Formulare una diagnosi corretta è molto importante per il paziente e oggi, grazie alla possibilità di rilevare variazioni biochimiche e alterazioni anatomiche sempre più piccole, l’abilità diagnostica del medico è decisamente migliorata rispetto al passato, anche se qualche volta, disporre di maggiori dettagli potrebbe essere inutile. Per esempio, quasi il 90% delle persone con più di 60 anni che si sottopongono ad una risonanza magnetica del ginocchio evidenzia qualche anomalia di natura artrosica. La maggior parte di queste alterazioni è irrilevante o quantomeno di dubbio valore clinico, ma la loro individuazione comporta spesso la prescrizione di un’artroscopia, anche se, a distanza di due anni, la funzionalità del ginocchio dei pazienti con lesioni osteoartritiche che si sottopongono all’artroscopia non è migliore di coloro che si limitano alla fisioterapia1.

Spesso i nuovi test diagnostici sono utilizzati anche nelle persone in buona salute per scoprire l’eventuale presenza di qualche malattia ancora silente. In questi casi bisogna fare, però, molta attenzione perché ci sono solide prove scientifiche che tali indagini potrebbero essere più dannose che utili. Vediamo perché.

Spesa sanitaria e benessere

Il premio Nobel per l’economia Amartya Sen, in un bel articolo apparso qualche anno fa sul British Medical Journal ha osservato che mediamente i cittadini degli Stati Uniti hanno una percezione del proprio stato di salute peggiore delle persone che abitano in India, e che gli indiani del Kerala si sentono meglio di quelli che abitano nel Bihar, lo stato più povero dell’India2.

In pratica, i dati mettevano in luce un fenomeno apparentemente paradossale: quanto più si spende per i servizi sanitari tanto più la gente si sente malata. Attenzione! Ciò non significa che per aiutare le persone a sentirsi meglio basta tagliare i fondi destinati alla sanità. Evidentemente, non è questo il punto. Lo strano fenomeno descritto da Sen trova una ragionevole spiegazione nel fatto che nei Paesi ricchi la gente è sempre più preoccupata del proprio stato di salute, ha paura di ammalarsi e, spinta dalla propaganda, cerca inutilmente nella medicina la risposta alle sue ansie.

Si potrebbe obiettare che i meriti della medicina sono documentati dal fatto che la gente vive meglio e più a lungo rispetto al passato (perlomeno fino alla recente pandemia). Ma ciò è vero solo in parte. Diversi studi hanno dimostrato, infatti, che non più del 15-25% della mortalità prevenibile è riconducibile ai servizi sanitari, per il resto la nostra salute non dipende dalla medicina ma dall’ambiente fisico e sociale in cui viviamo e dai nostri stili di vita3. Intendiamoci bene, disporre di servizi sanitari di buona qualità è importantissimo, ma è ampiamente provato che la salute dipende da moltissimi altri fattori che sarebbe bene imparare a conoscere e, per quanto possibile, controllare.

Paura, medicina e affari: una commedia in tre atti

Un tempo la vita era in balia del destino: guerre, carestie, pestilenze, duelli, delitti e soprusi, rendevano il futuro estremamente precario ma la gente accettava l’imprevisto, le disgrazie e la sofferenza con umana rassegnazione. Oggi, invece, l’incertezza è mal tollerata; siamo assillati dall’idea che ci potremmo ammalare e magari morire. Così, se qualcuno in nome della scienza ci illude di poter individuare le malattie di cui potremmo ammalarci per sconfiggerle prima che si manifestino, rinviando all’infinito l’ineluttabile appuntamento con la nostra finitezza, può contare su un terreno particolarmente fertile. A pensarci bene ciò non è molto diverso da quando l’uomo si rivolgeva all’oracolo per conoscere il proprio destino e sottrarsi alle influenze maligne degli dei. Comunque sia, dal bisogno di sicurezza prende le mosse quella che si potrebbe definire una commedia in tre atti. Nel primo atto, facendo leva sulle loro preoccupazioni, si convincono le persone che potrebbero essere malate senza saperlo; nel secondo atto, per fugare ogni dubbio, si propone loro di sottoporsi a qualche test diagnostico (a questo riguardo la tecnologia, come vedremo meglio di seguito, offre un fiorente ventaglio di offerte); infine, ed è la parte più facile e più redditizia, si passa agli approfondimenti diagnostici, alle visite specialistiche, ai trattamenti chirurgici e ai farmaci da assumere per il resto della vita. Un percorso ben orchestrato e molto redditizio, descritto con mirabile maestria nella famosa commedia Il dr. Knock e il trionfo della medicina, scritta da Jules Romains negli anni ‘20 del secolo scorso, ma tuttora di grande attualità.

Sovradiagnosi: eppure sembra vero

Individuare una malattia prima che si manifesti per intervenire quando è più facile da curare, è una splendida idea e nemmeno tanto originale. Tutti possono constatare che le malattie trattate nelle fasi iniziali del loro sviluppo rispondono più facilmente alla terapia. In natura, però, le cose non procedono sempre in modo così lineare perché gli esseri viventi sono sistemi complessi difficili da decifrare. Le medesime malattie, infatti, possono avere uno sviluppo molto diverso. Alcune progrediscono assai lentamente, altre, per nostra fortuna, non evolvono affatto, altre ancora hanno un andamento rapido e incontrollabile. La questione è che tanto più precoce è la loro individuazione tanto minore è la nostra capacità di predirne l’evoluzione e pertanto, una volta scoperte, non ci resta che trattarle tutte allo stesso modo, indipendentemente da quella che potrebbe essere la loro storia naturale.

Ecco perché la diagnosi precoce porta con sé il rischio di curare malattie che non si sarebbero mai manifestate nel corso della vita. Questo fenomeno prende il nome di sovradiagnosi ed è particolarmente temibile, perché da un momento all’altro trasforma persone sane in malati bisognosi di cure e li espone, loro malgrado, agli effetti collaterali dei farmaci e alle complicanze delle terapie a cui saranno inutilmente sottoposti. Oltretutto nessuno potrà mai riconoscere di essere stato trattato invano, perché la diagnosi e tecnicamente corretta e le persone attribuiranno la guarigione alle cure ricevute. Anzi, paradossalmente, tanto più numerosi sono i casi sovra-diagnosticati (quelli cioè che non si sarebbero mai manifestati) tanto maggiore sarà il merito attribuito all’intervento. In questi casi l’esperienza personale e gli aneddoti, non ci aiutano affatto a migliorare anzi, ci portano fuori strada. Per stabilire l’efficacia di un test diagnostico utilizzato con finalità preventive e stimare l’entità della sovradiagnosi bisogna, infatti, eseguire appropriati studi scientifici: non ci sono comode scorciatoie.

Ecco perché le nuove tecnologie diagnostiche cogliendo le malattie in una fase sempre più precoce del loro sviluppo costituiscono una seria minaccia per la salute pubblica. Nella Corea del Sud, per esempio, lo screening ecografico per la ricerca dei tumori della tiroide ha generato una vera e propria epidemia di tumori. Dall’inizio dello screening, l’incidenza del cancro della tiroide è aumentata del 600% e di conseguenza un ingente numero di persone è stato sottoposto alla rimozione (parziale o totale della tiroide) senza però, incidere sulla mortalità specifica, che si è mantenuta costante. In pratica lo screening si comporta come un vero e proprio induttore di tumori4. In Australia, si calcola che il 18 % dei tumori delle donne e il 24% di quelli dei maschi, per un totale di 29.000 tumori all’anno, siano casi di sovradiagnosi. Essi riguardano i tumori della prostata, del seno, del rene, della tiroide e i melanomi5.

Ma i casi di sovradiagnosi non si limitano ai tumori, l’intero ambito della medicina ne è interessato: diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, deficit vitaminici, osteoporosi, malattie mentali e molto altro ancora.

Diagnosi precoce: tanto fumo e poco arrosto

Come ben sappiamo, ogni settore della medicina, non meno che ogni altra attività umana, è fortemente influenzato dagli interessi economici e il campo della cosiddetta medicina preventiva è certamente uno di quelli più allettanti. Basta aprire Google per renderci conto di quanto siano numerosi i mercanti che si rivolgono alle persone in buona salute. Check-up, screening e percorsi di prevenzione personalizzati, esami strumentali, test genetici, analisi del microbioma intestinale, medicina di precisione, bio-sensori indossabili e tecnologie di auto-monitoraggio come l’Apple Watch, sono proposti con inviti allettanti, promesse irrealistiche e sconti speciali ad un pubblico di ignari e voraci consumatori, in costante ascesa. Per di più, alcune imprese, istituti assicurativi e ordini professionali, sia pur mossi da buone intenzioni, offrono pacchetti diagnostici standardizzati come benefit per i lavoratori o per i propri iscritti, con il beneplacito degli stessi sindacati, anch’essi inconsapevoli delle conseguenze associate alla diagnosi precoce.

Non importa se nella maggior parte dei casi non ci sono prove scientifiche della loro utilità, o se addirittura i dati ci sono ma dimostrano di essere dannosi. Il mercato ne approfitta e nessuno se ne avvede perché l’esperienza personale non ci aiuta e i professionisti si adeguano alla cultura prevalente secondo la quale fare di più è sempre meglio. I giornalisti poi esaltano i benefici ma ignorano quasi totalmente gli effetti dannosi correlati ai test diagnostici utilizzati come screening, come dimostrano le oltre mille segnalazioni provenienti da giornali, riviste, blogs, siti web analizzate in uno studio recentemente condotto dall’Università di Sydney. Praticamente tutte le segnalazioni relative alle biopsie liquide per la ricerca dei tumori, all’Apple Watch per individuare la fibrillazione atriale, all’Intelligenza Artificiale per scoprire la demenza e alla mammografia in 3D per identificare il cancro del seno riportavano i benefici dei test, ma solo il 37% faceva menzione ai potenziali danni e la sovradiagnosi (l’effetto più deleterio), veniva citata solo nel 5% dei casi. Inoltre, non si faceva cenno alcuno ai conflitti d’interesse dei ricercatori, che nel caso dell’Apple Watch riguardavano ben 19 dei 22 autori degli studi condotti per dimostrarne l’utilità6.

Qualche consiglio finale

In primo luogo va precisato che quanto sopra riportato si riferisce ai test diagnostici eseguiti in persone in buona salute allo scopo di individuare malattie o fattori di rischio di cui non abbiano alcun sentore e non deve essere esteso ai pazienti sintomatici. In presenza di disturbi è opportuno rivolgersi quanto prima al proprio medico di fiducia, il quale valuterà la situazione e prescriverà i test necessari per formulare la diagnosi e prescrivere la terapia.

Nell’ambito della medicina predittiva, nonostante la vasta offerta, i test diagnostici sicuramente utili non sono molti. Tra questi ricordo, per esempio, la pressione arteriosa, lo screening dei tumori della cervice uterina, del colon-retto e del seno. In ogni caso occorre sempre considerare le caratteristiche della persona a cui vengono proposti, la sua età e la presenza di specifici fattori di rischio. A questo fine ci sono ottime fonti di consultazione, come per esempio, l’US Preventive Services Task Force. Bisogna poi tener conto che le conoscenze sono in continua evoluzione e che in futuro, grazie allo sviluppo della ricerca, potremmo essere in grado di riconoscere con maggiore precisione le alterazioni destinate a progredire clinicamente, stabilendo quindi che cosa valga davvero la pena di ricercare.

Il tema è complesso e va affrontato da punti di vista diversi che riguardano i professionisti, i pazienti, i cittadini, i produttori di tecnologie biomediche e i media, ma più in generale è un problema che richiede un profondo capovolgimento della cultura dominante, basata sulla fiducia incondizionata riposta nella tecnologia, sulla retorica della diagnosi precoce e sul convincimento che fare di più sia sempre meglio.

A questo riguardo medici, giornalisti e istituzioni sanitarie, data la loro rilevante influenza sui pazienti e sull’opinione pubblica, hanno la responsabilità e il dovere in primo luogo di informarsi adeguatamente e poi di aiutare le persone a decidere sulla base di informazioni ben documentate, esposte in modo comprensibile e completo non solo per quanto riguarda i benefici ma anche rispetto ai danni individuali e collettivi associati alla diagnosi precoce, con particolare riferimento ai problemi legati alla sovradiagnosi.

Note bibliografiche

1 Van de Graaf VA, et al; ESCAPE Research Group: Effect of early surgery vs physical therapy on knee function among patients with nonobstructive meniscal tears. JAMA 2018; 320(13) 1328-37.
2 Sen A: Health: perception versus observation. BMJ 2002; 324:860–1.
3 Donkin A et al: Global action on the social determinants of health. BMJ Glob Health 2017;3:e000603.
4 Ahn HS, Kim HJ, Welch HG: Korea's thyroid-cancer "epidemic"--screening and overdiagnosis. N Engl J Med. 2014;371(19):1765-7.
5 Glasxiou P et al: Estimating the magnitude of cancer overdiagnosis in Australia. Med J Aust 2020; 212(4):163-168.
6 O’Keefee M, at al: Global Media Coverage of the Benefits and Harms of Early Detection Tests. JAMA Internal Med, April 5, 2021.