Realizzate tra il 298 e il 306 d.C. dall’imperatore Massimiano vennero dedicate a Diocleziano con cui divideva il comando dell’impero romano. In quel periodo, infatti, il vasto impero era diviso tra Oriente e Occidente. All’ingresso delle Terme era collocata un’epigrafe che recitava: “L’Imperatore realizzò un’opera di tanta magnificenza per donarla ai propri cittadini”.

Si estendevano su una superficie di 13 ettari risultando uno dei complessi termali più vasti del mondo e le meglio conservate, si trovano a Roma, prospicienti l’attuale “Stazione Termini”, da cui deriva il nome. Come tutte le Terme romane anche quelle di Diocleziano annoverano nella planimetria ambienti prestabiliti. Questi sono: il “Calidarium”, cioè “sala calda” artificialmente riscaldata con un sistema complesso di camere d’aria intorno alle pareti e sotto il pavimento; il “Tepidarium”, sala dalla temperatura intermedia; il “Frigidarium”, ambiente per i bagni freddi; la “Natatio”, grande piscina scoperta; le Palestre, gli Spogliatoi e altre sale con diverse funzioni.

Restarono in funzione fino alla metà del VI secolo quando la guerra greco-gotica causò oltraggi e guasti alla città e ai suoi acquedotti che vennero tagliati interrompendo l’alimentazione idrica. Per questo furono abbandonate fino al 1561 quando papa Pio IV (Medici, 1559-1565) destinò il “Frigidarium” delle Terme alla realizzazione di una chiesa, dedicata a Santa Maria degli Angeli e ai Martiri cristiani, incaricando della progettazione Michelangelo Buonarroti (1475-1564). Il grande artista di Caprese disegnò anche gli ambienti della attigua Certosa con le abitazioni dei monaci e due Chiostri, il Maggiore e il Minore. Il complesso annoverava anche una vasta esedra, luogo di ritrovo e di conversazione, i cui resti alla fine del XIX secolo vennero utilizzati come fondazione dai palazzi curvilinei di Piazza della Repubblica. Ai lati dell’esedra si trovavano due biblioteche, seguite da due sale circolari, nel tempo trasformate in chiese.

Il museo

A partire dalla fine dell’Ottocento si costituisce la raccolta museale realizzata con i materiali provenienti da collezioni storiche e soprattutto da ritrovamenti avvenuti a partire dal 1870 nei grandi cantieri che adeguarono la città al suo nuovo ruolo di Capitale del Regno d’Italia. Successivamente la collezione si arricchisce ulteriormente con materiali archeologici rinvenuti nel territorio urbano e nelle zone limitrofe. Vanta la più ricca e importante raccolta di iscrizioni, dedicate alla comunicazione nel mondo romano, con un patrimonio di circa diecimila reperti.

Tra le opere esposte particolarmente commovente è la statua in marmo lunense e alabastro, posta al centro della vasta Aula X, di un fanciullo a cavallo, essendo quest’ultimo cavo quasi certamente custodiva le ceneri del bambino morto in tenera età (III secolo d.C.). L’Aula è stata recentemente restaurata e riallestita per ospitare alcuni monumenti funerari: la “Tomba dei Platorini”, scoperta nel 1880 sulla riva destra del fiume Tevere; la “Tomba Dipinta” e la “Tomba degli Stucchi”, scoperte nel 1951 nella necropoli della via Portuense e ricavate all’interno di un grosso nucleo di tufo.

Non conosciamo l’originaria funzione dell’Aula XI, trasformata successivamente in una cisterna supplementare per alimentare le piscine delle Terme. Qui, a terra, è collocato un grande mosaico pavimentale con “Ercole e Acleloo” proveniente dalla Villa Imperiale (detta di Nerone) di Anzio. Nell’ adiacente l’Aula IX è stato individuato lo Spogliatoio, dove i frequentatori dell’impianto lasciavano le proprie cose prima di dirigersi verso la palestra e iniziare il percorso termale.

L’Aula VIII ospita alcuni dei grandiosi frammenti della decorazione architettonica delle Terme. Attraverso un prospetto di pilastri e colonne, l’ambiente si apriva sulla “Natatio”, la piscina monumentale della superficie di 4.000 mq le cui pareti erano ricoperte da marmi colorati e mosaici. La vasca aveva una profondità di 1,30m, le pareti e il fondo erano rivestite di lastre in marmo bianco.

Il Chiostro Grande e il Chiostro Piccolo

Il Chiostro Grande, detto di Michelangelo, è uno dei più grandi d'Italia, sviluppando ben diecimila metri quadrati. Al centro del giardino si trovano sette teste colossali di animali rinvenute presso la Colonna coclide di Traiano, vi si trova inoltre la Fontana con Delfini (1695) circondata da quattro cipressi, uno dei quali è il secolare “cipresso di Michelangelo”. Numerose statue, sarcofagi, cippi, sono disposti lungo i quattro lati del Chiostro. Sul primo pilastro c’è incisa la data della costruzione che iniziò nel 1565, un anno dopo la morte dell’artista. All’ingresso del Chiostro si apre la porta a trompe-l’oeil di Filippo Balbi (1885), da cui sembra affacciarsi il Certosino Fercoldo, raffigurato con gli oggetti della vita quotidiana dei monaci della Certosa. Il Chiostro Piccolo occupa circa un terzo della “Natatio”. Al centro della corte si trova un pozzo circolare posto su tre gradini di travertino, lungo le arcate sono esposte molte sculture romane. Il chiostro è noto anche come Chiostro Ludovisi, per i celebri marmi della collezione Boncompagni-Ludovisi, oggi a Palazzo Altemps. Sopra la porta è stato recentemente scoperto l’affresco raffigurante la “Pietà degli Angeli” con Cristo sorretto da angeli.

Claudia figlia di Nerone e Poppea

Nel chiostro Minore è conservato un “Indictio” del 63 d.C. posto originariamente nel Tempio della Concordia sul Campidoglio. Il 21 gennaio del citato anno nasce ad Anzio Claudia, la figlia di Nerone e Poppea, quel giorno gli arvali sciolgono i voti pronunciati per il parto e per la salute della donna e poco dopo celebrarono il solenne rientro della coppia imperiale a Roma. La piccola Claudia morirà quattro mesi dopo ricevendo moltissimi onori, primo tra tutti la divinizzazione.

Il Museo epigrafico e il Museo protostorico

Un vasto settore del Museo è dedicato alle epigrafi, una delle più ricche e importanti raccolte di iscrizioni al mondo, reperti dell’era imperiale organizzate secondo temi di vita sociale, amministrativa e religiosa. Si conservano reperti di diverso tipo come stele, cippi, altari, amuleti, collari, urne, tubi, tavole di bronzo, rilievi in marmo e travertino ma anche mattoni, lucerne, proiettili da fionda ed altro proveniente soprattutto dai grandi cantieri di scavo archeologico iniziati alla fine dell’Ottocento nell’Urbe. Al primo piano si trova il Museo di Protostoria dei Popoli Latini con le testimonianze archeologiche più antiche della cultura del Lazio “tarda protostoria” (tra il 1000 e il 600 a.C.). Durante questo periodo le comunità laziali passano da strutture sociali di tipo tribale a un’organizzazione in villaggi più complessi.

Il dio Mitra

Estremamente interessanti sono i reperti e i rilievi inerenti il dio Mitra. Tra questi il grande rilievo di Mitra, divinità orientale celebrata nella Roma imperiale, che illustra l'uccisione del toro in una grotta, afferrato alle narici e colpito mortamente con un coltello, alla presenza di un corvo, di un cane e di un serpente e uno scorpione. Sono presenti nella scena anche gli assistenti (Cautes e Cautopates), con una torcia accesa rivolta verso l’alto e con una torcia rivolta verso il basso, rappresentano i cicli della vita, inizio e fine, alba e tramonto, come Sole e Luna posti negli angoli superiori della raffigurazione. La parte raffigurante la testa del dio Mitra si trovava in un museo tedesco, il Museo di Karlsruhe, ma venne data in concessione per ricomporre il volto del dio, intervento particolarmente complesso per le dimensioni, il peso dell'opera e per il posizionamento del frammento.

L’Aula Ottagona

L’Aula Ottagona è parte delle Terme di Diocleziano, coperta con una cupola ad ombrello di circa 22 metri di diametro ha forma quadrata all’esterno e ottagonale all’interno, veniva usata probabilmente come “Frigidarium” secondario. Nel Seicento venne usata come granaio pontificio, poi come scuola di ginnastica e ancora come sala espositiva (detta sala Minerva). Nel 1928 l’Aula fu trasformata in Planetario dove un proiettore riproduceva sulla cupola la volta celeste. Rimosso nel 1987 resta ancora l’intelaiatura a reticolo geometrico su colonnine metalliche e capitelli in ghisa. All’ingresso principale si trova la trabeazione con la scritta “Planetario”, mentre il portale ha una cornice con una serie di simboli zodiacali oltre alla citazione dantesca “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. (Paradiso, XXXIII, v. 145).