Prima di bussare alla porta dei Templi in Italia, Francesco Maria Colombo ha riflettuto a lungo: “Come per tantissimi italiani, il fascino del mondo ebraico è per me consistito soprattutto nell’immenso bacino di creatività che con gli anni e con lo studio ho imparato ad amare; nel repertorio, dunque, di una civiltà che va da Spinoza a Mendelssohn, da Heine a Schoenberg, da Walter Benjamin a Woody Allen, da Maimonide a Chagall, e che nelle sue mille e diversissime diramazioni contiene tuttavia un elemento comune, riconoscibile e indagabile.

Ma in questa mia tenace passione c’è sempre stato un tarlo segreto, un rovello irrisolto: è possibile amare la cultura ebraica senza provare a bussare alla porta del Tempio, come se esistesse una dissociazione insanabile, data per intesa, tra l’arte e il rito, tra l’estro espressivo e la preghiera?”. E nella fotografia, come scrittura di luce e sei anni di lavoro ha trovato lo strumento adatto per raccontare un patrimonio ancora poco conosciuto visitando in Italia 55 luoghi, dalle sinagoghe ai cimiteri.

“Mi piacerebbe dire che questa è la mia storia, la mia cultura, la mia identità ma direi una falsità perché io sono entrato in una sinagoga per la prima volta dopo i 50 anni. Non è la mia matrice. Però sono sempre stato attratto dall’enorme proliferazione della cultura ebraica in tutti i rami del sapere e mi sono costruito un patrimonio di conoscenze. E sono arrivato a un certo punto da profano, da colui che sta fuori dal tempio e ho voluto interrogarmi sul patrimonio di spiritualità che è connesso a questa cultura e per indagare questo tema ho pensato alla fotografia. Io sono un italiano al quale, nella sua formazione, la cultura ebraica è stata negata. Nessuno al Liceo mi ha parlato dell’esistenza delle sinagoghe quasi come se fosse una parte della cultura italiana rimossa. E ho voluto rimediare da profano provando a entrare in questi luoghi così carichi di spiritualità, di silenzi, di tracce della storia e di memorie”.

La macchina fotografica cerca il punto di vista che può tentare di rivelare questo contenuto così prezioso. “Nelle sinagoghe gli spazi sono estremamente severi e seriali perché molte sono fatte degli stessi elementi ed è una sfida per un fotografo perché in questi spazi così misteriosi non c’è il beneficio della narrazione per immagini e bisogna andare a cercarlo nel buio, nell’ombra, nella luce e nel mistero”. Grazie all’editore Skira che ha sostenuto il progetto è nato il libro, concepito e costruito come una profonda indagine fotografica.

“Tutto è cominciato da una conversazione con un’amica ebrea che mi ha mostrato per prima una foto della sinagoga di Casale Monferrato. E da lì è nata l’idea di indagare questi spazi”.

La prima scoperta di un autentico capolavoro nel centro della città piemontese, così particolare per le luci molto diverse, con diverse dimensioni di chiari e di scuri e per le modanature barocche molto interessanti come struttura e come forma. Francesco Maria Colombo comunque per Zohar non insegue la bellezza ma piuttosto il patrimonio nascosto e le sue fotografie offrono una testimonianza visiva delle atmosfere e degli echi di quei siti dove si respira la religiosità dei silenzi.

ZOHAR Viaggio fotografico nei luoghi della cultura ebraica in Italia è l’opera più recente di Francesco Maria Colombo, fotografo ma anche scrittore, direttore d’orchestra dal 2001 e conduttore di programmi televisivi.

“Ho cominciato a entrare nelle sinagoghe, nei cimiteri, nei luoghi simbolici della cultura ebraica italiana, in quelle atmosfere trascendenti e nelle tracce talora tragiche che li stipano, e a cercare di capire cosa trovavo attraverso il mezzo fotografico, consapevole di essere un profano e un ignorante, ma sperimentando su me stesso quel che dice Parsifal entrando nella comunità di Montsalvat: Cammino appena, ma mi sento già lontano”.

Due luoghi, simbolo della memoria e della drammaticità degli eccidi di massa e oggi trasformati in centri di cultura e di studi, aprono e chiudono una galleria di 142 immagini a colori che costituiscono il corpus del volume. In apertura la Risiera di San Sabba a Trieste e, come foto finale della ricca sequenza, il Binario 21, alla Stazione Centrale di Milano. E, nelle pagine interne si ritrovano, tappa dopo tappa, tutte le tracce di una ricerca culturale approfondita in tutta Italia. Dalla Scola spagnola di Venezia al cimitero ebraico del Lido, dallo splendido tempio di Casale Monferrato agli interni delle sinagoghe di Firenze, Pitigliano e Ancona e dall’Oratorio Di Castro al Tempio Maggiore a Roma.

L’artista entra negli edifici di culto quasi in punta di piedi, con rispetto e venerazione e, dopo un’osservazione attenta, riesce a esaltare lo splendore di ogni tempio. Delinea le forme architettoniche, le cupole, le porte decorate, gli affreschi, le colonne e le finestre, sottolinea la lucentezza dei lampadari o dei candelabri, conduce un gioco sapiente di luci e di ombre e riserva una cura meticolosa per ogni singola immagine.

Pur nella totale assenza dei fedeli, sembra risuonare un eco di voci e di canti che risalgono nei secoli e si perpetuano nella contemporaneità. Zohar, il titolo del volume, richiama un commento mistico alla Torah, scritto in aramaico classico nella Spagna del XIII secolo e il libro rappresenta ancora una volta la forza e la potenza della fotografia quando, attraverso i simboli del sacro, è in grado di raccontare in modo trasversale e avvincente la storia di un popolo e della sua identità, tra passato e presente.