certezze intuitive, mentalmente ‘economiche’, ma perciò stesso suscettibili di errore.

Pensieri lenti e veloci

Daniel Kahneman (1934), Nobel per l’economia nel 2002, ha dimostrato come sia illusorio credere che le persone scelgano con obiettività razionale le cose da fare. Quando dobbiamo prendere decisioni siamo condizionati da credenze, abitudini, paure, influenze, intuizioni, e da tutto quel bagaglio teorico e non teorico che ognuno di noi ha dentro di sé e che Popper ha definito “sapere di sfondo“.

Kahneman afferma di poter ricondurre i processi decisionali a un comune denominatore: pensiero veloce (sistema 1) e pensiero lento (sistema 2), che ricordano tra l’altro da vicino il processo primario e il processo secondario di Freud.

Il sistema 1 è intuitivo, emotivo e impulsivo, associativo (adora saltare alle conclusioni), automatico, inconscio (non sa perché fa quello che fa), veloce, ecologico ed economico (spreca letteralmente poca energia, cioè glucosio).

Il sistema 2 è logico, consapevole, deliberativo, molto più lento, se non addirittura pigro, faticoso da avviare, riflessivo, educabile ed educato, costoso in termine di consumo energetico. Svolge attività mentali più impegnative che richiedono un approfondimento cognitivo.

Il sistema 1 e il sistema 2, afferma sempre Kahneman, fisicamente «non esistono né nel cervello né da nessuna altra parte», sono solo una metafora che aiuta a fare luce sulla nostra vita mentale. Kahneman sostiene che noi tendiamo a identificarci con il sistema 2 cioè, quello razionale, che decide cosa pensare e cosa fare, ma in realtà il sistema responsabile della maggior parte delle nostre decisioni è il sistema 1. I nostri errori sarebbero dunque in gran parte il prodotto di giudizi intuitivi del sistema 1 che non sono passati al vaglio del sistema 2. A generare l'errore non è tanto ciò che non sappiamo, ma ciò che, sbagliando, crediamo di sapere.

Il ragionamento clinico

Alcune ricerche condotte negli anni Settanta hanno evidenziato che il procedimento generalmente suggerito di raccolta dell’anamnesi, esecuzione dell’esame obiettivo, formulazione di ipotesi diagnostiche, diagnosi differenziale e diagnosi finale, non rappresenta ciò che i Medici di Famiglia applicano nella pratica quotidiana.

Il ragionamento clinico adottato per configurare una diagnosi prevede piuttosto la formulazione di ipotesi diagnostiche in tempi estremamente rapidi – spesso nelle prime fasi del consulto medico – e si basa sull’intuizione-abduzione, sull’uso di euristiche e processi cognitivi automatici che scaturiscono nella mente del medico, innescati dal riconoscimento, spesso inconscio, di un modello paradigmatico di patologia, dal riconoscimento di un caratteristico quadro clinico visivo, uditivo o tattile, dal disturbo lamentato dal paziente o dall’etichetta diagnostica che il paziente si auto-attribuisce.

Le esperienze passate permettono al medico di arrivare velocemente a risolvere il quesito diagnostico per somiglianza con altri casi simili già visti: un medico che abbia osservato la facies tipica dell’acromegalia (in un soggetto reale o solo in un trattato di clinica) probabilmente riconosce subito il quadro appena un nuovo paziente acromegalico entra in studio, mentre un medico che non abbia esperienza di questa patologia e non abbia mai visto in un testo una facies tipica potrebbe impiegare dispendiosi passaggi intermedi.

Un altro esempio banale è il paziente con diarrea e lievi sintomi gastrointestinali in corso di una epidemia di gastroenterite acuta: per analogia con i casi già visti il medico tenderà a diagnosticare una sindrome gastroenterica senza ricercare cause alternative.

Sono state definite numerose tipologie di vie veloci. Ne riportiamo le più significative.

  • Euristica della disponibilità (l'analogia): in un paziente che presenti mialgie diffuse e faringodinia si ritiene molto probabile una diagnosi di virosi delle alte vie respiratorie perché in passato questi sintomi sono stati associati a questa patologia, immagazzinata nella memoria del medico e facilmente recuperabile senza sforzo.
  • Ancoraggio (anchoring): è il caso, per esempio, di un paziente con lombalgia che abbia una storia nota di ernia del disco; si sarà portati a diagnosticare ancora una lombalgia da ernia discale perché ci si "lega" ad una diagnosi già nota.
  • Pattern recognition trigger (riconoscimento per quadri tipici): se un paziente si presenta con rigidità, facies amimica e tremore si sarà portati a diagnosticare subito un morbo di Parkinson dato che questa triade è tipica.
  • Effetto cornice (l'ipse dixit): un paziente con numerosi accessi in Pronto Soccorso per episodi di riferita lipotimia, già valutato da cardiologi e neurologi, con esami ed accertamenti negativi, ed etichettato come "ansioso", avrà buone probabilità di essere, ad un ennesimo episodio, dimesso come tale.
  • Spot Diagnosis: è una diagnosi istantanea che si basa su precedenti esperienze generalmente visive o auscultative del quadro clinico e non richiede la acquisizione di ulteriori dati (es.: molte affezioni dermatologiche come psoriasi, acne ecc; alcune malattie tipo pertosse con la caratteristica tosse abbaiante).
  • Self Labelling: è sostanzialmente una auto-diagnosi, viene infatti formulata direttamente dal paziente. È attendibile per forme semplici, specie se già lamentate dal soggetto (Es.: cistite, emicrania, tonsillite, ecc.)
  • Ipotesi più semplice: “Non diagnosticare una malattia rara quando anche una malattia comune si adatta ai tuoi dati di base” (Cutler, 1985). “Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem” (Occam, 1280-1343). “Quando di un fenomeno si ha una spiegazione sufficiente non se ne deve immaginare un’altra” (I. Newton).
  • Euristica della Rappresentatività (representativeness restraint): quando si valorizzano solo le caratteristiche tipiche di una malattia trascurando dati che rendono possibili altre diagnosi. La diagnosi, perciò, si basa su ‘stereotipi’, cioè su un insieme di elementi ‘tipici’ che condizionano il giudizio clinico.
  • Vertical line thinking: è il “pensiero verticale” che segue percorsi predefiniti, accetta quanto già proposto da persone o enti autorevoli senza valutare criticamente la applicazione della etichetta al singolo caso.
  • Occhio clinico: capacità di porre una diagnosi in brevissimo tempo e sulla base di un esame solo apparentemente sommario del paziente (diagnosi che poi si dimostra confermata alla prova dei fatti). Non si fonda su un potere soprannaturale, bensì su una particolare logica, sostenuta in parte da doti innate e in parte da capacità acquisite che colgono in segni apparentemente irrilevanti un elevato valore segnaletico.
  • Probabilità “a priori”: decisioni basate su conoscenze ‘epidemiologiche’, “a priori” perché effettuate senza l’ausilio di accertamenti (pre-test). Vi influisce molto il “sapere di sfondo” del medico e il contesto temporale.

I processi cognitivi lenti: check list e algoritmi diagnostici

Al contrario delle vie veloci, le vie lente prevedono un percorso molto articolato (“refinement”). Si procede con una minuziosa raccolta dell'anamnesi e con un attento e completo esame obiettivo. Successivamente si mette in atto una serie di azioni, integrando anamnesi ed esame obiettivo con accertamenti diagnostici, per comporre un quadro finale, inserendolo, quando possibile, in una casella nosografica che corrisponde ad una malattia nota.

Vengono così, in un primo tempo, elaborate ipotesi diagnostiche che poi sono confermate oppure escluse a seconda dei risultati e della probabilità statistica che quel dato insieme di segni e sintomi possa corrispondere o meno alla malattia sospettata. Nel fare questo il medico confronta le sue ipotesi con una "check list" di malattie, partendo da quelle più probabili per arrivare a quelle più rare, con un progressivo lavoro di selezione per inquadrare il caso specifico in un contesto più generale. Ogni medico, nel corso del tempo, elabora e seleziona "check list mentali", che gli vengono dagli studi effettuati, dall'esperienza e dai casi che ha vissuto e diagnosticato in precedenza, soprattutto i cosiddetti exemplars, ricordi di singoli pazienti spesso “memorabili” per errori, successi oppure coinvolgimento emotivo.

Bibliografia

Kahneman D., Pensieri lenti e veloci. Milano: Mondadori, 2012.
Collecchia G., De Gobbi R., Fassina R., Ressa G. e Rossi LR., La diagnosi ritrovata. Le basi del ragionamento clinici. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2021.