I Walser sono una misteriosa “civiltà delle Alpi” che, al cospetto della montagna inaccessibile, ha dimostrato con la propria esperienza di riuscire ad abitare e a lavorare stabilmente nell’estremo limite “naturale” della sopravvivenza in alta quota.

Discendente degli Alemanni, questo popolo nel ‘200 dalla Valle del Rodano si è diretto a Sud, fondando colonie di natura agro-pastorale attorno al massiccio del Monte Rosa (= da roise, roèse, rösa, nell’antico dialetto valdostano monte del ghiaccio).

Ornavasso, incastonata tra il dolce paesaggio dei grandi laghi (Maggiore, Mergozzo e d’Orta) e le aspre cime delle Alpi, in Val d’Ossola (provincia di Verbano-Cusio-Ossola), nel Medioevo brulicante di commerci, rappresenta la colonia tedesca più singolare a Sud delle Alpi.

Colonizzata alla fine del XIII secolo, la piacevole località dell’Alto Piemonte si trova in una fascia altitudinale compresa tra i 217 m della piana alluvionale, percorsa dal fiume Toce, e i 2131 m della Cima Eyehorn, la vetta più elevata della “montagna dei Twergi”, che un’antica leggenda vuole sia la montagna dei nani benevoli.

I coloni probabilmente provenivano da Naters, un villaggio presso Briga, nel Vallese, che nel Medioevo distava tre giorni di cammino da Ornavasso, o dalla valle del Sempione, dove gli Ornavassesi, ancora nel Cinquecento, trascorrevano l’estate a tagliare fieno a pagamento.

Nonostante il bilinguismo, imposto dalla necessità dei traffici mercantili, i contatti con la madrepatria vallesana furono sempre frequenti. Infatti, la comunità walser di Ornavasso, pur integrandosi economicamente, rimase autonoma dal punto di vista culturale.

I secolari legami con la terra d’origine sono ancora vivi nella cultura popolare. Per esempio, i Twergi appaiono protagonisti del mondo favolistico walser e, di conseguenza, ornavassese. Essi rappresentano la natura animata, che risiedeva nei boschi. Piccoli e vestiti di stracci e foglie, sono esseri furbi, bonari e giocherelloni, che si divertono a fare scherzi a pastori e boscaioli. Possiedono una saggezza arcaica, che a volte trasmettono agli alpigiani. Nel folclore locale sono stati i folletti a insegnare agli uomini come fare il bucato con la cenere del focolare e come lavorare il latte per ricavarne burro, ricotta e formaggio.

Grazie al terreno fertile e produttivo e alle favorevoli condizioni climatiche, dovute alla vicinanza dei grandi specchi d’acqua prealpini, Ornavasso divenne ben presto una tra le più ricche colonie walser d’Oltralpe. Dalla fine del Trecento al Novecento l’economia abbinò alla consueta attività agricolo-pastorale anche l’estrazione e la vendita del marmo.

Di fronte a Ornavasso, a sbarrare il breve pianoro del Toce, si stagliano alti e impervi i Corni di Nibbio. Da essi scende un robusto promontorio, entro il quale si apre la Cava Madre di Candoglia, nel territorio comunale di Mergozzo. I monti sono costellati di cippi con mazzetta e martello incrociati, che “marcano” il territorio, da oltre seicento anni dato in concessione alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Quello tra l’Ossola e Milano è un legame indissolubile, plurisecolare, cementato dalla pietra e dalla storia.

Infatti la prima citazione documentata dei Walser ornavassesi rimanda al 1392, anno in cui la commissione incaricata di sopperire al fabbisogno di marmo per la fabbrica raccomanda di acquistare “a Teutonicis de Ornavaxio” tutto il marmo che costoro potevano fornire. In breve i Walser ornavassesi acquisirono una notevole competenza estrattiva. Il prezzo concorrenziale e la pregiata qualità del materiale rivelano tuttora come le tecniche di cava raggiunte all’epoca, avessero assunto dimensioni assai competitive.