Il delta dell’Okavango, la più grande palude del mondo, si trova in Botswana. Trentamila anni fa non era come adesso, ma era un lago immenso. Unendosi al fiume Zambesi e al fiume Chobe il delta ha dato luogo alle famose cascate Vittoria, uno degli spettacoli più belli al mondo tuttora alimentate da questi due grandi fiumi.

Il Botswana, in passato chiamato Bechuanaland, come molte altre parti dell’Africa è stato un protettorato britannico per ottantuno anni, esattamente dal 1885 al 1966. Dall’indipendenza in poi, il governo del Botswana ha promosso un turismo di élite, soprattutto europeo e americano, che ha favorito uno sviluppo equilibrato e di sostenibilità ambientale (questo è vero), senza però favorire le popolazioni locali boscimani che vivono ancora in sistemi sociali arcaici, tribali e in capanne, ovvero i Gana, i Kung San, i Gwi, i Bakgalagad e altre ancora che, dopotutto, furono le prime a colonizzare il Paese.

Ora i boscimani sono poco più di tremila in una popolazione totale del Paese che raggiunge, secondo un censimento del 2021, i 2.558.000 di abitanti su una superficie di 581.730 km2, quasi due volte l’Italia. L’uso sempre più diffuso delle concessioni a multinazionali straniere, soprattutto sudafricane, per l’estrazione di minerali preziosi come l’oro e soprattutto i diamanti, insieme all’incremento degli allevamenti di tipo industriale del bestiame la cui carne viene esportata in tutta l’Africa del sud, stanno portando il Paese verso la disgregazione sociale delle etnie locali più deboli.

In Botswana esistono ventitré aree protette che occupano più di un terzo del Paese. Per istituirle il governo da un lato ha dovuto dare concessioni ad agenzie specializzate sud africane, dall’altro lato ha dovuto vietare ai pochi boscimani rimasti di cacciare nel territorio e, peggio ancora, di attingere acqua dai fiumi, costringendoli ad andarla a prendere a più di cinquecento chilometri di distanza (come se un marchigiano fosse costretto ad andare a Milano per attingere l’acqua!), forzandoli di fatto a evacuare. Si è trattata di una deportazione vera e propria ed è così che molti di loro sono finiti nelle periferie delle città di Maun, Ghanzi e Gabarone (la capitale) a ubriacarsi, prostituirsi e diffondere l’AIDS. L’acqua, infatti, doveva servire per riempire le piscine dei lodge e dei campi tendati e per innaffiare i campi da golf per i turisti stranieri amanti di questo sport.

Il parco nazionale più esteso del Botswana è quello del Chobe, istituito nel 1967. È il più importante del delta dell’Okavango con una superficie di 5.000 km2 ed è anche il parco in cui esiste la più alta concentrazione di animali del Paese, come leoni, ghepardi, iene, licaoni, impala, zebre, giraffe, cudù, gnu, facoceri, orici, gazzelle, bufali, coccodrilli, ippopotami, elefanti, eccetera, e circa trecento specie di uccelli. Un tempo in questo parco cacciavano i boscimani San, che non ci sono più. Al suo interno ci sono persino delle piste in terra battuta per far atterrare e decollare piccoli aerei da turismo. Sono luoghi da sogno, lontani dal mondo e dalla realtà.

Nei suoi pressi, ai confini con lo Zimbabwe, si trova il Kasane Reserve Extension che, da un punto di vista della fauna, non è ricco come il Chobe ma è altrettanto importante come lo è la riserva di Moremi, che costituisce il 30% circa della superficie del delta, in cui purtroppo è permessa la caccia a pagamento: per esempio, per l’abbattimento di un cudù si devono pagare un migliaio di dollari. All’interno della riserva di Moremi si possono intravvedere gli ultimi licaoni rimasti in Africa. Nel parco ci sono ancora alcuni gruppi di babbuini (Papio ursinus) che devono difendersi, oltre che dai fucili dei cacciatori stranieri, dagli animali predatori; devono inoltre competere con tutto e tutti per il cibo, che diventa sempre più scarso.

Come consolazione possiamo dire che prima dell’indipendenza del 1966 le cose stavano ancora peggio: i babbuini venivano cacciati e uccisi dai boscimani con le frecce, mentre i boeri e i coloni inglesi lo facevano con le armi automatiche. Dopo l’istituzione del parco le autorità hanno messo dei collari satellitari ad alcuni babbuini per proteggerli, ma senza buoni risultati perché un babbuino, con il collare o senza, se non trova il cibo e l’acqua muore comunque.

In Botswana oltre ai babbuini vivono altre specie di scimmie. Alcune sono proscimmie come il Galago moholi e il Galago gigante, entrambe notturne, fortunatamente non in via di estinzione. Il Galago moholi è una proscimmia molto piccola: da adulta può raggiungere un peso massimo di trecentoquaranta grammi e una lunghezza massima del corpo di venti centimetri con una coda più o meno della stessa lunghezza. Sul dorso ha un mantello grigio scuro tendente al marroncino, che sfuma in un bianco sporco sul ventre. Ha una testa rotonda, degli occhi enormi e due orecchie altrettanto grandi che muove come un gatto. Il Galago moholi si sposta saltellando sul terreno come un canguro. È una specie onnivora e frugivora: si ciba di piccoli invertebrati, di nettare, di frutta, di essudazioni di varie specie di piante, di uova di uccelli e di piccoli roditori appena nati. Deve difendersi da alcuni predatori, soprattutto manguste, genette, gufi e serpenti.

Anche il Galago gigante è una specie onnivora e frugivora, ma in primo luogo ama la frutta delle palme e, come il Galago moholi, è un bravo arrampicatore e saltatore, sia a terra sia sugli alberi. Fisicamente i due galagoni di cui stiamo parlando si assomigliano moltissimo, solo che quello gigante può raggiungere un peso massimo di un chilo e trecento grammi, con un corpo lungo quaranta centimetri come pure la coda. Al parco del Chobe vive un’altra scimmia, il cercopiteco verde, molto comune in tutta l’Africa orientale e in Sud Africa. Fortunatamente non è in via di estinzione, anche perché si tratta di una scimmia numerosa in tutte le aree in cui si trova e riesce a sopportare bene le insidie dell’uomo.