Cresciuta a Roma, nella rinascimentale Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia, con le suggestioni della residenza di Scipione Borghese come vicinato, e la pregnanza artistica del padre, il pittore Balthus, Harumi Klossowska de Rola, classe 1975, rappresenta quella fusione culturale tra Occidente e Oriente che si esprime attraverso un bestiario zoomorfologicamente accurato tra gioiello e home decor, chirurgicamente riprodotto attraverso la semantica di materiali preziosi o semipreziosi, quanto naturali.

La Roma Barocca e lo shintoismo del “Sole Levante” si rintracciano nel suo stile artistico e nei tratti somatici di carattere esotico di matrice materna, oltre che nell’approccio artigianale e tattile legato alla materia. Il padre è l’artista Balthasar Klossowska de Rola, francese di origini polacche, meglio noto come Balthus (1908-2001).

Fu direttore di Villa Medici tra gli anni Sessanta e Settanta e tradusse le sue personali tavolozze cromatiche nelle cromie e nelle luminescenze dei suoi appartamenti. Condivise la sua visione autoriale con la figlia ed il multiforme universo espressivo che fece convergere nelle residenze d’artista incastonate nel polmone lussureggiante dei panoramici giardini all’italiana dell’Accademia.

Restituire a Villa Medici tutto il suo prestigio è stata per me una vera e propria ossessione. Era una questione che aveva a che fare con la vita spirituale, un modo di conservare la vita. Il mio amico Fellini, d’altronde, l’aveva capito bene: Ti vedo, diceva, come il custode del patrimonio in cui la storia ha deposto la cultura degli uomini.

(Balthus)

La madre di Harumi è la pittrice e scultrice Setsuko Ideta, seconda moglie di Balthus, che lavorò come sua assistente. Ideta, originaria di Kyushu, in Giappone, è ancora oggi attiva sul fronte dell’arte e da sempre la sua immagine si lega a quella del consorte nella predilezione per l'abbigliamento tradizionale giapponese, il kimono, rispetto alla moda occidentale. Attualmente collabora con il produttore ceramista francese Astier de Villatte. Ha cresciuto Harumi con una sensibilità shintoista che la porta naturalmente a vedere lo spirito dell’anima infuso in tutti gli esseri viventi.

Quando Klossowska de Rola aveva quattro anni, la famiglia acquistò Le Grand Chalet de Rossinière, un imponente castello del XVIII secolo nelle Alpi svizzere, circondato da foreste brulicanti di volpi e tassi e le più multiformi specie animali.

Il Grand Chalet di Rossinière, nel canton Vaud, è la casa in legno più grande della Svizzera e una delle abitazioni in legno più grandi d'Europa. L'edificio è stato fatto costruire nel 1754 da Jean-David Henchoz, notabile, avvocato e commerciante di Rossinière. In questo luogo magico Harumi ha sviluppato liberamente le sue pulsioni immaginative e le ha veicolate verso il gioiello e l’interior design.

Ricordo che i miei genitori mi portarono a trovare il loro amico gallerista Claude Bernard, a Parigi e lui possedeva una vasta collezione di minerali e cristalli di tutte le dimensioni. Avevo 7 o 8 anni, quindi i miei occhi erano all'altezza del tavolo ed ebbi la sensazione più incredibile. Ho passato ore lì, immaginando di attraversarli come una foresta. Penso che quella sensazione non mi abbia mai abbandonato.

(Harumi, New York Times)

La figlia di Balthus riflette attraverso i minerali, e gli elementi naturali, dai tempi della sua prima dimora nella Città Eterna sino alle “conifere”, che ancora oggi frequenta e respira, della sua quotidianità, presso la casa paterna. Ripercorre il collezionismo d’infanzia legato alle tessere dei mosaici della Roma Capitolina o ai vetri raccolti alla ricerca dei verdi e dei blu più trasparenti ed iridescenti, o dei rosa opalini della pietra, che dalla corte di Villa Medici, consegnava al padre che, a sua insaputa, li conservava nel cassetto superiore del suo comodino, all’Accademia di Francia.

Da queste selezioni ritrovate a posteriori si è fatta ispirare per la creazione dei pezzi di alta gioielleria per le Maison più prestigiose di Place Vendôme, e per le sue personali collezioni, sino ai pezzi ideati per la Maison Gossens, celebre per la creazione dei Bijoux di Coco Chanel la quale aveva un rapporto elettivo con il suo fondatore: Robert Gossens.

Dal Leone, animale simbolo della città di Venezia, amatissima da Mademoiselle e suo segno zodiacale, Harumi elabora un’immagine animale meno definita e più artigianale in omaggio alla griffe di Rue Cambon. Il serpente diviene l’abbozzo sinuoso di un tratto elaborato verso l’infinita circolarità dell’amore ed il suo eterno legame con la natura dell’uomo.

Il cristallo di rocca, come pietra simbolo di Gossens, ben si presta al mondo delle trasparenze di Harumi ed è protagonista di un pezzo iconico della maison, la sfera sorretta dal potere leonino, al quale l’artista si è ispirata.

La sua estetica ha costellato di luce gli accessori di Maison di Haute Couture quali Valentino (Garavani è da sempre legato alla famiglia “Balthus”), Chanel, e prima ancora John Galliano.

Per sé stessa, e le preziose elaborazioni che portano il suo nome, Harumi ha concepito un visionario “Museo di Scienze Naturali” che non ha eguali per accuratezza e metodo di scrittura delle forme. Una serie di pezzi che raccontano di animali, e delle loro carcasse, del potere che posseggono nella regalità innata che per natura essi esprimono e che per natura l’uomo gli conferisce.

Scheletri e parti anatomiche che si raccontano nei materiali insoliti: legno pietrificato, avorio di mammut, mescolati ai metalli sbalzati e a quanto la luce può penetrare, accostati tra loro e resi umidi, o aridi, dall’uso sapiente del derma materico emerso dalle lavorazioni artigiane preindustriali.

Un racconto di corpi che assorbono la luce e la riflettono nella sua potente esperienza attraverso la “cera persa” nella trasparenza delle pietre preziose e levigata per le parti di un tutto che è catalogabile e definito, a favore di un pubblico edotto, al millesimo dell’emozione, nel trovarsi nell’antro dell’animale classificato secondo regno, classe, ordine, famiglia, proprio come farebbe un naturalista.

Le teste dei felini, dei rapaci, di tori ed elefanti, conformano i suoi anelli alle dita umane così come gli arti animali si modellano naturalmente alle qualità espressive della loro anatomia. Harumi le converte nell’espressione deificata che gli attribuisce attraverso la confidenza con l’umano zoomorfo.

Il legame tra noi e la natura è in qualche modo svanito nell'ultimo secolo. Sto cercando di riconciliarlo.

(Harumi, Wmagazine)

Klossowska de Rola elabora le sue visioni, e vive le sue passioni, dividendosi tra lo studio, presso lo Chalet in Svizzera, l’appartamento nel nono arrodissement a Parigi, l’atelier di Saint Denis, e il Castello di Montecavallo, in Italia. Condivide la sua vita con il compagno, il fotografo Benoît Peverelli, i loro due figli e sua madre.

Tutto in lei è fluttuante come il suo quadro astrale fatto di aria, acqua, e fuoco, nell’assenza della terra. Per lei progettare è collaborare con la natura. Harumi parte da schizzi dal tratteggio selvaggio quanto il suo spirito indomito. Le sue sanguigne visioni giovanili si stemperano oggi nell’opportunità di approcciare un intervento non risolutivo ma germinativo di un dialogo tra ciò che nasce da quanto si deteriora.

Così accade che un’umida crepa di una parete della sua casa parigina ispiri la grazia di un suo intervento pittorico. La traccia di un tronco, in punta di pennello, che appare nel suo ambiente domestico senza riparare ma per emozionare di natura.

Harumi traduce dall’umida ferita, e veste per l’umida lirica della vita, la forma panica e la forma faunistica dell’umano. D’acqua è fatta la vita, e del suo scorrere, e così si crea un racconto dipinto dal danno, simbolo imperituro di bellezza in ogni imperfezione (filosofia nipponica del wabi-sabi).

L’uomo trova nei soggetti di Klossowska de Rola la pertinenza al superamento della sua finitezza animale attraverso l’incontro con quanto termina di ciò che esiste in luce e in ombra, e quanto si supera di questa fine.

Nel potente sentimento della propria simbologia faunistica questa abitante di Rossinière manifesta qualità conferitegli dalla natura che danno sfogo all’infinito di ogni “anima animale”.