La chiesa di San Saba in Roma è collocata sul colle Aventino Minore, sede, in epoca romana, della IV Coorte dei Vigili nella XII Regio Augustea chiamata Piscina Publica e rappresenta un significativo esempio di architettura romanica medievale.

Le sue origini sono tuttavia molto più antiche, il luogo dove è stata edificata, già in epoca precedente, annoverava un oratorio dedicato a Santa Silvia, madre di papa Gregorio Magno (540 circa-604), dove un gruppo di monaci orientali provenendo dall’omonimo convento di San Saba in Giudea, cacciati dai Persiani prima e dai musulmani poi, si stanziarono.

Gli eremiti della comunità crearono un modesto monastero in stile bizantino, dando al loro cenobio il nome di Cella Nova, in ricordo del larum novum, il monastero di Gerusalemme dedicato a San Saba, abate di Palestina, morto nel 532, e realizzando un tipico cimitero palestinese con due ordini di tombe a forno. Con l’aumentare del prestigio del monastero l’area dei sepolcri si sviluppò e sotto le richieste dei pontefici romani, realizzò una attività diplomatica intensa, divenendo tramite fra Occidente e Oriente.

L’architettura

Il monastero fu abitato nel X secolo da monaci benedettini, i quali edificarono una prima chiesa al di sopra dell’oratorio. La struttura architettonica non ebbe modifiche sostanziali fino al 1145, quando si avviò la ricostruzione romanica e la gestione fu concessa ai monaci di Cluny da papa Lucio II (1144-1145). Sull’antico oratorio, che sviluppava unica navata, si impiantò quindi la nuova fabbrica a pianta basilicale (30x20 m), similarmente alle grandi chiese paleocristiane, con tre navate concluse da abside, ritmate da 24 colonne appartenenti a edifici pagani. La navata centrale sviluppa una larghezza doppia di quelle laterali, ed è illuminata da una serie di otto finestre che si aprono su entrambi i lati.

Alta e stretta, l'abside ebbe quasi certamente originariamente una decorazione musiva, della quale gli affreschi datati 1575 ricalcano l’iconografia. Poco sotto, ma sopra la cattedra, è collocata la ragguardevole Crocifissione tra la Vergine e San Giovanni dipinta nel XIV secolo. Su entrambi i lati della gradinata di accesso al presbiterio una modesta scala raggiunge la cripta semianulare con rivestimento marmoreo e tracce di affresco.

Dall’iniziale edificazione il nuovo tempio fu dotato di un campanile, collocato all’estremità occidentale della navata laterale sinistra, esempio tipico di torre medioevale.

La “quarta navata”

Sul lato sinistro della chiesa esiste inoltre quella che comunemente viene chiamata “quarta navata”, sulle cui pareti sono ancora visibili affreschi; si tratta probabilmente di un originario portico che consentiva la comunicazione tra la chiesa e il monastero.

Le murature della “quarta navata” sono databili all’XI secolo ma le tamponature in cui sono ancora visibili gli affreschi risalgono al XIII secolo e attribuiti ad un pittore vicino a Jacopo Torriti, chiamato dagli storici dell’arte Maestro di San Saba. Questi raffigurano San Nicola di Bari e le tre zitelle, San Gregorio Magno in trono tra due santi, la Vergine col Bambino fra i Santi Saba e Andrea.

La primitiva facciata della chiesa è attualmente occultata fin quasi alla sommità da un corpo di fabbrica con portico, a sua volta sovrastato da un loggiato eretto nel 1463. Nei primi anni del Duecento il portale d’ingresso ebbe una decorazione.

La chiesa annoverava inizialmente la schola cantorum, successivamente demolita e ricostruita al centro della navata maggiore nel 1907, poi nuovamente demolita nel 1943. La parte frontale della schola cantorum, costituita da due grandi lastre ritmate da fasce musive contenenti riquadri di porfido, è attualmente addossata alla parete destra della chiesa, sull'architrave si legge: Magister Bassallectus me fecit qui sit benedictus.

La cattedra episcopale, il ciborio e l'altare maggiore furono ricostruiti agli inizi del Novecento con elementi antichi rinvenuti sul posto e altrove, utilizzando l’antica descrizione di Pompeo Ugonio (1550 circa-1614). La cattedra episcopale conserva integro il disco adorno di motivi cosmateschi a mosaici di smalto.

Nel 1205 viene realizzato il pavimento cosmatesco con cinque grandi dischi di marmi diversi posti al centro, esso fu manomesso e poi reintegrato nel 1907 con l'eliminazione delle lastre tombali.

Il portico attuale è scandito da grossolani pilastri in laterizio del XVIII secolo che sostituiscono le sei colonne originarie, due centrali di porfido con leoni stilofori e quattro laterali in giallo antico. Nel portico sono oggi raccolti reperti archeologici, tra i più interessanti gli arredi scultorei provenienti dall'oratorio altomedioevale.

Le cinque finestre che illuminano il superiore ambiente sono successive e sostituiscono le due monofore e le due bifore originarie, attualmente tamponate.

Nel Quattrocento il monastero fu sotto la guida del cardinale Francesco Piccolomini, al quale spettano l’arco trionfale, la decorazione del tetto a capriate e l’attuale facciata.

Agli inizi del successivo secolo il complesso fu assegnato ai Cistercensi, successivamente ai Canonici Regolari, nel 1573 diventa sede del Collegio Germanico Ungarico retto dalla Compagnia di Gesù. Con la soppressione dell’ordine nel XVIII secolo, i Francescani e in seguito i Salesiani si insediano nell’area. Dai primi del Novecento ad oggi i gesuiti tornano alla guida della comunità divenuta nel frattempo parrocchia, parroco attuale Padre Sergio Cavicchia S.J.

Ulteriori interventi conservativi e di ampliamento furono realizzati sotto Gregorio XIII (1572-1581), Pio VI (1775-1799) e nei primi decenni del XIX secolo, più precisamente tra il 1932 ed il 1943, l’aspetto attuale della basilica si deve essenzialmente a quest’ultimo restauro.

Recentemente è stato realizzato un restauro che ha interessato tutti i manti di copertura in laterizio della chiesa nonché la revisione degli elementi strutturali lignei che compongono la struttura di sostegno della copertura: capriate, puntoni e monaci.

I sotterranei e gli affreschi

I lavori di scavo e recupero dei sotterranei iniziarono nei primi anni del Novecento ma soltanto recentemente si sono conclusi. Si trovano a poco meno di 2 metri al di sotto del piano pavimentale dell’attuale chiesa e sviluppano un’aula rettangolare di 10x13,50 metri. L’ambiente absidato appartiene all’antico oratorio e oggi ci appare in quella che fu la sua seconda fase costruttiva, databile all’VIII secolo, quando il pavimento originario fu rialzato di 65 cm per ricavare un settore cimiteriale coperto con un nuovo pavimento a lastre marmoree.

I numerosi affreschi che decoravano le pareti, allo scopo di una migliore conservazione, sono stati staccati e conservati in sacrestia e in ambienti attigui. I più antichi rappresentano sette teste di santi, quattro dei quali sono riconoscibili: San Pietro d’Alessandria, San Lorenzo, Santo Stefano e San Sebastiano.

Al periodo del subentro dei benedettini nel X secolo sono datati due affreschi raffiguranti un Monaco pittore, rappresentato in tunica e scapolare (veste da lavoro) con gli arnesi del mestiere e accompagnato dall'iscrizione: Martinus monachus magister e un Gruppo di monaci dal cappuccio scuro.

Abbiamo inoltre scene tratte dal Nuovo Testamento come il frammento La guarigione del paralitico, con relativa iscrizione: “Qui il Signore ha salvato il paralitico”, e Pietro salvato dalle acque, con iscrizione: “Qui il Signore sul mare tende la mano a Pietro”.

Sempre in un ambiente attiguo alla sacrestia è musealizzato l’affresco raffigurante la Dormitio Virginis dell’inizio del XIV secolo. Originariamente collocata in una lunetta all'esterno della parete meridionale della basilica è attribuito ad un artista della cerchia di Pietro Cavallini per la vicinanza stilistica con i mosaici di Santa Maria in Trastevere.