Anahata: il luogo del “non suono”, il chakra localizzato nel plesso cardiaco, di questo centro energetico conosciamo, come ci ha tramandato la tradizione tantrica, alcuni aspetti che lo legano a diversi funzionamenti corporei e sottili come il collegamento con il senso del tatto (tanmatra), la pelle come organo di conoscenza (gyanendria), le mani come organi di azione (karmendrya).

Ma una relazione importante nello sviluppo del livello di coscienza in Anahata è quello legato alla consapevolezza del karma. Il tema del karma è una questione complessa e aspramente dibattuta, che non appartiene solo all’induismo e ad altre religioni del continente indiano, ma è presente anche in numerose correnti filosofiche e tradizioni universali.

La questione del karma attiva una indagine che concatena obbligatoriamente numerose riflessioni, come l’aspetto della reincarnazione e successivi quesiti: ma chi-cosa si reincarna? e quale è l’origine o creazione di questa entità, nucleo, essenza che si muove attraverso il ciclo delle rinascite, il punar-janman (letteralmente “il ritorno alla vita”) e la “ruota” del samsara? Ma vediamo, per ora, solo come il karma è conosciuto e suddiviso tradizionalmente nelle tre modalità di manifestazione:

  1. Karma latente, sopito, addormentato conosciuto come sanchita karman: il deposito, il cumulo karmico delle vite passate, i cui frutti non sono giunti ancora a maturazione. Per una comprensione più immediata intendiamoli come delle frecce che conservo nella faretra oppure come una provvista di grano accumulato nel granaio.
  2. Karma in attuazione, il prarabdha karman, cioè quella parte di karma che giunto a maturazione nella vita passata, sta portando i frutti (positivi o negativi) nella vita presente. Sono le frecce già lanciate e il grano già mangiato.
  3. Karma potenziale, il kriyamana karman (o vartamana oppure sanciyamana): è il nuovo karma che viene accumulato nella vita presente.

Sono le frecce non ancora costruite, il materiale esiste, ma che non ha composto le frecce, è il grano che sta crescendo nei campi. Seguendo ancora le nostre immagini figurate: i chicchi di grano sono karma potenziali, la spiga può produrre altri semi, altri karma, con la farina si produce del “pane” karmico che può essere mangiato ed esaurito. Il fuoco del forno non è la prova, l’esperienza esistenziale, “la cottura”, a cui veniamo sottoposti?

Inoltre il lievito è il fermento della vita e il Supremo Fornaio colui che ci impasta come desidera. Quando si sviluppa e, dato che è un fiore di loto, quando sboccia, una consapevolezza profonda in anahata cominciamo a comprendere che i karma non sono così ineludibili, ma che possono essere cambiati.

Sono cosciente di quello attuale (prarabdha karma), ne vedo le relazioni, i meccanismi in opera, e avendone una visione dettagliata posso accettare consapevolmente la reazione o sapere come agire per modificarne gli effetti.

Esempio: sono al corrente che cadrò dalla moto e vedrò la dinamica dell’incidente e sono, inoltre, informato che non posso evitare questa esperienza. Potrò assicurarmi di avere il casco, i guanti, altre protezioni e la mia attenzione sarà più vigile e preparata.

In anahata inizio ad essere il “medico laureato” dove so che la “malattia esistenziale”, manifesta o potenziale, è causata non solo dal karma, ma dalla relazione causa-desiderio-dolore. Il “corpo”, il luogo della malattia è il teatro dove opera maya, l’illusione (avidya). Comprendo la diagnosi, lo studio della causa patologica attraverso la consapevolezza e la meditazione, scoprirò che lo yoga è eziologia, cura e prevenzione. In anahata comincio a comprendere il significato dell’antico adagio: chi sa agisce, e chi non sa subisce. I chakra sotto al diaframma, sono il luogo degli stati di sviluppo della consapevolezza, la sede di chi non sa subisce, sopra il diaframma chi sa agisce.

Nel terzo chakra c’è il desiderio, la forza, la lotta, ma spesso è una forza inconsapevole, cieca e non è assicurato il raggiungimento: è con l’unione della forza di manipura e la consapevolezza di anahata che ottengo il risultato. In manipura non guarderò in faccia a nessuno, perché sono spesso orientato sulla manifestazione del mio potere personale, in anahata, invece, mi protendo a leggere il cuore degli altri e verso il raggiungimento della libertà dal mio destino.

Kalpa Taru

Nella analisi di anahata generalmente si hanno poche informazioni e non si dà la dovuta importanza ad un altro piccolo chakra posto al di sotto di anahata, raffigurato simbolicamente come un albero, con il nome di Kalpa Taru o Kalpa Vriksha, o più comunemente detto come “l’albero dei desideri”.

Il Kalpa Taru, è la chiave di accesso di anahata verso i piani più sottili, elevati, è collegato con il cuore eterico e questo piccolo chakra si attiva solo nei cuori puliti, purificati, altruisti. Quello che lega Kalpa Taru e il prarabdha karma é che quando questo albero simbolico fiorisce, il soggetto dovrebbe avere sviluppato un alto grado di consapevolezza. Se anahata è il piano di coscienza del karma, il Kalpa Taru è invece quello dove sono oltre il desiderio che crea altre azioni, reazioni, e di conseguenza ancora altro karma. In Kalpa Taru desidero per gli altri, ma deve essere una condizione senza macula, pulita, senza traccia di interesse personale, disinteressata.

Solo così fiorisce l’albero di Kalpa Taru e quello che penso si avvererà: è sotto questo albero che il maestro conosce il karma e i desideri dei suoi allievi, di chi dovrà prendersi cura. Solo così posso agire e intervenire sul karma altrui.

Nella dinamica di anahata, questo piccolo chakra, attiva i meccanismi dell’aspetto del distacco, del non- desiderio; sarebbe giusto, per tanto, definirlo l’albero del desiderio purificato, dell’equanimità, perché fino a quando il cuore è sottoposto al desiderio, di ogni tipo, non sarà mai in pace.

Quando il cuore è in questa condizione di grazia è nella gratitudine, nella soddisfazione, nel ringraziamento. Una condizione evidentemente difficile da raggiungere, rara (già desiderarlo crea un onda di... desiderio), è lo stato del mistico, del santo: io non desidero niente, solo quello che Tu vuoi.. o sia fatta la Tua volont. È l’abbandono totale.

I temi trattati in questo breve scritto sono stati sviluppati in una serie di incontri dedicati alla “Meditazione del cuore” presso il centro Yoga Rasa di Pesaro. Il cuore alchemico. Il cuore ayurvedico. Il cuore ermetico.