Il vinile, rigorosamente nero, è stato il supporto musicale più conosciuto e diffuso al mondo, e insieme alle cassette, ha accompagnato generazioni di giovani, che dopo la Seconda guerra mondiale vissero gli anni della ricostruzione e del boom economico. Allora, insieme alla Radio, la TV e il registratore, il giradischi era l’elettrodomestico più diffuso per ascoltare la musica in casa e con gli amici.

Oltre all’aspetto musicale, il vinile ebbe anche un importante ruolo nell’informazione. Nel decennio 1960-1970, la gara spaziale tra russi e americani raggiunse il suo culmine con lo sbarco sulla Luna di Neil Armstrong. In quegli anni non esistevano Wikipedia, YouTube o i podcast, né il mercato del filesharing, dei lettori MP3 e degli smartphone, e se si escludono i giornali, e qualche diretta radio televisiva, se si volevano sentire le voci degli astronauti, o ripercorrere le missioni spaziali, l’unica via, oltre naturalmente ai supporti registrati su nastri, era quella di acquistare i popolari vinili, sia a 33 che a 45 giri. Ecco quindi apparire sugli scaffali dei rivenditori specializzati, vinili dalle copertine evocative con le immagini di razzi, satelliti e dei protagonisti della scalata allo spazio, che fossero astronauti o gli stessi ingegneri che lavoravano ai vari progetti in corso in quegli anni pionieristici.

Il vinile era così diffuso, che nel 1977 la Nasa decise di mandarlo nello spazio, a bordo delle due navicelle Voyager. Le due sonde erano destinate a esplorare Giove, Saturno, Urano e Nettuno, per poi uscire dal Sistema Solare, e perdersi nello Spazio Cosmico. Per questo motivo, si pensò di incidere un messaggio di fratellanza su un disco, senza dimenticare le istruzioni per costruire un giradischi, nel caso che una civiltà extraterrestre, avesse trovato le sonde. Il contenuto del disco, che era placcato in oro (scelta obbligata per essere certi dell’integrità del supporto e della conservazione dei contenuti) era stato selezionato per la Nasa da un comitato presieduto da Carl Sagan, della Cornell University. Lo scienziato non era nuovo a queste iniziative, infatti, è a lui che si deve il primo messaggio trasportato nello Spazio dalle navicelle Pioneer 10 e 11, anche loro destinate a studiare i pianeti esterni, per poi proseguire oltrepassando i confini del nostro Sistema Solare.

La selezione dei contenuti per la registrazione richiese quasi un anno. Il gruppo guidato da Sagan e i suoi associati scelse 116 immagini, oltre a una varietà di suoni naturali, come quelli fatti dal vento, dal tuono e da numerosi animali. Per rappresentare l’umanità si aggiunsero contenuti audio parlati, compresi 55 saluti in lingue diverse, sia antiche che moderne. Fra questi anche un saluto dell’allora segretario generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim, del figlio di sei anni di Sagan, e un messaggio del presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter. Naturalmente furono inclusi anche molti altri suoni, dai più semplici come passi e risate, ai più complicati come il messaggio “Per aspera ad astra” in codice Morse.

La raccolta di immagini incluse fotografie e diagrammi d’interesse scientifico che mostrano quantità matematiche e fisiche; il Sistema Solare e i suoi pianeti; il Dna; l'anatomia e la riproduzione umana, senza trascurare animali; insetti; piante e paesaggi. Le immagini dell'umanità raffigurano una vasta gamma di culture, con i cibi tipici e le architetture locali, anche ritratti di esseri umani nella loro vita quotidiana. Al fine di rendere il più possibile comprensibile il messaggio, molte immagini sono state annotate con una o più indicazioni di dimensioni; massa; composizione chimica e altri riferimenti fisici che gli scienziati ritennero i più coerenti ovunque nell’universo.

Per quanto possibile non si tralasciò nessuna possibilità di comunicazione con una civiltà aliena, neppure la telepatia, tant’è vero che il Golden Record contiene la registrazione di un’ora delle onde cerebrali di Ann Druyan, mentre pensa a vari argomenti, tra cui la storia della Terra, le civiltà e i problemi che affrontano, e all’amore come atto supremo di fratellanza. Dopo le numerose critiche che la Nasa ricevette in occasione della presentazione al pubblico delle targhe dei Pioneer, per la presenza dei profili di un uomo e una donna nudi, per il Golden Record l'Agenzia vietò a Sagan d’includere come era stato inizialmente previsto, la fotografia di un uomo e una donna nudi. Al suo posto si scelse l’immagine di una “casta” silhouette della coppia. In questo caso però, a differenza della targa montata sui Pioneer, non era più l’uomo a salutare ma la donna.

Il disco contiene un “diagramma dell’evoluzione dei vertebrati” realizzato dall’artista spaziale e giornalista scientifico americano Jon Lomberg, che mostra i disegni di un maschio e di una femmina inequivocabilmente nudi. La scelta musicale fu la più complicata, e per questo richiese la maggior parte del tempo. Si trattava di selezionare opere significative per l’umanità, ma è indubbio che prevalsero i gusti personali. Il disco contiene opere classiche di compositori come Bach, Mozart, Beethoven e Stravinsky, oltre a musiche popolari e rock, annoverando artisti come Guan Pinghu, Blind Willie Johnson, Chuck Berry, Kesarbai Kerkar, Valya Balkanska e il compositore elettronico Laurie Spiegel, nonché musica popolare azera del suonatore di oboe Kamil Jalilov.

Durante la selezione non mancarono gli “intoppi”. Per esempio, l’inclusione di Johnny B Good" di Chuck Berry fu controversa. Alcuni affermarono che la musica rock era troppo "adolescenziale” per rappresentare l’umanità, ma alla fine l’ebbe vinta Sagan, dopo aver spiegato ai più riluttanti che “Sul pianeta ci sono molti adolescenti”. Carl Sagan voleva includere anche Here Comes the Sun dei Beatles, ma la casa discografica Emi, che deteneva i diritti d'autore, rifiutò. L’incapacità di ottenere il permesso per la canzone è citata come una delle sfide legali più difficili affrontate dai realizzatori del Golden Record. In Murmurs of Earth (1978), scritto da Linda Salzman, troviamo un passo nel quale Sagan dichiara: “ai Beatles piaceva moltissimo l’idea che una loro canzone volasse nello spazio, ma purtroppo non possedevano il copyright e lo status legale del pezzo e c’erano troppe incognite [per rischiare una vertenza legale]”.

Nel 2015, durante un’intervista ad Ann Druyan, produttrice e regista di documentari scientifici vincitrici di Emmy e Peabody Award, sposata a Sagan dal 1988 al 1996, le fu chiesto quali furono le obiezioni presentate dagli avvocati della Emi, nonostante i desideri degli artisti. Alla domanda la regista rispose che: “Sì, quello è stato uno di quei casi di cecità ostinata di fronte alla grandezza della proposta. Hai la possibilità di inviare un brano musicale nello Spazio per un tempo e una distanza non misurabili, e di dargli in questo modo una immortalità fuori dal comune, e [loro] erano preoccupati solo per il denaro. Abbiamo ricevuto questo telegramma [da EMI] che dice che volevano 50.000 dollari per disco (per due dischi), quando la produzione dell'intero Golden Record è costata 18.000 dollari”. Questa lunga digressione sul Golden Record, ci rende ancor più consapevoli di quanto diffuso e popolare fosse in quegli anni il disco. Quale “Re incontrastato della musica”, molti compositori e cantanti trovarono profonde ispirazioni nell’esplorazione della nuova frontiera. Altri, più semplicemente, si affidarono a copertine direttamente prese dalle avventure spaziali.

Alcune canzoni divennero straordinariamente famose, come Major Tom dal disco Space Oddity di David Bowie, che la BBC prese come colonna sonora per le sue quotidiane trasmissioni sulle missioni lunari Apollo degli anni ’60. Oppure Walking on The Moon dall’album Reggatta de Blanc dei Police, il cui clip cinematografico fu girato al Kennedy Space Center, in Florida, all’ombra del Saturno V, il gigantesco vettore che portò i primi uomini sulla Luna. Vi sono poi le composizioni per la Nasa di Vangelis, fino ad arrivare allo straordinario Artemis (nome del nuovo progetto spaziale della Nasa) della pluripremiata youtuber, violinista cantautrice e performer Lindsey Stirling.

Fra scienza e fantascienza, il vinile finì per diventare il supporto di fantastiche colonne sonore, di film la cui trama, basandosi sulle scarse conoscenze del tempo, forniva un’anticipazione delle pericolose esplorazioni sulla Luna e su Marte, ma anche della visita di alieni più o meno pacifici. Un filone, quello fantascientifico, che poi l’ha fatta da padrone, con le splendide colonne sonore che accompagnano capolavori come Metropolis; Pianeta Proibito; Ultimatum alla Terra; Star Trek e così via fino ad arrivare al colossal cinematografico 2001 Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick. Pellicole e colonne sonore che continuano a riempire le sale cinematografiche di appassionati del futuro, come l’ultimo capolavoro di Denis Villeneuve: Dune, al cui successo hanno certamente contribuito le oniriche musiche di Hans Zimmer.

Oggi, dopo anni di oblio ed essere stato quasi cancellato dal supporto digitale, mentre lo streaming è in pieno sviluppo, il vinile, dato per morto ma mai definitivamente abbandonato, è risorto a nuova vita ma con un ruolo diverso, non più solo un supporto musicale, ma oggetto di ricerca e valorizzazione di brani musicali un tempo soggetti a migliaia di copie con evidente deterioramento del supporto. Una valorizzazione ottenuta grazie alla stampa di poche migliaia, se non solo centinaia di copie, che oltre a perfezionare i brani registrati, insieme alle versioni colorate sono la gioia dei collezionisti, perché il vinile è di per sé trasparente, e solo colorato nella maggior parte dei casi di nero.

L’oggetto di questo editoriale è la mostra “Il vinile: fra realtà, arte e fantasia” che ho realizzato a Ravenna nel 2023, e dove è andata esposta, per motivi di spazio, solo una piccolissima selezione. Infatti, esistono innumerevoli titoli che potevano essere messi al loro posto, ma comunque si doveva fare una scelta, ovviamente del tutto personale, perché tutto si potrà dire, ma certamente che “non sono un esperto di Spazio”. Fra i vinili esposti anche il mio preferito: Mondi Lontanissimi di Franco Battiato, spartiacque fra scienza e fantasia.