Quasi un secolo fa era già ben noto al grande pubblico e prima ancora agli studiosi che la vita delle piante costituiva un mondo molto misterioso e ricco di aspetti da indagare, comprendere e soprattutto apprezzare come un vero e proprio laboratorio scientifico. Stefano Mancuso lo studioso contemporaneo diventato famoso come instancabile divulgatore, autore di innumerevoli testi di botanica, per aver rivelato diversi misteri sulla natura dei vegetali, sui loro comportamenti e sulle qualità che possiedono oltre alla mera bellezza e alla indispensabile capacità di nutrire l’umanità, ha un degno predecessore: Elio Baldacci (1909-1987)1 che, già nel 1942, docente del Laboratorio crittogamico della Reale Università di Pavia, pubblicava per Bompiani Vita privata delle piante, con una terza edizione. Questo libro costituisce uno dei primi testi divulgativi su aspetti che poi sarebbero diventati fondamentali, proprio per capire nella nostra vita l’importanza del contatto con il mondo vegetale, non solo stando all’aperto come abbiamo potuto vedere nello scorso articolo di maggio, ma anche nei nostri spazi interni di abitazione.

Tra le numerose conoscenze fatte nel mondo agricolo ho potuto incontrare una giovane appassionata, Elisa Fornasiero, che ha avuto un imprinting dal mondo vegetale, essendo i genitori fondatori di una tra le prime aziende agricole produttrici di officinali nel Veneto, che oltre alla produzione di erbe biologiche ha fatto della didattica l’obiettivo primo della sua vita. Mi conduce quindi a conoscere la sua collezione privata che è frutto di una passione vitale, andare in cerca di piante esotiche che può coltivare in casa - e ne ha cambiate già diverse pur essendo molto giovane - dalla camera da letto alla cucina, al soggiorno, al terrazzo, al giardino con scrupolosa attenzione a non far mancare nulla alle sue “creature verdi”. Mi fa conoscere le ultime arrivate dalle foglie improbabili e straordinarie come quelle di Alocasia melo, Hoya carnosa variegata, Philodendron pedatum, Alocasia sarian, Jatropha podagrica, e di ciascuna mi racconta come e dove l’ha potuta reperire tra vivai e mostra da collezione, la rarità, la difficoltà o meno di riprodurle per parti aeree, radici o rizomi con una precisione e attenzione da laboratorio di ricerca. “Pensa che queste le ho dovute trasferire da Torino a qui proprio durante l’inverno, ed ho temuto che subissero uno stress, ma ce l’ho fatta!” mi dice, generosa nel trasmettere segreti e curiosità di ciascuna, con un bello sguardo soddisfatto e raggiante proprio come fossero parte di lei.

La sua itineranza in Italia è iniziata più di dieci anni fa, ora ha poco più di trent’anni, quando Elisa ha iniziato a coltivare l’arte della pasticceria costruendosi un curriculum d’eccezione: da Portofino al ristorante la Terrazza dell’hotel Splendido, a Saint Moritz all’hotel Des Bains con lo chef Mattias Rock; al Capri Palace con lo chef Andrea Migliaccio; al ristorante Trussardi alla Scala con lo chef Andrea Berton; da Cracco a Milano; ad Alba presso il Piazza Duomo e successivamente all’Antica Corona Reale a Cervere dello chef Gianpiero Vivalda. Ma a stupire è proprio la scelta di questo ultimo anno che la vede impegnata a coniugare l’arte di pasticcera alla sua passione per le piante e l’agricoltura, tornando all’azienda di famiglia, a Granze in provincia di Padova, dove già fin da piccolina cucinava con la madre nel locale dell’azienda agrituristica, che in pochi anni è diventato un punto di riferimento per gli appassionati di buona cucina tipica della tradizione.

Così da un giorno all’altro gli ospiti della azienda La Calendula, già affezionati, possono scoprire delle vere specialità di cui mi racconta con entusiasmo. “Conosci l’acqua di Rose? Si tratta di un aperitivo ottenuto dalla Rosa damascena, solitamente usata da mio padre come pianta officinale, dai cui petali estrae l’essenza con un aroma profumatissimo ed un colore quasi fucsia molto accattivante”.

“Ogni stagione e le piante che fioriscono mi ispirano, mi racconta, dai fiori dell’Albero di Giuda, a quelli del Sambuco per farne sciroppo, ai fiori della calendula per guarnire le insalate o i dolci”. Il suo progetto è quello di introdurre piante esotiche coltivabili anche qui per proporre pietanze nuove che si integrino con la tradizione, ma rendano allegro e interessante la degustazione che parte dalla vista delle piante in campo per arrivare al piatto. Non solo piante orticole, quindi, ma anche aromi non proprio comuni come le foglie della Perilla frutescens, quella straordinaria pianta dalle tante virtù terapeutiche (antiossidante, antibatterica, antipiretica, antisettica) ,così amata nella cucina macrobiotica e in generale nella tradizione indiana, cinese e giapponese: lo shiso, detto anche basilico cinese, a volte erroneamente basilico rosso che è pianta ben diversa.

Lo conobbi molti anni fa nel giardino sanremese del grande e celebre giardiniere Libereso Guglielmi, scomparso nel 2016, che era anche prolifico di ricette insolite2. Mi disse: “Vedi questa pianta? È la Perilla, quando la riconobbe una visitatrice cinese del mio giardino diventò matta e me ne chiese subito il seme!”. Mentre mi ero sempre soffermata sulla bellezza e la robustezza della Perilla che non manco mai di seminare in giardino ogni anno, dalle foglie quasi increspate color porpora e dei fiorellini simili al basilico tra il viola e il bianco, ho saputo da Elisa Fornasiero che gli chef stellati conoscono bene le qualità organolettiche dello shiso. Come Tanja Grandits dello Stucki di Basilea con la Tartare di manzo con olio di caffè, barbabietola e foglie di shiso. Date le sue proprietà antiossidanti è usato anche per conservare più a lungo le pietanze, e per preservare la buona fermentazione delle prugne umeboshi di cui è ingrediente fondamentale. Con la fermentazione delle famose prugne in Cina, le foglie rosse della Perilla sotto sale si ricava il salutare condimento alternativo all’aceto, l’acidulato di umeboshi dal colore rosso amaranto. Ecco che la passione verde diventa per Elisa una continua ricerca che la rende avida di nuove scoperte botaniche che può sperimentare e poi proporre in un luogo speciale dove si gode della natura, si impara e si soddisfa il palato… e poi durante la mia visita in azienda non ho mancato di assaggiare l’amaro di erbe di papà Ettore che la ricetta segreta non ci può rivelare!

Note

1 Uomo, come si è detto, di scienza (in maniera meditata e profonda,nei suoi anni giovanili, quando era collaboratore, presso l'Università di Pavia, di quel grande botanico, noto internazionalmente per le sue ricerche di storia, archeologia e geografia intercontinentale delle piante coltivate, Raffaele Ciferri - del quale certamente risentì il profondo influsso, scrisse un trattato sul Metodo nella scienza pubblicato nel 1947 da Bompiani), non aveva alcuna stima delle effimere iniziative museologiche a sfondo nostalgico e sentimentale, che, nel nostro Paese, si moltiplicarono alla fine degli Anni Settanta, a seguito del grande esodo dalle campagne nel decennio, precedente. (Fonte G. Forni, In ricordo di Elio Baldacci, Rivista di Storia dell’Agricoltura, a. XXVII, n. 2, dicembre 1987).
2 Libereso Guglielmi, Ricette per ogni stagione con le Erbe e i Fiori Delle Alpi del Mare, Edizioni Zem, Ventimiglia 2015.