Per la prima volta in quasi mezzo secolo le vittime dell'attacco terroristico alle Olimpiadi di Monaco del 1972 sono state ricordate con un momento di silenzio durante la cerimonia di apertura di Tokyo.

Il massacro di Monaco è uno dei capitoli più tetri della storia olimpica. Fu uno stallo tra la polizia e i terroristi con il risultato che morirono tutti gli undici atleti israeliani, un agente di polizia tedesco così come i cinque terroristi.

Con l'intensificarsi degli attacchi terroristici e di altre situazioni di crisi negli anni '70, le forze dell'ordine si sono rese conto di aver bisogno di un modo migliore per gestire questi problemi.

Fino a quel momento, la negoziazione delle crisi era quasi inaudita. Quando la polizia rispondeva a situazioni con criminali barricati, era spesso compito dell'agente che rispondeva, senza alcun addestramento formale, cercare di trattare con il sospetto. L’irruzione delle squadre speciali di polizia (SWAT) spesso sembrava essere l'unico modo per risolvere il problema, nonostante gli scarsi risultati e gli alti esiti negativi.

Gary Noesner, negoziatore di ostaggi dell'FBI per 23 anni della sua carriera e capo dell'Unità di Negoziazione di Crisi dell'FBI, Critical Incident Response Group, la prima persona a ricoprire tale posizione, è stato coinvolto in numerose situazioni di crisi che hanno come rivolte in carcere, assedi di fanatici religiosi, ambasciate prese da terroristi, dirottamenti aerei e oltre 120 casi di rapimento all'estero di cittadini americani.

Noesner racconta del periodo precedente all’introduzione dei protocolli per la negoziazione di crisi, di come molti criminali barricati vedendo fuori dalla finestra tutte le luci e le sirene capivano di essere in trappola, e la prima cosa che dicevano era: "Ucciderò un ostaggio a meno che non mi diate quello che voglio, datemi una macchina per la fuga e un sacco di soldi!”. E la polizia arrivava e diceva “Ok, uscite da lì!” e il criminale da dentro rispondeva: “No!”. Il poliziotto replicava che forse il cattivo non aveva ben capito e gli intimava nuovamente di arrendersi e uscire e davanti ad un rinnovato: “No!”. Entrava in azione la squadra speciale della polizia che faceva irruzione con risultati catastrofici, tra cui la perdita della vita di ostaggi, poliziotti e criminali.

A quell’epoca due agenti pensavano che ci potesse essere un modo migliore, racconta lo scrittore di saggistica Eric Barker.

Harvey Schlossberg era un detective della polizia laureato in psicologia e Frank Bolz era un veterano del dipartimento di polizia di New York. Erano convinti che parlare con i sequestratori fosse la strada per ridurre le vittime e per risolvere con maggior successo queste situazioni. Nessuno ci aveva mai provato fino ad allora, e la maggior parte di poliziotti e politici ritenevano che l'uso della forza fosse l'unica opzione. Così Schlossberg e Bolz hanno creato un protocollo per la polizia di New York da usare per gestire questa tipologia di situazioni.

Il 19 gennaio 1973, quattro membri di un gruppo estremista musulmano entrano in un negozio di articoli sportivi di Brooklyn, prendendo undici persone in ostaggio. Ne segue una sparatoria di tre ore con la polizia di New York. Un agente perde la vita mentre due poliziotti e uno dei criminali vengono feriti. I sequestratori sono determinati a combattere fino alla morte e nonostante questa tremenda minaccia, la polizia di New York decide di non sparare più colpi.

L'unica arma che scelgono di utilizzare è la psicologia, facendo intervenire Bolz e Schlossberg che consigliano semplicemente di parlare e prendere tempo. Così cominciano a parlare e vanno avanti per ben quarantasette ore. I rapitori rilasciano due ostaggi in cambio di cibo, sigarette e cure mediche per il loro compagno ferito.

La seconda notte avviene qualcosa di inaspettato. Mentre i rapitori sono distratti dai negoziati in corso, i nove ostaggi rimasti riescono a fuggire attraverso una parete di cartongesso.

Presi dal panico per aver perso il loro potere di leva negoziale, i sequestratori iniziano a sparare selvaggiamente contro la polizia accampata all’esterno. La polizia di New York potrebbe finalmente assaltare il negozio senza timore di vittime civili. Ma non lo fa. Invece, invita i membri delle famiglie dei rapinatori sulla scena del crimine affinché parlino con loro. Quattro ore dopo, finalmente i quattro sequestratori si arrendono.

I sequestratori hanno sparato centinaia di colpi durante tutta la vicenda, e la polizia di New York ha risposto solo a parole, dopo la primissima sparatoria, e nessun altro venne ferito.

Usando tattiche psicologiche e pazienza, invece di mettere in pericolo altre vite con un attacco, l'assedio fu terminato. "Ci vuole tempo, ma il tempo è importante solo per l'ego.” disse più tardi Schlossberg parlando del suo approccio.

La polizia di New York ha inviato il suo manuale di negoziazione all'FBI per una revisione e non fu semplicemente approvato ma diede inizio al programma di negoziazione di ostaggi a Quantico.

Mentre le irruzioni della SWAT portano a un tasso di vittime del 78%, i dati dell'FBI mostrano che la negoziazione durante le situazioni con ostaggi porta a un tasso di successo del 95%.

Prova a indovinare il motto che appare sullo stemma e sul distintivo della squadra di negoziazione di ostaggi della polizia di New York: "Parla con me" (Talk to me).

Che cosa ci può insegnare tutto questo per navigare questi tempi di sfida e per le nostre negoziazioni quotidiane?

Questa pandemia ha funzionato da amplificatore esponenziale, aumentando quello che già c’era nel bene e nel male. Da un lato l’eroismo del personale medico e paramedico, dall’altro l’aumento percentuale a due cifre delle violenze domestiche contro donne e bambini.

Qualcuno sostiene che questa crisi ci renderà migliori ma il sopravvivere e il migliorare in una situazione di grande crisi e difficoltà è frutto di una scelta consapevole. La scelta prima di tutto di uscire dal lock-down di cuori e cervelli così diffuso in questo periodo, di lasciar andare la paura e abbracciare empatia e compassione.

Questa pandemia ha messo a nudo e amplificato ciò che Otto Scharmer chiama le tre grandi fratture (o disconnessioni): la frattura ecologica come disconnessione tra l’essere umano e la natura, la frattura sociale come disconnessione gli uni dagli altri e la frattura spirituale come disconnessione fra ognuno di noi e il proprio Sè superiore.

Ora più che mai abbiamo bisogno di guarire queste fratture per rinegoziare le nostre economie e società, ridisegnare le nostre istituzioni e trovare modi migliori di vivere, amare e lavorare in reale armonia con il pianeta, gli altri e con noi stessi, superando, nei piccoli e grandi momenti della nostra vita, l’odio, la rampante polarizzazione sui canali social, l’intolleranza e il fanatismo.

Iniziamo con tre semplici passi, tratti dai protocolli di negoziazioni di crisi, visto che, come ricorda Noesner, se i negoziatori di ostaggi riescono a recuperare e convincere persone disperate che minacciano di farsi del male o di fare del male a qualcun altro, attraverso la pazienza e una comunicazione empatica, rispettosa e calma, a cooperare e deporre le armi liberando gli ostaggi e arrendersi, allora sicuramente questo approccio funzionerà con un cliente indignato, un impiegato ostile, un partner amareggiato, un adolescente ribelle, una persona indignata che la pensa diversamente da noi su una questione importante o in qualsiasi altra circostanza.

1. L’emozione: se la nomini, la domini!

Potresti essere tentato di indorare la pillola, di spiegare logicamente e razionalmente, di prenderla molto alla lontana o peggio di ignorare l’altra parte per il timore del possibile confronto. Non farlo, semplicemente non farlo. Prima dai un nome all’emozione più forte, che in questo periodo sembrano la paura, la disperazione e l’ansia, prima le disinneschi.

Per esempio, potresti aprire in tono calmo e deferente con: “È una situazione tragica. Sei disperato e hai paura che il tutto peggiori e vada fuori controllo distruggendo il tuo business e tutto quello che hai creato.”

Le ricerche sull’Intelligenza Emotiva dimostrano che quando nomini un’emozione negativa la sgonfi e allo stesso tempo stai dimostrando attenzione e rispetto per quello che sta provando l’altra parte. Come i grandi negoziatori ti stai occupando del sentire e dei bisogni dell’altra parte prima di tutto il resto.

2. Il potere del silenzio: dai spazio all’altro

Dopo aver dato il nome all’emozione o dopo aver fatto una domanda, rimani in silenzio (mentalmente conta i tuoi respiri, conta i numeri, medita, fai quello che vuoi purché tu rimanga in silenzio) aspettando che sia l’altra parte a rompere quel silenzio e a condividere quello che sta sentendo, confermando quello che hai appena detto o magari correggendoti. Si le persone adorano correggere le altre persone: quindi ancora meglio. E le persone amano parlare, soprattutto di sé, da loro spazio.

3. La domanda generativa: rendi l’altra persona tua alleata

Fred Rogers insegna: “Nei momenti di stress, la cosa migliore che possiamo fare l'uno per l'altro è ascoltare con le orecchie e con il cuore ed essere sicuri che le nostre domande siano importanti quanto le nostre risposte.”

Dopo aver dato sufficiente spazio all’altra parte per condividere e parlare delle proprie emozioni puoi spostarti sul generare opzioni e lo farai nella maniera più facile e comoda per te e più efficace per l’altra parte: non solo le darai la percezione che lei è in controllo ma la renderai parte attiva nel trovare le migliori soluzioni.

Per esempio, potresti chiedere sempre in tono calmo e deferente: "Come facciamo a superare tutto questo senza distruggerci per permetterci di rimetterci in piedi e continuare a lavorare insieme al meglio?”. Le stai presentando la scelta tra uno scenario di reciproca distruzione (minacce, cause legali, ultimatum) o il continuare il rapporto al meglio navigando insieme questi mari tempestosi.

E ricordati che in questi casi come diciamo le cose è ancora più importante di cosa diciamo, il tono di voce è fondamentale, allenati se vuoi registrando prima quello che andrai a dire per verificare che il tuo tono sia calmo, accogliente e morbido.

Che le parole Maya Angelou possano accompagnarti:

Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto, le persone possono dimenticare ciò che hai fatto, ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire.